Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  febbraio 23 Mercoledì calendario

ORNELLONA VANONI SENZA FINE – “DI GINO PAOLI MI DISSERO: È UN FROCIO. LUI PENSAVA CHE FOSSI LESBICA. E RIDENDO CI DEMMO IL PRIMO BACIO - MINA? UNA CHE SESSUALMENTE SUBISCE - LUCIO DALLA? ERA BRUTTO MA AVEVA UN FASCINO ESTREMO – CON STREHLER MI SENTII UNA BAMBINA IN UN CAPPOTTO TROPPO GRANDE - MIO FIGLIO? SOGNAVA DI METTERMI SOTTO CON LA MACCHINA. ORA GRAZIE AL CIELO NON PIÙ” – FILM+VIDEO -

Il Corriere Roma intervista Ornella Vanoni. Nel fine settimana esce «Senza fine», il film che racconta la sua vita, diretto da Elisa Fuksas. Ormai non è più solo una cantante, ma un’icona. Perché? «Perché sono una sopravvissuta, molti colleghi che amavo non ci sono più. Jannacci, Gaber… Ma più di tutti mi manca Lucio Dalla. Pur essendo brutto aveva un fascino estremo. E una marcia in più. Molte ragazze mi fermano: voglio diventare come lei. Intanto bisogna soffrire molto. E diventare felici. E poi lasciarsi andare. Mi diverto e cerco di far divertire gli altri. Se lei mi chiama e io sto facendo la pipì, glielo dico e la faccio aspettare. La libertà è non essere vittime del proprio successo».



Sulla morte e la vecchiaia: «Ci penso, però non ne sono terrorizzata. Sto vivendo una vecchiaia per niente angosciante, mi sono liberata da tabù e paure. Sono spudorata. Da ragazza ero timidissima. Come ho superato l’insicurezza sul palco? Mi dicevano che col mio fisico e la mia faccia era impossibile, mi davano della snob. Un giorno ho capito che ero brava e ho superato la timidezza».

Su Strehler, uno dei suoi grandi amori: «Quando lo conobbi mi disse: hai talento ma non hai i nervi per reggere. Mi ha detto ti amo e ci siamo messi insieme. Lo accompagnavo alle opere, canticchiavo le arie, Gino Negri disse che ero intonata. Così vennero le canzoni della Mala. Ma a un certo punto mi sentii una bambina in un cappotto troppo grande».

E arrivò Gino Paoli. «Suonava (male) Il cielo in una stanza. Mi dissero: è un frocio (all’epoca non si diceva gay) che scrive cagate. Gli chiesi di scrivere una canzone per me e aggiunsi: ma tu sei frocio? No. A me hanno detto che tu sei lesbica. E ridendo ci demmo il primo bacio».



Le chiedono come mai le donne che canta Mina siano diverse dalle sue. «Io do voce a donne che se ne vanno, come me, se sto male con un uomo mi strappo un braccio ma non rimango. Mina è una donna che sessualmente subisce».



Sul figlio Cristiano, di cui parla nel film: «Avrei voluto stargli vicino, ma ero sempre via, lavoravo tanto. Sai, vedere tua madre che preferisce un mondo rutilante. Sognava di mettermi sotto con la macchina. Ora grazie al cielo non più».

Cos’è la sensualità? «Non il seno di fuori. Ci sono persone vestite da capo a piedi che lo sono, la gamba fuori l’ho usata anch’io, ma non è quello».

La canzone che ama e quella che detesta? «L’appuntamento: non capisco perché piace, una sfigata che sotto la pioggia aspetta un amore che non arriva, mah. Quella che amo, ha presente: E’ uno di quei giorni che rivedo tutta la mia vita…»