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 2022  febbraio 23 Mercoledì calendario

I top gun italiani che sfidano I russi

COSTANZA (Romania) Alle 7,30 del mattino i televisori della base sono tutti sintonizzati sui tg: canali diversi e notizie identiche. Inviati al fronte e corrispondenti dalle capitali fanno il riassunto della notte in cui è risorta la guerra. A Costanza è ancora buio e la nebbia sembra più fitta del solito, sulle rive del lago. I piloti e gli altri militari ascoltano in silenzio e quasi in coro si fanno la stessa domanda: «E ora che succede? Ci sarà un attacco armato in Ucraina». Il caffè è già pronto, sul grande tavolo della sala colazioni del comando-container. Ma il tempo di berlo, e di darsi una risposta, stavolta non c’è. L’altoparlante s’infiamma in anticipo, suona sempre più forte, nel giorno in cui il mondo si risveglia con i blindati schierati, le portaerei più vicine ai punti strategici e i ministri che si scambiano minacce. «L’allarme, l’allarme, è ora di partire». L’incubo visto in tv si proietta subito sulla realtà. 
IL CONTRATTACCO
Basta chiacchiere, stavolta è tutta una questione di secondi. I due piloti qui non si possono far trovare impreparati. Tuta indossata già dalla sera, prima ancora di stendersi sul letto senza tra l’altro poter mai dormire. L’aereo è al centro dell’hangar, i meccanici corrono più veloci, controllano i missili agganciati alle ali, fanno l’ultima ispezione e danno il via. Nicola e Carlo, i due piloti italiani che oggi assicurano il pronto intervento, sono ai comandi già in pochi secondi: verifiche scrupolose sì, ma niente discussioni. Perché quando quell’allarme suona, il pericolo è già molto vicino. I caccia italiani superano facilmente la barriera del suono, ma gli altri non sono da meno. E se i radar della Nato anche oggi segnalano una minaccia dall’altra parte del cielo, significa che la situazione si è fatta molto più tesa, in questa striscia d’Europa che sfiora l’Ucraina e scruta all’orizzonte la grande Russia. Anche questo, insomma, è un pezzetto di trincea, il cuore di una battaglia preventiva, sfiancante, silenziosa e invisibile. Perché la missione affidata all’Aeronautica italiana nell’est della Romania è più o meno una guerra di nervi. Il problema si ripete quasi ogni giorno: gli aerei russi si avvicinano troppo allo spazio aereo della Nato e ogni volta bisogna ripetere la stessa operazione. Far decollare i caccia italiani e spedirli al confine il prima possibile: per dimostrare a quel nemico che non si palesa quasi mai che la sorveglianza è costante e che l’accesso ora più che mai è vietato. Dall’altra parte della barricata ci provano di continuo, 14 volte in poche settimane, e lo fanno anche per mettere a dura prova i sistemi di difesa di quel vicino di casa ora è diventato nemico. 

LA MISSIONE
Alle 8 e 3 minuti i due Eurofighter italiani son già spariti in aria. Decollo flash, in mezzo a un nuvolone che preannuncia una giornata primaverile. «Ancora non sappiamo esattamente cosa ci aspetta – dicono i due piloti, poco prima di dare gas ai motori – Al rientro vi racconteremo tutto quello che abbiamo fatto». La missione dura quasi due ore, oggi è più lunga del solito. Nel frattempo, gli altri equipaggi attendono o temono una nuova chiamata. Perché in queste giornate di bombe, primi morti e sconfinamenti, la minaccia arriva anche dall’alto. Il cielo in cui sventola la bandiera dell’Alleanza Atlantica è sorvegliato da due grandi sale operative: una in Germania e un’altra in Spagna. E qui a Costanza, dove ha sede la Task Force Air Black Storm, le emergenze possono ripetersi anche una dopo l’altra. L’ordine è imprevedibile, la reazione immediata. E per questo fuori dagli hangar c’è anche la seconda coppia di aerei italiani. I tecnici dell’hangar, oggi coordinati dal capitano Lidia, approfittano dell’apparente (e temporanea) tranquillità per le ultime ispezioni. «I velivoli devono sempre essere in grado di assicurare un intervento immediato – ripete il pilota Emanuele, che quando non vola comanda il task-group della base – Dal momento in cui la centrale Nato innesca l’allerta noi siamo in grado di decollare entro dieci minuti. E per questo i nostri team passano il loro turno all’interno di bolle che includono i piloti e il personale tecnico: tutti mangiano e riposano vestiti, pronti a entrare in azione». 

UN GIORNO NELLA BASE
A supporto di questa operazione, nata per supportare la difesa aerea della Romania e diventata avamposto di una guerra che si spera ancora di scongiurare, ci sono in queste settimane anche i jet della Germania. Nella base sono arrivati da poco anche mille statunitensi, quelli che il Pentagono ha spostato dalla Polonia per organizzare al meglio un eventuale (e sempre più probabile) intervento militare in Ucraina. Gli elicotteri Black Hawk dell’Us Air Force si alzano in volo per tutto il giorno. Il clima non è quello di una qualunque base internazionale. I top gun italiani fanno da anni missioni di air policing tra l’Est e il Nord Europa ma qui devono anche affrontare un’altra sfida, quella di non farsi coinvolgere troppo dalla tensione che da questa zona della Romania è davvero dietro l’angolo. Giusto a dieci minuti di volo. Il Mar Nero d’altronde è lì, oltre il litorale di Costanza e il Donbass conteso giusto poche miglia più in là. «Ma per noi ogni missione è uguale alle altre – giura il comandante della base, il colonnello Morgan Lovisa – Quando siamo a bordo dobbiamo concentrarci e non possiamo sbagliare nulla. D’altronde questo lavoro di scramble lo facciamo da prima che cambiasse il contesto internazionale e lo abbiamo fatto in passato in altre zone d’Europa. Certo, in questo periodo la frequenza dei decolli è maggiore. Ma per il momento i nostri caccia non hanno avuto contatti diretti con velivoli che tentavano di entrare nello spazio aereo che ricade sotto la nostra sorveglianza». 

L’ESCALATION
Oramai la tecnica è collaudata: i velivoli russi fanno scattare l’allerta avvicinandosi a gran velocità ai confini segnalati tra le nuvole e poi tornano indietro. Sempre ovviamente senza lasciare traccia. Una sfida continua, che con l’aggravarsi del quadro nel Donbass aumenta la tensione anche nelle basi vicine. I jet dell’Aeronautica però non si fanno prendere alla sprovvista. «Abbiamo programmato da tempo iniziative di rafforzamento degli assetti – conferma il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini – Così abbiamo innalzato la prontezza operativa dei nostri assetti». Nicola e Carlo, i piloti partiti di buon mattino per la prima missione del giorno, tornano a terra dopo due ore: «Anche oggi è andata più o meno come sempre, la sala operativa ci aveva segnalato alcune tracce nell’area a nord-est della Romania, quindi al confine con l’Ucraina – raccontano i due maggiori – Non avevamo informazioni aggiuntive sul velivolo che si stava avvicinando allo spazio aereo da sorvegliare e quando siamo arrivati non abbiamo trovato traccia. Però abbiamo pattugliato quell’area per tutto questo tempo per evitare che si ripresentasse. Non si trattava di un aereo civile che aveva perso le comunicazioni, altrimenti lo avremmo incontrato». Nel giorno del piano d’attacco in Ucraina, gli aerei russi continuano anche la lunga ed estenuante provocazione tra le nuvole.