il Fatto Quotidiano, 21 febbraio 2022
Il senso di Alessandro Gassmann per l’ambiente
“I set? Sono il regno della plastica, io ogni volta che la vedo m’infurio, nessuno a cui venga l’idea di portare una lavastoviglie. Ma a dire il vero sono ancora più arrabbiato con una classe politica che rispetto al cambiamento climatico o non ha capito niente oppure, peggio, fa finta di non capirlo”.
Alessandro Gassmann, uno dei registi e attori italiani più impegnati sul fronte ambientale, ha appena scritto il libro Io e i #greenhoeros. Perché ho deciso di pensare verde (Piemme, scritto con Roberto Bragalone e con il supporto scientifico di Kyoto Club). Un manifesto che, da un lato, racconta come la sua biografia – sua madre, suo padre, la nascita di suo figlio – sia stata determinante nello “scendere in campo” per il clima; dall’altro, dà voce a tutti quei piccoli-grandi eroi verdi italiani che la transizione la stanno davvero facendo.
Il libro inizia parlando di sua madre. E di quel famoso incendio che distrusse tutto intorno alla vostra casa nell’Argentario.
Ho dedicato il libro a mia madre, Juliette Mayniel, perché, oltre a essere un’attrice, una pittrice, una regista, è rimasta fondamentalmente una contadina, radicata nella terra. E sì, quell’incendio del 1975 fu uno dei traumi più forti della mia vita: conoscevo tutto del bosco, davo i nomi agli alberi, costruivo capanne. Per la prima volta ho provato un sentimento di assoluta malinconia.
Lei si è iscritto ad Agronomia, poi ha fatto l’attore. Nella sua vita ci sono sempre state la “natura” e la “cultura”.
Sono stato un po’ costretto a fare l’attore, in realtà sono una persona silenziosa e timida, così come mio padre. Il fatto di dovermi esibire per me resta sempre una forzatura e sono sempre salito sul palco col terrore. Nella natura invece sono esattamente il contrario, è l’ambiente che conosco meglio.
La scoperta del cambiamento climatico è stata traumatica per lei. Le capita di sentirti solo rispetto a questo tema?
Diciamo che l’ansia per clima è un sentimento che provo in ogni momento, è il primo dei miei pensieri la mattina. Da quando è nato mio figlio, poi, penso a come sarà il pianeta quando lui sarà vecchio, visto che, secondo gli scienziati, la presenza della sua generazione sulla terra è in dubbio. Eppure il governo – ad esempio Cingolani, il ministro della Transizione energetica che non vuole fare la transizione energetica – ma anche la Comunità europea non agiscono come dovrebbero, il greenwashing è di moda e la forza delle multinazionali è immensa. Ma fare a meno delle energie fossili non significa vivere solo di costrizioni o restare senza gas per cucinare e riscaldarsi.
Manca un partito verde in Italia?
Sì. Come mai altrove i verdi raggiungono percentuali altissime, mentre in Italia i numeri restano risibili? Se questo fosse un Paese evoluto avremmo una destra moderata e una sinistra che ha a cuore i cambiamenti climatici. Invece il mio riferimento di sinistra da molti anni è il papa, pensi un po’.
Da noi addirittura Greta viene irrisa.
È assurdo. Greta Thunberg non è la soluzione ma è un simbolo importante e soprattutto è la testimonianza che le nuove generazioni devono avere una voce in capitolo perché noi buona parte della vita l’abbiamo vissuta, loro no.
Nel mondo dello spettacolo italiano però non sembra esserci molta sensibilità al tema climatico.
Io sono un attore e regista anomalo perché non frequento attori e registi, se non sul set. Ma effettivamente in Italia sono quello che ci mette più la faccia ed è un “peccato” perché c’è gente molto più popolare di me che potrebbe avere grandi risultati. Penso anche agli sportivi.
Parliamo, invece, degli “eroi verdi”…
È gente fantastica, persone che hanno cambiato la loro vita spostandola in una economia sostenibile: chi produce energia pulita, chi trasforma scarpe, chi fa materassi compostabili o diserbanti che migliorano i terreni, ognuno di loro dà lavoro a persone, produce ricchezza e migliora la qualità della vita di tutti. Il mio è un libro che vuole creare reazioni, coinvolgere i cittadini e spingerli a prendere consapevolezza che basta un piccolo sforzo, ciascuno nel proprio ambito.
Ma è un libro anche rivolto alle vecchie generazioni.
Sì, devono capire che se continuano così si mangiano il futuro dei propri figli e nipoti. Allora sarebbe meglio dir loro onestamente: “Non me ne frega niente del fatto che quando sarai grande non potrai uscire d’estate perché farà troppo caldo; io voglio girare con la macchina diesel e i sedili in pelle”. Quando io morirò, mio figlio potrà dire che sono stato severo, rompipalle, tutto. Ma non che, almeno, non abbia fatto una battaglia per permettergli di sopravvivere su questo pianeta.