Avvenire, 22 febbraio 2022
Il suicidio di Stefan Zweig e Lotte Altmann, 80 anni fa
Ci sono suicidi che accusano e suicidi che si scusano. Comunque tragedie. Stefan Zweig e Lotte Altmann, la sua giovane moglie, appartengono a questa seconda categoria. Di morire lo decisero insieme il 22 febbraio 1942. Lui aveva da poco compiuto 60 anni; lei era nata nel 1908. Si erano conosciuti in Inghilterra nel 1934 attraverso conoscenti comuni. Lo scrittore cercava una segretaria e assistente per le sue biografie storiche. Lei aveva appena lasciato la Germania nazista; lui aveva compreso che l’Austria sarebbe stata la prima vittima del ’mostro’ – così definiva Hitler – e aveva lasciato per tempo la sua aristocratica residenza a Salisburgo, anche perché era in crisi il rapporto con la prima moglie Friderike, colta, elegante, invadente. Lei, nelle sue due biografie su Zweig (di cui continuò a portare il nome anche dopo il divorzio) tende a ridurre la presenza di Lotte, che, tuttavia, godeva di una sicura preparazione accademica e proveniva da una famiglia della media borghesia ebraica. Ora un carteggio rende finalmente giustizia a Lotte: Stefan e Lotte Zweig. La vita stessa è già tanto in questi giorni. Ultime lettere dall’esilio americano, a cura di Darién J. Davis e Oliver Marshall, prontamente tradotto da Massimo Ferraris per l’editore Castelvecchi.
Lotte divenne presto insostituibile per Stefan ormai in esilio. Lui, discendente da una famiglia assimilata, ’scoprì’ solo all’università a causa degli antisemiti la sua identità ebraica. Gli Zweig come molti altri industriali ebrei mitteleuropei erano affermati imprenditori tessili (come i Canetti, Broch e Hofmannsthal). Su questa singolare ed estesa comunità è appena uscito per Bompiani uno stupendo volume di memorie In barba a H. [Hitler] di Oliviero Stock. Ma ormai quella società mitteleuropea, fondata sulla tolleranza, era in via di estinzione. Anche il soggiorno inglese di Zweig fu percepito insicuro dopo lo scoppio della guerra e il crollo del fronte francese. Stefan aveva già visitato l’America meridionale, ricevendo un’accoglienza trionfale in Brasile. Le manifestazioni di stima e di cordialità gli ispirarono un libro, diverso dai soliti: Brasile, un paese del futuro, originato più dall’entusiasmo che da una accurata valutazione storico-critica, caratteristica delle sue biografie romanzate.
Tornato in Europa s’intensificava il rapporto non solo collaborativo con Lotte, mentre si formalizzava nel 1938 il divorzio con Friderike. Stefan e Lotte si sposarono il 6 settembre 1939, pochi giorni dopo lo scoppio della guerra. A luglio si trasferirono dapprima a New York, che Stefan trovava stancante, caotica, preferendo il Sud America, che raggiunsero in nave, passando il tempo giocando a scacchi con diplomatici americani e viaggiatori europei.
È il loro primo lungo soggiorno sudamericano, in cui sorse il progetto di un trasferimento almeno per la durata della guerra, che rappresentava un motivo continuo di turbamento, di preoccupazione per uno scrittore per altro sostanzialmente impolitico, che aveva a lungo evitato di prendere pubblicamente posizione, provocando le dure critiche degli emigrati. Joseph Roth lo minacciò che avrebbe rotto l’amicizia se Zweig avesse continuato a pubblicare con le case editrici tedesche; Hannah Arendt, ancora più radicale, lo appellò: «un letterato ebreo- borghese che non si era mai occupato degli affari della sua gente».
In realtà Zweig, già con la sua adesione al PEN internazionale, affermava la scelta per la libertà e per la lotta contro Hitler. Eppure questa sua reticenza per un più energico impegno politico spiega il suo ritiro nella sfera privata e nell’isolamento, motivo non secondario della sua depressione. Nel carteggio ricorre continuamente il tema della stanchezza, della fuga dagli obblighi sociali alla ricerca di un luogo appartato, di un buen retiro dove poter riprendere a lavorare anche se costantemente si poneva l’interrogativo sul senso che poteva ancora avere scrivere in un’epoca ’atroce’.
Eppure, eppure proprio in quegli anni, in cui l’orizzonte geopolitico si oscurava sempre più, scrisse i suoi libri più belli: l’autobiografia Il mondo di ieri e La novella degli scacchi, entrambi pubblicati postumi. In quei mesi è decisiva la presenza di Lotte che assume una funzione centrale nella vita di Stefan, uomo ormai stanco, depresso, che si sente superato, invecchiato, mentre la giovinezza con l’amore e la fiducia in lui sono sempre più vivi in lei: in una lettera del luglio 1941 Lotte auspica «Vorrei essere come quelle persone che sanno parlare agli altri infondendo allegria e inspirano in qualche modo coraggio e speranza». Purtroppo la giovane soffre di crisi d’asma ricorrenti che si scatenano soprattutto di notte.
Questo carteggio, che si dipana come un tesissimo romanzo a due mani, lascia aperta fino alla fine la porta alla speranza. A dicembre si prospetta per Stefan una possibilità nuova: «Concludendo la mia autobiografia ho detto addio al passato. Per me una sola cosa è importante: concentrarmi dopo molti mesi di viaggi e di depressione dovuta alla guerra». La concentrazione nella tensione del pensiero attivo, vivente lo sostiene. Pare che possa farcela. Prendono un cane, cui si affezionano; studiano (con poco successo) portoghese. Lui progetta un libro su Montaigne, il pensatore solitario. Ancora nelle ultime settimane Stefan e Lotte sono alla ricerca di una nuova casa a Petrópolis, nella montagna sopra Rio de Janeiro, dove si erano trasferiti nel settembre del 1941. Il carteggio diventa un’intrigante descrizione d’angoscia, di depressione, ma anche di superamenti ancora possibili, tratteggiati con elegante ironia. Il 16 febbraio gli Zweig scendono a Rio per assistere al Carnevale. Poi il cedimento di cui dovevano aver a lungo discusso. Trascorsero il 21 a scrivere lettere di addio e di scuse per quel doloroso gesto; la sera ricevettero ancora i Feder, una coppia di amici, anche loro emigrati. Fu Ernst Feder alcuni giorni dopo, a scriverne al fratello di Lotte: «Lui era sdraiato sulla schiena, lei sul fianco destro con il braccio sinistro intorno a lui». Indimenticabile, tristissima e struggente immagine non solo del ’Mondo di ieri’.