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 2022  febbraio 22 Martedì calendario

Sabaudia, il buen retiro degli intellettuali

Ah, Sabaudia! Non c’è niente da ridere su Sabaudia, diceva Pasolini, che la amava. Non c’è niente da ridere nemmeno adesso che la sindaca affezionata alla biodiversità non sembra avere fatto la differenza: voleva – nelle intenzioni proclamate al momento della candidatura – «resettare il sistema» e riavviare Sabaudia. Una politica senza padroni e padrini! Gli undici episodi di turbativa d’asta e quello di corruzione che le vengono contestati gettano qualche ombra sulle sue appassionate «battaglie civiche». Ma d’altra parte «Sabaudia criminale» ha l’aria d’essere un vasto e antico sotto- capitolo del grande romanzo criminale capitolino. Uno spin-off balneare che da anni offre rinvii a giudizio, infiltrazioni mafiose, brillanti esempi di cattiva gestione: un ampio spettro di illeciti, a quanto pare attecchito sull’intera costa laziale (il comune di Nettuno già a suo tempo sciolto per mafia, il sindaco di Anzio accusato di essersi messo «a disposizione» dei boss della ’ndrangheta). E dire che Sabaudia, nelle parole dei suoi fondatori, nacque sotto i benevoli auspici dell’allora «augusta dinastia regnante». Anni Trenta del secolo scorso: l’agronomo fascista Orsolini Cencelli – il “duce” della bonifica delle paludi pontine – confessava di avere inventato Sabaudia perché poco gli era piaciuta Littoria (oggi Latina), troppo «piatta». Invece la futura Sabaudia prometteva bene, almeno a giudicare dal luogo verde e selvaggio in cui, come racconta lo storico locale Iannella, il Cencelli annodò il suo fazzoletto di conquista: in riva al lago di Paola, col Circeo «che splende nella sua imponenza». Ce ne volle per disboscare prima ancora che per edificare, e comunque Mussolini vantò i 253 giorni bastati a tirarla su. È l’epica della bonifica dell’«inabitabile palude», l’epopea fatta romanzo dallo scrittore Antonio Pennacchi – i trentamila di “Canale Mussolini”, quelli che «con le povere masserizie, le bestie, vecchi e bambini, si spostarono dal Veneto povero e angariato dagli agrari al centro sud, per una volta visto come un paradiso promesso». Che avrebbe detto, ghignando sotto i baffi, il “fasciocomunista” Pennacchi dell’allergia ai partiti dichiarata a gran voce dalla sindaca di Sabaudia? Parole non lievi, temo, intemperante e severo come era. E d’altra parte era riuscito a litigare perfino con Pasolini, o così raccontava. Quel Pasolini che gli aveva dato un passaggio in macchina e che si diceva comunque convinto che su Sabaudia non ci fosse niente da ridere. «Adesso, osservandola, proviamo una sensazione assolutamente inaspettata. La sua architettura non ha niente di irreale, di ridicolo». Incantevole e metafisica. Fascista sì, ma bella. E così era pure per il suo amico (e compagno di estati a Sabaudia) Moravia, a cui ricordava l’Africa. Non amava la mondanità ferragostana, ma forse un po’ ha contribuito ad alimentarla: così Sabaudia è diventata, da proverbio, il ritrovo della Roma bene (o quasi bene). Il “generone” e gli intellettuali alla Bertolucci, il canottaggio, Malagò. E Totti & Ilary. Se l’estate prossima non ci tornano insieme – come profetizzano cronache cupe di queste ore – forse si spezza un incantesimo. Ma tanto i guai sono già arrivati.