Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  febbraio 21 Lunedì calendario

Pedofilia, perché i vescovi italiani non vogliono indagare

Ancora una volta il cardinale Gualtiero Bassetti smorza le speranze di quanti, a partire dalle vittime e dai loro familiari, chiedono giustizia e verità sullo scandalo degli abusi sessuali e della pedofilia nella Chiesa italiana, sulla scia degli altri Paesi europei.
In un’intervista di ieri ad Avvenire, il quotidiano della Cei, il presidente dei vescovi ha infatti ribadito la linea attendista e generica annunciata agli inizi di febbraio al Corriere della Sera. E lo fa nel momento in cui irrompe l’inchiesta giornalistica della Bbc inglese, come documentato sabato dal Fatto. Queste le parole di Bassetti: “Sul tema di un’indagine italiana dovrà essere l’assemblea dei vescovi a decidere circa i contenuti e le modalità”. Stavolta si risparmia la differenza tra “giustizia” e “giustizialismo” fatta al Corsera ma la sostanza non cambia: niente commissione indipendente sul modello tedesco e decisione probabilmente rinviata al suo successore a metà maggio.
Certo, il prossimo presidente affronterà più concretamente la questione – i favoriti sono per la linea dura chiesta più volte da Bergoglio: Zuppi (Bologna), Lojudice (Siena), Castellucci (Modena) – ma tra le righe dell’intera risposta di Bassetti alla domanda di Avvenire si coglie uno dei nodi principali del muro della Cei a un’indagine vera e senza sconti. Il capo dei vescovi completa così il suo pensiero: “In Italia abbiamo realizzato una rete capillare per la tutela dei minori diffusa in ogni diocesi che coinvolge non solo vescovi e sacerdoti ma anche esperti laici. Particolare attenzione va riservata agli anni di formazione in Seminario anche attraverso il supporto delle scienze umane”. Bassetti da più spazio al presente e al futuro che allo scomodo passato e lo fa per un motivo ben preciso. E che si ricollega al recentissimo simposio internazionale in Vaticano sulla “teologia fondamentale del sacerdozio nell’attuale contesto storico, dominato dal dramma degli abusi sessuali perpetrati dai chierici”.
Il nodo è la formazione del sacerdote, che rimanda al tabù del celibato. Questo spiega l’ostilità avuta sinora dai vescovi italiani per un’indagine su abusi e pedofilia. In pratica essi temono gli effetti innescati in Germania dall’inchiesta della commissione indipendente nella diocesi di Monaco e Frisinga, che ha messo sotto accusa Ratzinger (vescovo in quella diocesi dal 1977 al 1982) e rilanciato le spinte filo-Lgbt e contro il celibato dei “progressisti” capeggiati dal cardinale Reinhard Marx. Le resistenze della Cei sono quindi poggiate su un tavolo “politico” – che cozza con le richieste di giustizia delle vittime – e devono infine fare i conti con due posizioni inconciliabili.
Per Francesco, abusi e pedofilia sono favorite dal clericalismo sessuofobo e fariseo, più volte condannato e paragonato a una “perversione”. In modo più esplicito, il cardinale Jean-Claude Hollerich, presidente della Commissione delle conferenze episcopali dell’Ue, ha poi detto che “la formazione del clero deve cambiare e bisogna mutare il nostro modo di vedere la sessualità”. Al contrario, conservatori e clericali di destra si rifanno a quanto scritto da Benedetto XVI nel 2019: cioè che “il collasso della teologia morale” è colpa del Sessantotto e bisogna quindi ritornare all’antico.