Corriere della Sera, 25 febbraio 2022
Intervista ad Anna Applebaum
Anne Applebaum risponde all’alba dalla nuova casa di Washington DC, la città dov’è nata. Ha vissuto a lungo a Londra e in Polonia, dove ha conosciuto il marito Radek Sikorski, già ministro della Difesa e degli Esteri, ora europarlamentare. Anne è tra i più informati e ascoltati commentatori su questioni russe e sovietiche, conosce a fondo l’Europa orientale, in particolare l’Ucraina. Oggi è staff writer a The Atlantic, fellow dell’Agora Institute alla Johns Hopkins University e autrice di «Il tramonto della democrazia. Il fallimento della politica e il fascino dell’autoritarismo». Nel 2004 ha vinto il premio Pulitzer con «Gulag. Storia dei campi di concentramento sovietici» («Gulag: A History»). Ci siamo conosciuti a Varsavia nel 1989. Da allora ci siamo incontrati in molte parti del mondo: a Londra, a Mosca, in Polonia, negli Usa, in Italia. «I miei appuntamenti iniziano fra un paio d’ore», dice al telefono.«Quindi, eccomi. A disposizione del Corriere».
Avevi ragione su Vladimir Putin. Molti di noi, leggendoti e ascoltandoti, hanno pensato che tu fossi troppo pessimista.
«Perché avete giudicato Vladimir Putin usando i nostri criteri. Errore. Lui non funziona come noi».
L’Ucraina è grande due volte l’Italia e ha quasi gli abitanti della Spagna. Se anche Putin la occupasse militarmente, come potrebbe sottometterla e controllarla?
«Con una combinazione di estrema violenza e calcolo. È troppo presto per capire lo scenario. È tutto possibile, anche che Putin metta Kiev sotto assedio e dica: se non mi lasciate metà dell’Ucraina, distruggo la città. Ma anche metà Ucraina sarebbe difficile da controllare, certo. Non dimentichiamo però che stiamo parlando di una persona che potrebbe aver ucciso un milione di persone in Cecenia e decine di migliaia in Siria, dove le forze russe bombardavano gli ospedali. Il timore è che Putin usi così tanta brutalità da cancellare ogni resistenza, come ha fatto Stalin negli anni 30. Ma lui non conosce quasi l’Ucraina, non frequenta ucraini, forse pensa che non combatteranno. Potrebbe scoprire di aver torto».
Perché l’Ucraina è diventata l’ossessione di Putin?
«L’Ucraina è una democrazia, e questo per lui è un pericolo. Putin è spaventato all’idea che a Mosca possa ripetersi quello che è accaduto a Kiev nel 2014. Lo considera una minaccia personale».
Poi c’è la sua lettura storica: inquietante.
«L’idea che l’Ucraina non sia una vera nazione, che sia stata inventata da Lenin, è veramente strana. Mai sentito niente del genere».
Putin oggi è una persona mentalmente stabile?
«Ho sempre pensato che Putin fosse razionale, a suo modo. Non ha mai preso grossi rischi, in fondo. Era brutale, magari, ma non si è mai buttato in sfide che non potesse vincere. Oggi è diverso. L’invasione sembra un azzardo. E le tre uscite pubbliche questa settimana erano davvero folli».
Cosa gli è successo?
«Non lo so. Sembra ossessionato e pieno di odio. Sembra entrato in una fase nuova. Non so di cosa abbia paura, se della morte o di perdere il potere. Di certo è vissuto isolato per due anni, a causa della pandemia. Chi lo incontrava doveva restare in quarantena per due settimane. Mi chiedo cos’abbia fatto, cos’abbia letto e guardato, per tutto quel tempo, da solo. Oggi sembra un uomo malato, disturbato».
E le persone che, grazie a lui, hanno accumulato ricchezze e privilegi? Vivranno nel panico, in questi giorni.
«Potrebbero pensare di farla franca ancora una volta. Quando abbiamo imposto sanzioni, sono riusciti ad aggirarle. Hanno trasferito denaro e proprietà a mogli e prestanomi, ottenuto passaporti di altri Paesi. Ma hai ragione, questo è l’altro mistero: l’élite russa, le 500 persone che controllano quasi tutto, approva questa guerra? Difficile da credere. Per gli oligarchi, però, il tempo dei mega-yacht, dei grandi alberghi e delle ville a Cap Ferrat potrebbe essere finito».
Pensi che i putiniani – lì in America e qui in Europa – continueranno a sostenere Putin?
«Alcune formazioni hanno legami finanziari con la Russia, o amici che fanno affari là. Ma ci sono anche persone – in politica, nei media – che ammirano genuinamente Putin. Ammirano il fatto che distrugga le regole. Che non rispetti la democrazia, i tribunali, i media. Che sia un autocrate. Continueranno ad ammirarlo? Dipende dalla reazione dell’opinione pubblica».
Qual è stato l’errore più grande dell’Occidente democratico?
«Non capire che tipo sia Putin. Abbiamo creduto di esserci lasciati alle spalle il XX secolo. Abbiamo pensato che non esistessero più, almeno in Europa, leader capaci di ricorrere alla brutalità di massa per raggiungere i loro scopi. Abbiamo pensato che il nostro mondo basato sulle regole fosse reale, rispettato, compreso da tutti. Ci siamo illusi che Putin pensasse come noi. Ma lui non pensa come noi, lui non è come noi. Diversi leader politici in buona fede – non corrotti da lui, intendo – hanno pensato che Putin rientrasse nel nostro compasso morale. Non è così. Non è mai stato così».
Cosa dovrebbe fare adesso l’Occidente, secondo te?
«Ripensare la strategia verso la Russia. Completamente. Non possiamo limitarci a reagire a ciò che fa Putin, come negli ultimi dieci anni. Dobbiamo agire. Trovare il modo di parlare ai russi. Lavorare sui media russi. Sostenere l’opposizione in Russia. Dobbiamo capire chi, tra gli oligarchi e nel cerchio intorno a Putin, è insoddisfatto o spaventato».
Dal punto di vista militare?
«La Nato deve ripensare tutto: basi, posizioni, esercitazioni. Perché potrebbe toccare alla Polonia e alla Germania».
Non stai esagerando?
«Non dico queste cose a cuore leggero, né volentieri. Ricordo una frase del ministro degli esteri russo Lavrov alla conferenza di Monaco di Baviera sulla sicurezza, sette o otto anni fa: “Voi sapete, vero, che la riunificazione della Germania è illegale?”. I tedeschi presenti si fecero delle grasse risate. Ma Putin ha vissuto a lungo a Berlino. I russi quella città l’hanno già avuta una volta, perché non dovrebbero provare a riaverla? Certo, le forze armate ucraine potrebbero fermare l’invasione, e tutto cambierebbe. Ma le ambizioni di Putin sono enormi. Non dimentichiamolo mai».