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 2022  febbraio 22 Martedì calendario

Quando Montale diceva: «La mia prostata? È Simmenthal»

Pubblichiamo pillole di “Ombre dal Fondo” di Maria Corti, riedito da Einaudi nella collana “Letture”.
Fantasmi. Indugiando presso il grande tavolo della sala Manganelli, dove alcuni studiosi, immobili come fossero morti, leggono manoscritti, le ombre non possono scommettere su ciò che avverrà o no. Per loro l’avvenire è come non esistesse. Per questo sono inquiete.
Ipocondriaci. “Entra, entra, accomodati. Ti aspettavo”. Romano Bilenchi in pantaloni chiari e giacca di pigiama mi indicò una sedia dirimpetto a lui, al di là di un grande tavolo rettangolare ingombro di scatole di medicine, pacchetti di sigarette, portacenere pieni di sigarette fumate a metà.
Oblio. “C’è sempre una moria di nomi dentro di noi. Pochi si salvano e magari non sono neanche i migliori; magari si salvano per caso” (Bilenchi).
Critici e cani. “Oggi in letteratura il tratto caratteristico è un’uniforme tetraggine, in mezzo alla quale eccoti le novità con cui i critici si comportano come quella razza di cani che al comparire di un odore nuovo abbandona la traccia precedente. Pessimi cani da caccia” (Bilenchi).
Fratellanza. “Che si debba amare il genere umano va bene, è anche un comandamento della chiesa. Però viene da chiedersi perché occorre che se ne amino tanti, di esseri umani” (Bilenchi).
Insetto. “Mi piacciono le persone che dentro la scatola cranica, al posto della sostanza grigia, hanno un grillo che a sua volontà salta su e spicca il volo” (Alfonso Gatto).
Punti di vista. Un giorno un laureato di Filologia romanza, che stava esaminando i manoscritti di Franco Fortini, sbuffò: “Fra cinquant’anni chi mai si ricorderà di tutte queste nostre scomodità, su e giù da una stanza all’altra?”. “Eh, Forster prima di te ha detto che si perde un mucchio di cose sotto la gran coltre di neve della vita”, fece un altro, che studiava da anglista.
Arte. In genere l’opera è migliore dell’uomo che l’ha fatta, e l’uomo finisce per assomigliarle, ma il rapporto fra i due è un po’ misterioso.
Poeti. John Keats, riflettendo sull’uomo artista, scrisse anche riferendosi a sé: “Il Poeta è la più impoetica delle cose che esistono”.
Fine-vita. La morte può essere occasionale amministratrice di beni letterari, ma nulla è più rischioso e imprevedibile… Lì, in quella terra di nessuno, accade di tutto: manoscritti chiusi in una cassetta di sicurezza bancaria, dove mancano le condizioni igieniche, ecologiche indispensabili alla sopravvivenza di quegli esseri vivi che sono carta e inchiostro.
Testamento. Meticoloso sponsor in prospettiva testamentaria fu il sempre imprevedibile Giorgio Manganelli: tutti i manoscritti, i diciottomila volumi della sua biblioteca con ironica postilla: “Il Fondo è statale, quindi povero. Manda alla Maria anche tutte le scaffalature”.
Appunti. Il vero prodigio fu che Eugenio Montale continuò nel corso degli anni a darci manoscritti, oggi fogli sparsi, domani un quaderno, un altro giorno un numero di una rivistina inglese di poesia con sue postille e addirittura testi nuovi scritti a mano nei margini.
Chirurgia. “Domani vado a Padova per operarmi. Non tollero anestesie locali e non so se possono farmi la generale. È bene che gli Ossi siano da voi…” (Montale).
Amanti. “Paola Niccoli… è una delle donne degli Ossi, che i critici cercano come i cani da tartufi… Era un’attrice teatrale genovese, lavorava con Lodovici. Gli altri andavano a letto con lei, io le mandavo poesie” (Montale).
Post-operatorio. “Sai, ho visto tutto da uno specchio curvo sovrastante e quando il professore mi ha mostrato la mia prostata, gli ho detto: ‘carne Simmenthal!’” (Montale).
Discorsi. Nell’Aula Magna alla conferenza del rettore è seguita la prolusione di un urologo sulle “relazioni tra le fosfatasi alcaline e la litiasi renale”… Finita la prolusione, l’atmosfera muta. Il rettore annuncia la donazione della Raccolta di Ugo Foscolo.
A che prezzo. Con Elsa De Giorgi usai tutte le arti del convincimento; perché non vendeva al Fondo pavese gli epistolari, e se non tutti almeno quello calviniano? Possibile dare a una banca di Zurigo lettere che iniziavano “Mia adorata, paloma mia”?… Voleva un numero enorme di milioni… L’indomani mattina una telefonata che non dimenticherò. Non conoscevo la voce, era quella di Carlo Caracciolo, presidente del gruppo dell’Espresso, che offriva i primi cento milioni e dava insieme un prestigioso modello di sponsorizzazione… A ruota la Cariplo, la Banca del Monte di Lombardia e la Regione cooperarono a compiere il miracolo… Così è giunto da noi l’epistolario d’amore più suggestivo del 900 italiano, quello di Italo Calvino alla De Giorgi.
Chicca. Alberto Arbasino una volta estrasse dalla tasca una busta e, sempre sensibile a uno stile, disse: “Vi lascio in deposito una lettera di Proust”.
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