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 2022  febbraio 25 Venerdì calendario

DAGOREPORT: LA GUERRA CHE ARRIVERÀ (QUELLA VERA) – BASTA CON LE PIPPE RETORICHE: A NESSUNO, IN OCCIDENTE, FREGA DAVVERO NULLA DELL’UCRAINA. LE SANZIONI SONO STATE DEBOLI; EMBLEMATICA LA SPACCATURA SULLO SWIFT (L'UNICA "ARMA" CHE PUO' FAR MALE A PUTIN). NEL MOMENTO IN CUI BISOGNAVA ALZARE IL TIRO, OGNUNO HA PENSATO AI CAZZI SUOI. QUESTO PERCHÉ TUTTI SANNO CHE È NEL MAR CINESE CHE SI GIOCA LA PARTITA PIÙ IMPORTANTE. I CACCIA MILITARI CINESI NEI CIELI DI TAIPEI SONO STATI UN SEGNALE MOLTO CHIARO. TAIWAN È L’ULTIMO SCOGLIO. È LÌ, DOVE GIACCIONO CIRCA 11 MILIARDI DI BARILI DI PETROLIO, OLTRE 50 TRILIONI M³ DI GAS NATURALE E DOVE TRANSITA IL 30% DEL COMMERCIO MARITTIMO MONDIALE, CHE POTRÀ CONSUMARSI LA VERA GUERRA: RUSSIA-CINA CONTRO IL RESTO DEL MONDO…

Provate a immaginarvi Zelensky, asserragliato in qualche rifugio sotterraneo a Kiev per sfuggire all’avanzata russa, entrare nel suo profilo Twitter per lamentarsi pubblicamente – e ironicamente – dell’agenda del presidente del consiglio italiano Mario Draghi. Un po’ fuori le righe, se vogliamo.

L’episodio tuttavia nasconde una realtà che finora nessuno ha avuto il coraggio di vedere e che Zelensky stesso sta iniziando a riconoscere in queste ore. A nessuno, in Occidente, frega davvero nulla dell’Ucraina. Putin ha invaso sapendo che gli Usa non avrebbero mai risposto.

Questa estate Biden ha dovuto assecondare le richieste degli americani sul ripiego immediato delle truppe dall’Afghanistan, pressioni così dure da orchestrare una ritirata goffa e imbarazzante, che ha poi lasciato – com’era prevedibile – un Paese conteso da decenni in mano ai talebani.

Figuriamoci se Banana Joe oggi ha la forza (elettorale) per portare gli scarponi dei suoi marines sul territorio ucraino con le prossime elezioni midterm date già in bilico da gran parte dei bookmakers. La sua popolarità, già inesistente, cadrebbe a picco. E con lui tutto il Democratic Party.

Putin ha quindi preso tutti in contropiede, in fondo i regimi hanno logiche consensuali opposte a quelle delle democrazie. Si diceva “guerra di parole”, invece Vladimir ha dimostrato a tutti che i vecchi carrarmati e i missili funzionano eccome, anzi sono molto più scenici e di impatto rispetto ai droni che usava Obama nello Yemen.

Non solo: ha dimostrato che la Nato non esiste più da molti, moltissimi anni; e che l’Onu è una carovana di falsità con un Consiglio di Sicurezza settato ancora sul secondo Dopoguerra (ironia della sorte, riunitosi in questi giorni il Consiglio era presieduto, a turno, proprio dai russi).

Peraltro, con i cinesi su Taiwan, per primo ha compreso che nessuno avrebbe mai avuto il coraggio, né la voglia, né il tempo di fermarlo. E l’avanzata si è compiuta senza troppi intoppi, fino alla proposta degli ultimi minuti di trattare su una Ucraina “neutrale”.

Chi credeva che non ce l’avrebbe fatta ha ignorato che Putin era ed è il solo ad avere le idee chiare, sapeva quello che voleva e dove voleva andare, a differenza degli europei, che per l’ennesima volta si sono invece, davanti ai fatti, mostrati divisi e frammentati.

Le sanzioni sono state deboli, ma soprattutto la spaccatura sullo Swift è stata emblematica. Nel momento in cui bisognava alzare il tiro, come sempre, ognuno ha pensato ai cazzi suoi. Anche MarioPio: in mattinata non aveva avuto il tempo di rispondere a Zelensky e ha rimandato. Questo perché tutti sanno che è nel Mar Cinese che si gioca la partita più importante.

Per Washington, l’Ucraina è solo un fastidioso effetto collaterale di una possibile intesa tra Mosca e Pechino che, in questo modo, colpirebbe sì duramente gli interessi, ma anche l’immagine, degli Stati Uniti in tutto il mondo. I caccia militari cinesi nei cieli di Taipei sono stati un segnale molto chiaro.

Non è un caso che a gennaio il dipartimento di Stato Usa abbia pubblicato un report per esplicitare l’illegalità delle rivendicazioni di Pechino nel Mar Cinese Meridionale. Taiwan è l’ultimo scoglio. È lì, dove giacciono circa 11 miliardi di barili di petrolio, oltre 50 trilioni m³ di gas naturale e dove transita il 30% del commercio marittimo mondiale, che potrà consumarsi la vera guerra.

In Ucraina, con ogni probabilità, assisteremo invece a un ritorno al tavolo dei negoziati molto presto. Con una sola, grande differenza rispetto a un mese fa: che Putin ci si siederà – ahinoi - da vincitore, con Kiev nel taschino della giacca.