il Fatto Quotidiano, 23 febbraio 2022
Moravia e la patta dei pantaloni di Pasolini
Tra i volumi dedicati al centenario di Pasolini si distingue – in uscita il 1° marzo per Einaudi Stile libero – Pasolini e Moravia. Due volti dello scandalo.
Renzo Paris sfugge alla retorica impiegatizia dell’omaggio perché, nel restituire la biografia intellettuale del poeta delle Ceneri gli contrappone, come davanti a uno specchio deformante, quella dell’autore de Gli indifferenti. Passando in rassegna vizi e virtù della “Bloomsbury romana” (scandita dalle tavolate alla trattoria La Carbonara, i bagni a Sabaudia, i caffè al bar Rosati di piazza del Popolo, le riunioni di redazione a Nuovi Argomenti) gli preme riesumare una stagione culturale, persuaso che la fraterna amicizia tra i due “lucenti eremiti” Pier Paolo Pasolini e Alberto Moravia conservi l’eco di una tensione etica irripetibile.
Lo fa mettendosi in mezzo, tuffandosi dal trampolino del testimone. C’è dunque un terzo volto dello scandalo in queste pagine: Paris medesimo. Se di Pasolini conserva il dattiloscritto donato di Affabulazione, del suo sodalizio con Moravia – nelle ore passate su un divano in Lungotevere della Vittoria – restano due curatele di interventi politici. “Mentre scrivo le loro ombre sono nella mia stanza” confessa.
Due scrittori agli antipodi che “giocavano a chi fosse più intelligente”. Moravia, con il suo armadio affollato di cravatte, esibiva la sua “ragione” nei salotti. Pasolini, tra partitelle di pallone e spedizioni notturne a caccia di marchette, era l’epitome del “sentimento”.
Paris ripercorre privato e pubblico dei due mostrandone in parallelo i temperamenti. Per il comune viaggio in India Moravia si prepara sulla scorta di letture selezionate, Pasolini si immerge in quella realtà esotica con lo sguardo del turista vergine. L’onda lunga del ’68 vede Moravia solidarizzare con gli studenti (sebbene egli sia un loro bersaglio) e Pasolini disdegnarli al rango di “piccoli mostri imborghesiti.”
Paris, nel rievocare le innumerevoli disfide dialettiche tra i due letterati (il punto più basso della stima reciproca sarà sul tema dell’aborto) sembra suggerire, a dispetto della damnatio memoriae nella quale è confinata la parabola di Moravia, che forse la santità laica che investe Pasolini ha più di un debito con l’amico che ebbe il coraggio di imputargli il difetto di essere “interessato troppo alla patta dei pantaloni”.
Quello di Pasolini, con i misteri sul suo assassinio all’Idroscalo, resta un romanzo senza finale e fa il paio con il dilemma che tormentava Moravia. Racconta Paris: “Spesso, nei nostri incontri, mi chiedeva quando un romanzo poteva dirsi concluso”.