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 2022  febbraio 23 Mercoledì calendario

Nel paese di Blanco

«Grande Blanco. Calvagese è con te». La scritta appare e scompare sullo schermo all’ingresso di Calvagese della Riviera, alternandosi alle informazioni sul meteo e a quelle sulle imposte comunali. La stessa frase è stampata sullo striscione davanti al municipio e su quello appeso sulla strada che porta alle frazioni di Mocasina e Carzago. È l’effetto Blanco. «Il nome d’arte l’abbiamo inventato insieme – specificano gli amici di sempre -. All’inizio era Blanco Fyrex, poi l’ha semplificato. L’intolleranza ai latticini non c’entra nulla». Dettagli. La sostanza è un fuoco d’artificio in pieno giorno che ha risvegliato dal torpore una comunità di 3.200 abitanti che più placida sarebbe difficile immaginare. E l’affetto con cui questa comunità ringrazia un ragazzo di appena 19 anni, autodidatta della musica e vulcanico self-made man dei social, che un minuto dopo aver vinto il Festival di Sanremo insieme a Mahmood con Brividi ha urlato dal palco dell’Ariston: «Calvagese è ovunque». Campanilismo d’antan. Pardon: local pride.
Riccardo Fabbriconi, infatti, l’alter ego in carne, ossa, tatuaggi e canottiera bianca dell’artista che su Spotify e sulle altre piattaforme digitali ha già superato il miliardo di stream, è nato e cresciuto nel più classico dei paesaggi italiani: la provincia. Che nel suo caso significa l’istituto professionale per acconciatori di Desenzano, i sabati pomeriggio in piazzale Arnaldo a Brescia, le vacanze in Puglia con i genitori e i tre fratelli più grandi e il lago di Garda così vicino che d’estate Blanco ci va a fare il bagno in bicicletta. E poi il calcio (difensore centrale soprannominato «fabbro», il Lumezzane lo mise sotto contratto quando aveva 7 anni), le trasferte in auto con il papà informatico e la mamma impiegata che gli facevano ascoltare De Andrè, Paolo Conte, Celentano e Nicola Di Bari, i brani trap scritti nelle tavernette dei compagni delle medie con tastiera e amplificatorino, la pizzeria «La diavola» per cui faceva le consegne a domicilio per pagarsi i primi video. A differenza di tanti, però, Blanco non ha mai glissato sulle sue origini. Anzi. Quasi le ostenta. Come se tutta la normalità che lo circonda fosse la benzina del suo successo, la sua arma segreta. Lo ha ripetuto anche pochi giorni fa, quando il consiglio comunale lo ha ricevuto con tutti gli onori in mezzo alle tele del Tiepolo e del Canaletto del museo locale: «Essere di Calvagese mi ha forgiato, mi ha fatto restare acqua e sapone. I giovani come me, che vengono dalla provincia, devono sapere che possono fare tutto: bisogna crederci e fare sacrifici». «Siamo orgogliosi di lui e per l’Eurovision stiamo organizzando qualcosa per dimostrargli la nostra vicinanza – dice il sindaco Simonetta Gabana -. Credo che una realtà come la nostra possa averlo aiutato anche dal punto di vista artistico. C’è molta libertà e un paese piccolo ti porta a muoverti con le tue forze, a darti da fare». Lo conferma il padre, Giovanni Fabbriconi, seduto sulle sedie di plastica del bar-tavola fredda «Il Sorriso»: «Io vengo da Roma. La chiave per capire questo posto e anche mio figlio è solo una: la semplicità». Una semplicità che Blanco declina in modo anticonvenzionale, come quando va a correre nudo in mezzo ai boschi e ai filari di Groppello insieme al suo bulldog inglese Bam Bam. In vesti adamitiche, non a caso, appare anche sul nuovo numero di Vanity Fair. «Non è esibizionismo – precisa subito il papà -, stare senza vestiti lo fa sentire libero».
La carriera di Riccardo, partita nel giugno 2020 dopo il primo lockdown con il singolo Belladonna (Adieu), è stata così fulminea da aver spiazzato la sua stessa famiglia. «Ci siamo accorti di quello che stava succedendo perché mio figlio non ha ancora fatto la patente e dopo un po’ portarlo in giro stava diventando un lavoro – continua il papà –. È stato costretto a lasciare la scuola ma vederlo impegnato a tempo pieno con la musica è una grande soddisfazione. Certo, non ho mai pensato che sarebbe finito a lavorare in banca». «Mollare la scuola è una cosa che, però, sconsiglio a chiunque: avere un’istruzione serve davvero» ribadisce lui nell’intervista a Vanity. In paese sono tutti sicuri che il successo non lo ha cambiato e non lo cambierà. «È sempre stato un bambino introverso più che timido e credo che lo sia tuttora – dice la barista Simona Roncetti, che è passata dal vendergli le caramelle al ripetere davanti alle telecamere che fa colazione con cappuccino al latte di soya e brioche vegana al cioccolato –. Ho scoperto che era Blanco da mio figlio. Mi ha fatto ascoltare La canzone nostra e mi ha detto: “Ma non lo sai che è Riccardo questo che canta?"». Vittorio Sandrini, suo allenatore negli Allievi Elite della Vighenzi dal 2017 al 2020, è quasi scosso per la parabola a cui ha assistito. «Bisognava tirargli fuori quello che aveva dentro, adesso lo butta fuori da solo con la musica – pensa a voce alta il mister -. Quando ci ha detto che avrebbe lasciato la squadra per dedicarsi completamente a questo progetto gli abbiamo detto di rifletterci bene. È sempre stato molto forte e anche se percepivamo che il calcio non era la sua priorità ci sembrava che stesse facendo un errore. Invece aveva ragione lui. Se penso che i primi testi li cantavano i compagni di squadra negli spogliatoi e che adesso non riesco a trovare i biglietti per andarlo a sentire quasi non ci credo». La conferma che Blanco sia ormai una star trasversale alle generazioni, in ogni caso, arriva dall’imbarazzo con cui Germano Villa, un vicino di casa impegnato a compilare le schedine del Totocalcio sui tavolini del Wine Bar Centrale, ammette di non aver mai ascoltato una sua canzone: «Sono rimasto a Vanna Leali, la cugina di Fausto, che abitava proprio qui dietro. Anche lei partecipò a Sanremo nel 1976. Però prometto che adesso mi aggiorno». —