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 2022  febbraio 24 Giovedì calendario

Breve storia dell’Ucraina

«L’Ucraina fu inventata da Lenin, ed esiste una sola nazione russa», esagera Putin. Ed è come dire che l’Italia fu inventata da Cavour. L’origine della Russia è nell’antica Rus nata a Kiev, il primo nucleo di una nazione, che tra il decimo e l’undicesimo secolo divenne il più vasto stato d’Europa. L’Ucraina è stata di volta in volta occupata dalla Polonia, dalla Lituania, dall’impero ottomano. Putin cerca nel passato le ragioni di oggi. Ricorda che nel 1653 una parte dei territori dell’odierna Ucraina si unirono allo stato russo, ma non avrebbero mai avuto una loro identità precisa. Era solo la «patria dei cosacchi». Ma nel diciottesimo secolo gli ucraini avevano un livello culturale superiore a quello dei russi, e la loro cultura passava nella Grande Russia. Il contrario di quanto vuol credere Putin. E nell’Ottocento l’Ucraina era divisa tra la Russia dello zar e l’impero di Austria e Ungheria.
All’inizio della Grande Guerra, l’esercito russo ricacciò indietro gli austriaci, che non sono mai stati buoni soldati. La Germania si preoccupò di essere aggirata a Sud, e inviò le sue divisioni, prese il comando e i russi furono ricacciati indietro. In queste avanzate e ritirate, ogni esercitò compì atrocità sui civili. Queste, certo, sono storie di ieri, ma gli ucraini filorussi o filoccidentali non hanno dimenticato. È una storia anche nostra. In Galizia, a Przemysl, oggi in Polonia, combatterono 30 mila giovani trentini con la divisa austriaca. Caddero in migliaia, e circa diecimila furono fatti prigionieri, liberati nel 1924, sbarcarono a Bari e Mussolini li mise in galera sospettando che si fossero convertiti al marxismo.
Perché Putin cita Lenin, che ne sarebbe stato «il creatore e l’architetto»? Gli ucraini avrebbero trovato una loro identità solo nella Russia comunista. Dopo la Grande Guerra, negli anni della rivoluzione, cercarono di fondare uno stato moderno e fallirono. E grazie a Lenin nel 1922 la repubblica socialista ucraina entrò nella costellazione delle repubbliche sovietiche. E Lenin avrebbe «regalato», sempre secondo Putin, all’Ucraina regioni che non le appartenevano.
Gli italiani tornarono a combattere in Ucraina nell’ultima guerra, a fianco dei nazisti, e accanto a una divisione di SS ucraine, che preferirono Hitler ai sovietici. La Division Galizien aveva 12 mila uomini nel dicembre ’43, e 22 mila un anno dopo. I pochi superstiti e le vedove continuano a ricevere una pensione dalla Germania perché hanno indossato una divisa tedesca, sia pure con la croce uncinata. E l’Ucraina aveva un’anima ebraica. A Leopoli i nazisti sterminarono gli ebrei, circa 130 mila. E la città (oggi 715 mila abitanti), dove Biden ha spostato per sicurezza la sua ambasciata, ha continuato a cambiare nome, Lemberg per i tedeschi, Lwow per i polacchi, Lvov per i russi, Lembarck in yiddish. Joseph Roth nacque a Brody, a 90 chilometri da Leopoli. Gregor von Rezzori, che visse a lungo in Italia, scrisse Un ermellino a Cernopol. Era la sua nativa Czernowitz, in Bucovina, che per le sue 78 sinagoghe era chiamata la Gerusalemme dei Carpazi.
L’Ucraina è un paese dai confini geografici vaghi, abitato da popoli diversi, che parlano lingue che sfumano l’una nell’altra. Il russo e l’ucraino sono quasi simili, più di quanto lo siano italiano e spagnolo. L’Ucraina non appartiene all’Oriente o all’Occidente, volerla trascinare da una parte o dall’altra significa cancellare la sua identità, che è precisa e insieme indefinibile. Una contraddizione apparente, ma la nostra Europa è un caos di contraddizioni. Siamo diversi eppure simili.
Henry Kissinger nacque quasi un secolo fa (1923) a Fürth in Baviera, a 1.100 chilometri da Leopoli, attraverso la repubblica ceca e la Polonia. Nel 2014 cercò invano di consigliare Obama: «L’Ucraina non appartiene a nessuno, deve rimanere neutrale per garantire la pace in Europa». Non fu ascoltato. L’ex ministro di Nixon, Kissinger, appunto, ripete di essere americano ed ebreo, ma segue da lontano la squadra di Fürth, per cui faceva il tifo da bambino. I ricordi non si cancellano, anche se cambiano i nomi dei luoghi e le bandiere.