Corriere della Sera, 23 febbraio 2022
De Crescenzo secondo Laurito e Arbore
«Ci siamo voluti tanto bene», come a dire «C’eravamo tanto amati». Un libro di ricordi, curiosità, aneddoti, che ripercorre una profonda amicizia tra Marisa Laurito, Luciano De Crescenzo e Renzo Arbore, appena pubblicato da Mondadori. Purtroppo, nella scrittura del libro, manca all’appello proprio De Crescenzo, scomparso a 91 anni il 18 luglio 2019, pur essendone il protagonista assoluto. Nel memoir si inserisce invece la testimonianza di Domenico De Masi, che con il celebre trio ha una lunga storia di condivisione e affettuosa amicizia.
«Da quando Luciano non c’è più, a Renzo e a me è venuta la voglia di dedicargli una nostra testimonianza d’affetto – esordisce Marisa – Mimmo De Masi apre il libro con un’analisi dal punto di vista sociologico del poliedrico personaggio De Crescenzo». Interviene Renzo: «Abbiamo voluto fare un piccolo omaggio ad una amicizia straordinaria, che mi manca moltissimo. Un rapporto, tra Luciano e me, nato tanti anni fa in un’estate particolarmente gradevole trascorsa a Capri, poi consolidata, diventata fraterna e di intensa collaborazione quando scrivevamo in tandem le sceneggiature di film come “Il pap’occhio” e poi “FF.SS, cioè... che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?”. In quegli anni, praticamente convivevamo: io andavo a casa sua la mattina e, tra scrittura, battute, scherzi, pranzi, cene, frequentazione di ragazze e molto altro, consolidammo la nostra complicità umana e creativa».
Il libro
«Da quando non c’è più
ci è venuta voglia
di dedicargli
una prova d’affetto»
Anche Marisa iniziò il suo legame con Luciano sul set: «Avevo superato il provino per entrare nel cast de “La mazzetta” con la regia di Sergio Corbucci, dove Luciano era sceneggiatore. La prima volta che lo incontrai fu a casa di Nino Manfredi, protagonista del film insieme a Ugo Tognazzi: era voltato di spalle davanti a un’ampia vetrata, ma quando si girò il suo sguardo si incrociò col mio, non lo dimenticherò mai. E non so come ho fatto a non innamorarmi di lui». Un ingegnere, con una carriera molto avviata, che decide di cambiare mestiere. «Non era più un ragazzo – conferma Renzo —, eppure cambiò radicalmente rotta: diventò scrittore di successo, sceneggiatore, poi attore, regista... Luciano, nella sua serietà professionale, rimaneva un ingegnere, poi era un intellettuale finissimo, con il vezzo di voler essere leggibile, popolare, voleva far capire la sua filosofia al “colto e all’inclita”. Un successo straordinario i suoi libri, che non è andato giù a certi colleghi letterati, rendendolo inviso anche a certi critici». Aggiunge Marisa: «Lui stesso ammetteva di esser stato molto fortunato, la sua autobiografia si intitolava proprio “Sono stato fortunato”. Intorno ai cinquant’anni, un vero salto nel buio il suo. Di sicuro il suo Dna era diventato Dan, ovvero, doni avuti nascendo».
Un difetto di Luciano?
Diciamo che era parsimo-nioso...
Quando
si arrab-biava
ci faceva morire
dalle risate
Un napoletano doc, De Crescenzo, sodale di un foggiano, Arbore: «Ma Luciano ed io eravamo fuori ordinanza in tutti i sensi, a cominciare dal vivere e descrivere Napoli senza stereotipi». E fuori dagli stereotipi era pure «Il pap’occhio», dove De Crescenzo impersonava Dio, tanto che venne sequestrato per vilipendio alla religione. «Ma il sequestro noi l’abbiamo preso in maniera divertente – ribatte Renzo —. Andammo a dire al giudice quello che avremmo potuto inserire nel film, se avessimo voluto essere realmente pesanti, offensivi con la religione. Lo convincemmo e, dopo un po’, venne dissequestrato».
Non solo vilipendio: il trio Laurito-De Crescenzo-Arbore, fu accusato pure di blasfemia. «Era Natale – racconta Marisa – volevamo fare gli auguri al nostro pubblico in una maniera non scontata e su un quotidiano pubblicammo una nostra foto dove Renzo era truccato da Gesù, Luciano da San Giuseppe, io da Madonna». Un difetto dell’amico scomparso? Renzo: «Diciamo che era parsimonioso. E poi era un tombeur de femmes, ma questo non è un difetto». Marisa: «Non aveva molta pazienza, da noi si dice: s’appicciava subito. Ma era un difetto comico, quando si arrabbiava, ci faceva morire dalle risate. Quanto alle donne, a volte ho discusso con lui, ero seccata, perché le cambiava troppo spesso». E se poteste dirgli ancora qualcosa? Conclude Marisa: «Vorrei ripetergli ti voglio bene, e lui mi rispondeva: io a te di più». E Renzo: «Lucia’, c’avevi ragione tu... e chi vuole intendere intenda».