Corriere della Sera, 26 febbraio 2022
Nel bunker di Zelensky
Scompare e ricompare. Scende nel bunker e risale in strada. S’inabissa di giorno e riemerge la notte. La resistenza personale di Volodymyr Zelensky non è la tragedia d’un uomo ridicolo, come un po’ tutti lo consideravano. Il presidente ucraino in queste ore di dramma s’affida ai video. Alcuni artigianali girati dal cortile di Palazzo Marinskij, lui che tiene il cellulare a mo’ di selfie e alle spalle il fedele premier Denys Chmygal; altri, dove saluta un soldato e fa il segno della forza; tutti, sempre, per spiegare che no, Zelensky non molla. Gli americani l’avevano già messo su un elicottero destinazione Leopoli, due giorni prima che cominciasse l’invasione, ma niente da fare. Non è scappato: «Siamo tutti qui», a Kiev, «i nostri militari, i nostri concittadini, la società. Siamo tutti qui per difendere la nostra indipendenza, il nostro Stato». Giovedì sera «ci ha impressionati», racconta uno sherpa Ue che ha sentito una sua telefonata dal nascondiglio segreto preparato per tempo, a prova d’intercettazioni e di spioni: «Eravamo in videoconferenza e a un certo punto Zelensky ha detto: “Questa potrebbe essere l’ultima volta che mi vedete vivo…”. E si vedeva che non recitava, in tutta l’angoscia del momento».
Vuole lui: che glielo consegnino, lo tradiscano, lo ammazzino, quel che sia, ma che sia lui, subito. A Vladimir basta lo scalpo di Volodymyr: fate un golpe e cacciatelo, promette Mosca ai generali ucraini, se sperate che Kiev sia risparmiata. E però chi può crederci: un aspirante Zar non mobilita mezz’Armata Russa per avere la testa d’un ex guitto. Un gattone feroce che gioca col topolino: «Sì, certo, è ovvio che Zelensky sia il presidente dell’Ucraina!...», arriva perfino a irriderlo pubblicamente un portavoce del Cremlino, nel momento in cui lo Zar ne chiede la testa.
Dov’è? «Nascosto da qualche parte a Kiev», rivela Mario Draghi, anche per questo irritandolo. E la famiglia? «Con lui», giura un suo collaboratore, anche se nei giorni passati s’era parlato d’un trasferimento veloce all’estero. Braccato, prim’attore in una parte decisamente sproporzionata alle sue forze, Zelensky ha cambiato costume in questa crisi. Da attor comico che recitava nei panni d’un finto presidente a presidente un po’ per caso che adesso impersona un presidente vero. Chi lo odia, ora che c’è da combattere e tener duro, non ha più tempo per malignare sui suoi consensi in calo e su questi tempi da trincea e filo spinato che l’avevano fatto risalire nei sondaggi. Zelensky resiste per davvero, raccontano. S’è tolto la cravatta delle ore diplomatiche e infilato la maglietta mimetica dell’ora più buia. «Ci hanno lasciato soli», accusa la Nato, e il tono è solo l’eco di tempi lontani, quando faceva ridere in tv recitando il copione d’un buffo presidente. Oggi è un Allende prima di morire, rinchiuso alla Moneda e con l’elmetto in testa, che evoca l’assedio nazista del 1941. Non s’è mai sentito un presidente di guerra: lui ce l’aveva con la corruzione, con la casta, aveva inventato nei suoi sketch il Signor Presidente Vasiliy Goloborodko e fondato un partito, Servitore del popolo, che era pure il titolo del suo cabaret.
Ha imparato presto la nuova parte. E capito che non bastava andare al Cremlino o sorridere a Putin, per lasciarlo sulla porta. Zelensky ormai vede che i suoi eroi non sono tanto giovani e per niente forti, e non gli resta che la retorica: i tredici marinai dell’Isola di Zmiinyi s’immolano davanti alla flotta nemica che intima la resa, all’urlo «fòttiti, nave da guerra russa!», e lui con tono solenne concede ai tredici il titolo d’Eroi dell’Ucraina. «Onestamente, tutti hanno paura» di Putin, è la sua amarezza per le promesse non mantenute dagli amici occidentali, che tanto lo spingevano a recitare da antirusso. Non se ne fa molto del Colosseo ucrainizzato coi fari gialloblù o di Boris Johnson che, in solidarietà con l’aggredito, fa sventolare la bandiera ucraina sul pennone d’onore di Downing Street. Ce l’ha un filo anche con Erdogan: solo un mese fa, la Turchia forse gli aveva garantito che avrebbe bloccato le navi russe nel Mar Nero, e invece no, non se ne fa più nulla, che delusione. Meglio chi protesta in piazza in Russia, e con coraggio, contro l’aggressione di Putin. O quei due giocatori di basket dell’Nba, confida, che si sono schierati per la Patria. E Sean Penn, ricevuto poco prima della tempesta ed elogiato. Zelensky non si fida più molto degli altri governanti, e allora s’appella ai loro governati, rispolverando il cerone del populista: «Se avete qualche esperienza di combattimento e non volete più assistere all’indecisione dei vostri politici – proclama —, potete venire nel nostro Paese per difendere l’Europa!». A difendere anche lui, se non è tardi: «Ne siamo certi – dice il suo consigliere Mykhailo Podolyak —, Vladimir ha dato l’ordine d’uccidere Volodymyr».