la Repubblica, 21 febbraio 2022
La Lega del Piemonte è con Salvini
TORINOIragazzi con l’elmo di plastica sembrano ancora tutti insieme, qui nel vecchio Piemonte, stretti nell’abbraccio. Forse perché li unisce in fondo all’orizzonte quella montagna appuntita, il Monviso che pare disegnato da un bambino, non c’è angolo di pianura dal quale non lo si scorga nel frastaglio del paesaggio. Su quella punta salirono i “vichinghi” un quarto di secolo fa, era il 13 settembre 1996 ed era venerdì. L’Umberto Bossi scese dall’elicottero, pestò subito una merda di vacca («Porta fortuna!»), andò al Pian del Re e colmò la famosa ampolla con l’acqua cristallina del Po appena nato. Anche la Lega era così, quel giorno, una poppante che aveva solo voglia di gridare esisto, sono qui. E c’è ancora, però diversa. Diversa anche da com’è combinata nel resto d’Italia.Al contrario di quanto succede in Veneto e Lombardia, nel tumulto del “Mattarella bis”, la Lega piemontese non si sfalda, non fibrilla e non mugugna. Qui, le correnti sono soltanto quelle delle finestre lasciate aperte, eventualmente. Non come a Venezia, a Trieste, a Milano. Nel “vej Piemont” si rimane uniti, duri (abbastanza) e puri (ci si prova). Pare dipenda dal capo, che è un vecchio ragazzo di 38 anni e si chiama Riccardo Molinari, come la sambuca. Aveva un’unica vera rivale che si chiama Gianna Gancia, come lo spumante. Ora lei sta al Parlamento europeo e viene vista un po’ come una spina. È la moglie di Roberto Calderoli e, diciamolo con un eufemismo, non ama Salvini e neppure il fedelissimo Molinari. Ma a parte l’antica increspatura dell’onda, nulla muove in apparenza la superficie di questo grande lago. «Noi, le minoranze sappiamo ascoltarle» racconta il capo, che è segretario del Carroccio piemontese da cinque anni ed è anche capogruppo della Lega alla Camera. Bella carriera, niente da dire. «Siamo venuti su dal nulla, in Regione avevamo due consiglieri e ora sono 23, due parlamentari e ora sono 18. Ho camminato, ho viaggiato nei territori. Mattarella? Quel giorno anch’io ho chiesto a Matteo perché, e lui mi ha spiegato. A mia volta, l’ho spiegato alla base e quindi avanti così, tutti insieme. Se in Piemonte siamo forti, dipende dalla nostra vocazione sociale: lavoro, sanità, casa. I temi che la sinistra ha abbandonato ». Eccola, la parolina magica: sociale. Più forte delle scosse di assestamento nel sottosuolo, di cui forse qui non resteranno memorie. La mappa del Piemonte leghista racconta di un nucleo storico a Novara, di Torino che ora pesa tanto e non è sempre stato così, di Alessandria che è il feudo di Molinari, di Cuneo un po’ a sé (la terra della signora Gancia). E in Regione, il voto al programma è stato compatto, quasi “di sinistra”. I punti: allontanamento zero dei minori dalle famiglie, edilizia popolare, sanità territoriale, lotta all’abusivismo, regolamentazione del nomadismo (ecco, qui è ancora “Lega Lega”), sostegno alle aziende agricole toccate dalla peste suina africana (questi africani…).«Vuole la verità? Siamo noi il vero partito popolare degli italiani, il più antico di tutti oramai: 35 anni di Lega!> Alberto Preioni è il capogruppo in Regione. Anche lui, ovvio, un molinariano. «Siamo forza di governo senza mal di pancia, abbiamo gestito la sanità regionale in tempo di Covid e lo abbiamo fatto bene, aiutando tanta gente: questa è vera politica, altro che destra e sinistra. E comunque secessionisti sì, fascisti mai, dev’essere chiaro. Siamo noi quelli che parlano alle province e alle periferie».Sempre più smarcati da Fratelli d’Italia, i “vichinghi” piemontesi segnano la differenza con i loro cugini veneti (indipendentismo!) e lombardi (imprenditori!, partite Iva!), perché loro sono stati capaci di pescare i voti con le reti più lontane, in quei mari che in pochi ormai si prendono la briga di solcare. Populismo? Forse, ma è riduttivo liquidarla così. E se Matteo Salvini non solo non è stato il king maker del Quirinale, ma per qualcuno non è più neppure il king, il vecchio Piemonte dimostrerebbe il contrario. Anche se il Comune di Torino, alla fine, non è stato preso: i leghisti pensavano di farcela con Paolo Damilano, che pure era espressione di una lista civica, invece ha vinto il “rosso” Lo Russo.Calo di consensi? Per la Lega, i sondaggi indicano a livello nazionale una flessione dal 19,1 al 17,2%. «I nostri sondaggi sono le elezioni», taglia corto il capogruppo. E già si profila l’ipotesi del nuovo governatore, quando tra due anni e mezzo scadrà il mandato di Alberto Cirio. Si tratta di Alessandro Canelli, sindaco di Novara da due mandati. Qualcuno lo indica anche come l’unica possibile alternativa allo stesso Molinari, «ma è fantacalcio, io e Alessandro siamo stati soli contro tutti» risponde il capo, che non dimentica i tempi della Lega al 3%, quando in sede mancavano luce e internet. Attenzione, però, a questo Canelli che rispetto a molti suoi colleghi leghisti è già un signore di cinquant’anni. «La Lega in Piemonte è monolitica», spiega lui. «Nessun segreto, a parte una linea politica chiara, dall’impronta molto sociale, senza snaturare le origini. Dicono che manchi la dissidenza? Ma quella dipende da come la si fa. Chi dissente soltanto per rompere le scatole non aggiunge nulla alla causa, e lo fa per interesse personale. Le idee diverse esistono anche tra di noi, però c’è modo e modo di porle. La nostra rapida espansione, a volte persino un po’ troppo rapida, ci ha insegnato a organizzarci sul territorio, la politica a tavolino non ci riguarda. Oggi abbiamo tre sindaci in capoluoghi di Regione e molti altri in Comuni piccoli, medi e grandi. E abbiamo ancora ben presente che un capo è importante: Riccardo Molinari sa ascoltare, e non mi risulta che Matteo Salvini abbia perso leadership e carisma, quella è solo una falsa narrazione». L’ampolla con l’acqua del Po e la “bagna càuda” non sarà piena come un tempo, ma nemmeno prosciugata.