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 2022  febbraio 23 Mercoledì calendario

Attraversare l’Artico in slitta

«Adi ci ha letteralmente tirato fuori dai casini, è stato incredibile. Dopo un’intera notte passata all’aperto dentro al sacco d’emergenza, sommersi dalla neve, con venti che soffiavano oltre i cento km all’ora e la temperatura che sfiorava i meno 25 gradi, era urgente muoversi, cercare di tornare alla tenda nel campo base. Eravamo persi nella nebbia, c’erano due metri di visibilità, non vedevo neppure i cani di testa ed era impossibile dare i comandi. A quel punto ho quindi guardato Adi nei suoi occhi di ghiaccio e gli ho detto: «Decidi tu dove andare, basta che mi porti giù. Il suo istinto ci ha accompagnato a casa». Adi, il cane pensante. E insieme a lui Taien, esuberante ed energica, Dolly, seria ed affidabile, Tulku, amabile, coccoloso e giocherellone. E poi Indi e Ciuki, i veterani del gruppo: fedele e insostituibile il primo, folle e allegro il secondo. Ecco la muta, anzi la famiglia – ribattezzata «Jaranga Siberian Husky Team» – con cui Francesco Raimondi, in arte Fra Indi, ha affrontato in solitaria e in autosufficienza il Circolo polare artico. «È stata unica, fantastica, indescrivibile: un’esperienza rivelatrice. La conferma che quando hai a che fare con l’ambiente nella sua essenza, non esiste programmazione, non esiste organizzazione, esiste solo la capacità di adattarsi: è la natura che scandisce i tempi».
La voce è ancora tremante per il freddo e lo sforzo, ma l’entusiasmo è dilagante e contagioso, mentre sullo sfondo si sente l’abbaiare liberatorio dei suo compagni di avventura: Fra Indi, 33 anni, esploratore e filosofo, è un musher non attratto dalle competizioni e che nemmeno ambisce a spostare l’asticella dei limiti di sopravvivenza: quello che cerca è la coerenza con le proprie idee di convivenza con il pianeta. «Anche perché – aggiunge – se non hai una linea di coerenza i cani non ti seguono, se vuoi la loro fedeltà devi essere prima di tutto fedele ai tuoi principi e alla tua condotta».
Il rapporto con gli animali, le piste non tracciate, il contatto con ambienti ostili che ti costringono a mettere da parte abitudini e consuetudini: un’idea di ecologia radicale e vitale, per contrastare l’emergenza ambientale ed ecologica. «Dove finisce la civiltà, comincia la libertà – dice Fra Indi – la mia non è solo una provocazione, ma una stile di vita: non credo nelle politiche green, non credo nel progresso sostenibile, per dimostrarlo mi libero di tutti gli orpelli non necessari e mi immergo nella natura, stando alle sue regole».
Nasce così «The Way», un progetto studiato e preparato da mesi: un viaggio lungo 400 km, in completa autonomia, seguendo vie vecchie di un secolo e aprendo nuove rotte a cavallo dell’artico svedese. Ore e ore di allenamenti insieme agli inseparabili husky, lo studio di itinerari poco – o per nulla – frequentati, soprattutto in questi mesi invernali, e la cura dell’equipaggiamento, dove ogni dettaglio può fare la differenza. «Alla fine ho scelto di aggiungere una piccola slitta, per avere maggior capacità di trasporto al seguito – spiega il musher –. Il carico totale si aggirava sui 190 chili. Oltre a tenda e sacco a pelo, il maggior peso era dato dai rifornimenti per le tre settimane di viaggio: cibo disidratato per me – da cuocere con la neve sciolta dal fuoco – e confezioni di carne e crocchette per i cani. Insomma, era tutto pronto per affrontare il tragitto, che dai piani avrebbe dovuto essere per la maggior parte su terreni ghiacciati o comunque con neve abbastanza solida».
Ma la natura, giusto per riaffermare che è lei a dettare tempi e regole, ha deciso di cancellare con una folata di vento – e che vento – tutta la progettazione di «The Way». «Appena partiti un’improvvisa bufera di neve ci ha travolto in pieno e nel giro di 24 ore le situazioni si sono totalmente stravolte – racconta Fra Indi –. Ci siamo trovati con la neve fresca alta 30/40 centimetri, raffiche ingestibili e la slitta che si ribaltava spesso trainata a fatica dai cani. Alcune strutture hanno ceduto, le cinghie si sono strappate e abbiamo rischiato di perdere parte degli alimenti. Siamo così dovuti rientrare e preparare un secondo inizio». Non è più l’uomo che traccia la via, ma è la via che traccia il cammino per l’uomo: Fra Indi accetta così la sfida che l’ambiente gli propone e cambia prospettiva. Butta nel cestino i mesi di preparazione, capisce che la vecchia linea su carta è impraticabile – il maltempo per oltre un centinaio di chilometri impedirebbe l’arrivo di qualsiasi soccorso – ripara alla meglio la slitta, ridimensiona il traguardo chilometrico e si rimette in viaggio.
Alla fine percorrerà 160 chilometri: «Sono stati giorni assurdi e indimenticabili, un viaggio nato mentre lo facevo, “The Way” l’abbiamo disegnata percorrendola». Tempeste e venti gelati, un bianco avvolgente che impediva di scrutare l’orizzonte e i cani che sprofondavano ogni passo con la neve alta fino a settanta centimetri. «La spedizione è diventata quasi anacronistica: in alcuni tratti ho dovuto fare la staffetta più volte avanti e indietro per trasportare l’equipaggiamento.
Altre volte precedevo la slitta a piedi, con le ciaspole, per battere un po’ il terreno e permettere ai miei husky di avanzare». E poi le notti da brividi, uomo e cani tutti nella stessa tenda, per scaldarsi a vicenda e rinsaldare il patto di fiducia reciproca. «La mia vita è nelle loro mani, e la loro è nelle mie. Sanno che non li metterei mai in pericolo deliberatamente – sussurra Fra Indi –. Da lì nasce il nostro affiatamento, il nostro star bene insieme. Una fiducia costruita durante l’anno, giorno dopo giorno, gesto dopo gesto». Basta un niente, e ogni previsione salta: lo ripete come un mantra il musher accarezza i suoi cani. Esplorare per lui è principalmente un atto creativo. Farlo con sei husky è mettere in pratica la sua idea di ecologia, di interazione reciproca, di sintonia con la terra. E il suo modo per dare valore e senso al tempo, per sentirsi pellegrino – ospite curioso – su questo mondo. Civiltà e natura per lui sono in antitesi, non si vergogna a dirlo. A testimoniarlo. A pagarne le conseguenze anche sulla propria pelle. «È stata dura, sì!».
Lo ammette Fra Indi, con la faccia coperta da ghiaccio, mentre pensa alla notte passata sotto alla neve, con la sveglia puntata ogni minuto per non addormentarsi e non congelare mani e piedi. E le parole scambiate con Indi, il suo primo cane, il suo miglior amico, qualcuno su cui poter contare ovunque e comunque. Lo sguardo però è già avanti, è già altrove. «"The Way” è terminata – conclude – ma in realtà è appena cominciata, perché “The Way"… è la vita». —