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 2022  febbraio 25 Venerdì calendario

Cesare Cremonini ricorda il padre

Quattordici minuti, una vita. Con un set praticamente perfetto, Cesare Cremonini a Sanremo ha impiegato tanto per riprendersi il pubblico che, dopo singoli minori come Giovane stupida e Ciao, sembrava avergli voltato le spalle lasciando languire prevendite della rentrée negli stadi, fissata inizialmente per giugno del 2020, rimandata causa pandemia al 2021 e poi all’estate prossima con la spinta (finalmente) del nuovo album La ragazza del futuro, in uscita oggi. All’Ariston l’attesa del ritorno e la forza di un gran repertorio hanno restituito al ragazzo con le ali sotto ai piedi l’allure d’incantatore di folle, consentendogli di incollare davanti al teleschermo 14 milioni e 300 mila spettatori e di bruciare in una settimana oltre 50 mila biglietti del tour che il 28 giugno sarà all’Olimpico di Roma. E ora ci pensa La ragazza del futuro, uno dei prodotti più variegati della sua discografia, ad aprire un nuovo capitolo. «È un disco senza featuring ma con una sola voce», spiega. «Una sfida, soprattutto per chi, come me, porta avanti la tradizione musicale di una città come Bologna, col suo sguardo intimo sulla realtà».
Cosa cercava?
«Durante la pandemia, mentre mi interrogavo sul momento storico che stavamo vivendo, la ragazza del futuro è venuta a salvarmi. Tendendomi la mano. Con quella canzone ho trovato il centro di gravità dell’album, poi è stato facile incastrare le canzoni una sull’altra come nello schema di un grande cruciverba».
Nel disco ci sono dieci canzoni e quattordici tracce.
«Per togliergli l’effetto-playlist e legare tutto assieme ho scritto un’introduzione e tre interludi. Ci sono gli archi registrati negli studi di Abbey Road, perché se vuoi quel tipo di suono solo lì puoi andare a registrarlo, diretti da Davide Rossi (Coldplay, Goldfrapp, Alicia Keys ed altri – ndr) che sarà pure in tour con noi».
Un brano, MoonWalk, racconta di suo padre Giovanni.
«Raccontare gli ultimi mesi di vita di un genitore non è facile. Papà non solo mi ha insegnato tanto, spalancandomi una libreria di ricordi straordinaria, mi ha fatto capire l’importanza del darsi agli altri. Quando da piccolo gli chiedevo chi fosse, rispondeva: una persona molto impegnata in quel che fa. Bello, no?». 
Chiamala felicità, oltre a chiudere 49 minuti di ascolto, è uno dei pezzi decisivi del disco.
«Finisce con la frase Sai la paura di morire / è una mosca nel caffè / sempre ad un passo dalla fine / ma raccontami di te, vale a dire: sono felice quando comunico, quando scambio emozioni con gli altri. Come tutti ho imprigionato la mia gioia per resistere in un momento di grande difficoltà». 
L’album è legato a Io vorrei, un progetto di arte di strada.
«Volevo espandere l’idea della ragazza del futuro in quella direzione, così una mattina ho scritto su Instagram a uno specialista del genere, Giulio Rosk, spiegandogli che ero alla ricerca di una collocazione fisica della visione che sta dietro a La ragazza del futuro. Abbiamo pensato di unire i linguaggi seguendo con dei murales femminili un percorso di valorizzazione urbana. Siamo partiti con queste opere da Palermo per spostarci a Ostia Lido e Napoli, con l’intenzione di salire poi verso il Nord». 
Questo è il primo album senza il manager e produttore Walter Mameli.
«Una volta chiesero a Battisti il perché dell’addio a Mogol e lui dette una risposta che m’è rimasta dentro: liberaci di ogni bisogno d’aiuto. In una parola, di imparare a cavarcela da soli».
Già, ma perché nella storia delle sue canzoni raccontata nel volume Let them talk non lo cita neppure una volta? 
«Credo fosse riduttivo far entrare un’esperienza fruttuosa e importante come quella che ho vissuto con Walter, oltre venticinque anni di lavoro assieme, in un libro di 228 pagine dedicato in buona parte a una riflessione, chiamiamola filosofica, sulle canzoni e la vita personale più intima. Credo sia giusto raccontare questo rapporto e la sua fine in una narrazione un pochino più biografica».
Sanremo cosa le ha lasciato?
«Un ricordo al di là delle aspettative.
Lo rifarebbe?
«L’esperienza è stata così bella che magari in futuro, chissà».