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 2022  febbraio 26 Sabato calendario

Che cos’è questa questione dello Swift

Il via libera è arrivato nella notte tra giovedì e venerdì dopo un’intensa discussione tra i leader al Consiglio europeo: Sergej Lavrov e Vladimir Putin sono stati inseriti nella lista delle personalità colpite dalle sanzioni Ue. Una mossa che rappresenta una chiusura «quasi definitiva» dei canali diplomatici con il ministro degli Esteri e il presidente della federazione russa. Il “quasi” è legato al fatto che l’Ue ha lasciato aperto uno spiraglio: ha congelato i loro beni in territorio europeo, ma non ha imposto il divieto di viaggio. Questo perché evidentemente c’è ancora l’illusione del dialogo. La misura – adottata anche dagli Stati Uniti – ha un elevato significato simbolico-diplomatico, ma con ogni probabilità non avrà effetti pratici: l’Alto rappresentante Josep Borrell ha ammesso di non sapere se e quali beni i due posseggano in Europa.
Il secondo pacchetto di sanzioni, approvato ieri in via definitiva, con questi nuovi elementi fa dunque un notevole salto di qualità. Ma ne restano fuori alcuni cruciali. E potrebbero rientrare in un terzo pacchetto che è già in discussione. L’Europa è infatti alle prese con il dilemma Swift, il sistema per i pagamenti internazionali dal quale la Russia potrebbe essere esclusa. Il ministro francese delle Finanze Bruno Le Maire – utilizzando una metafora forse fuori luogo, visto il momento – ha definito questo strumento «l’arma nucleare» della finanza. Perché isolerebbe e devasterebbe l’economia russa, ma avrebbe l’effetto collaterale di fare molto male anche a quelle dei Paesi che rischierebbero di dover interrompere di colpo tutti gli affari con Mosca.
Le Maire ha riconosciuto che proprio per questo «ci sono resistenze» da parte di alcuni Paesi, ma si è subito affrettato a sottolineare che la Francia non è tra di loro. Perché «la difesa dei valori ha un prezzo che siamo disposti a pagare». Parigi ha dunque preso una posizione piuttosto netta, come conferma l’intervento di Stéphane Séjourné, il capogruppo dei liberali all’Europarlamento, molto vicino a Emmanuel Macron: «Difendere i nostri valori democratici ha un prezzo. Gli ucraini lo pagheranno in vite umani, noi soltanto in euro. Escludiamo la Russia da Swift».
Ieri la proposta è stata oggetto di un doppio confronto. A Bruxelles ne hanno parlato i ministri degli Esteri, a Parigi quelli delle Finanze. «Non è stato incluso nel pacchetto delle sanzioni perché non c’è ancora l’unanimità – ha ammesso Borrell –, ma è sul tavolo e potrà essere adottato successivamente». L’Ecofin ha dato mandato alla Commissione e alla Bce di calcolarne i costi e soprattutto di esplorare le vie alternative per consentire le transazione finanziarie ed evitare uno stop totale dell’interscambio con Mosca.
Regno Unito e Usa premono. La Polonia e i baltici sono ovviamente d’accordo, ma tra i Paesi più grandi si sono espressi a favore anche la Spagna e l’Olanda. E con il passare delle ore nel ristretto fronte dei contrari iniziano a vedersi alcuni movimenti. Oltre all’Ungheria di Viktor Orban, i governi più scettici sono quelli di Germania e Italia. Da Berlino sono arrivate alcune timide aperture con il ministro delle Finanze Christian Lindner, anche se la ministra degli Esteri Annalena Baerbock ha messo in luce tutti i rischi, dicendo che su Swift «bisogna valutare con attenzione gli effetti». In Iran, ha ricordato, «ha impedito di finanziare le operazioni umanitarie». Ma ci sono altre controindicazioni: «Per esempio un nipote che vive in Europa non potrebbe trasferire i soldi alla nonna». I due ministri italiani hanno espresso le rispettive posizioni con notevoli sfumature: Luigi Di Maio ha assicurato che da parte italiana «non c’è alcun veto su Swift», mentre quasi contemporaneamente da Parigi il suo collega Daniele Franco avvertiva che così facendo l’Italia non sarebbe più in grado di pagare il gas alla Russia e dunque rischierebbe lo stop delle forniture.
Le reticenze italiane stanno suscitando un po’ di malumori in alcune capitali, soprattutto del Nord Europa. Tanto che ieri negli ambienti diplomatici di Bruxelles sono iniziate a circolare voci sul fatto che Roma si sia impuntata per escludere l’export di beni di lusso dalla lista delle sanzioni. Secondo fonti italiane non c’è stata una vera e propria discussione su questo punto nei gruppi di lavoro, tanto che il settore del lusso non farebbe parte delle opzioni attualmente sul tavolo.