la Repubblica, 21 febbraio 2022
I rapitori di Attanasio volevano 50 mila dollari
«Volevano 50mila dollari altrimenti ci avrebbero portato nella foresta. Ma noi quei soldi non ce l’avevamo». Se un movente si cercava, nell’assurda morte del nostro ambasciatore in Congo, Luca Attanasio, e del carabiniere della sua scorta, Vittorio Iacovacci – uccisi un anno fa, il 22 febbraio, lungo la strada tra Goma e Rustshuru, mentre tornavano dalla visita a un villaggio organizzata dal Pam, l’agenzia alimentare dell’Onu – la procura di Roma lo ha trovato: 50mila dollari, un rapimento a scopo di estorsione finito male. Se invece si cerca una spiegazione – a leggere gli atti della chiusura indagini che vedono indagati due dirigenti del Pam – quella invece va trovata nella lunga catena di errori ed omissioni, sette individuati dalla stessa Onu, che hanno lasciato il nostro ambasciatore e il carabiniere senza l’adeguata sicurezza. Anche perché, come ammette lo stesso Rocco Leone, il dirigente del Pam indagato a Roma, le carte non erano in regola. «Il nome dell’ambasciatore – dice – non era nei documenti di viaggio». Se ci fosse stato, le modalità di sicurezza sarebbero state diverse: utilizzare per esempio quella macchina blindata rimasta in garage. «Il viaggio – racconta al procuratore aggiunto di Roma, Sergio Colaiocco e ai carabinieri del Ros, Mansour Rwagaza Luguru, l’altro funzionario Pam indagato – stava procedendo bene. Quando siamo arrivati a Kibumba, in una località che si chiama Trois Antenne, sono usciti bruscamente dalla foresta sei soggetti: 4 armati di Ak-47 e 2 di machete. Uno di questi ha puntato l’arma e l’altro ha sparato. Gli assalitori ci hanno intimati di consegnare i soldi e così facendo ci avrebbero lasciati. Gli ho risposto che non ne avevamo, che noi eravamo quelli che distribuiscono il cibo alle popolazioni. Volevano 50mila dollari altrimenti ci avrebbero portati via nella foresta e poi avrebbero chiesto un riscatto». Il congolese raggiunge il veicolo su cui viaggiava l’ambasciatore e Leone. «Ho spiegato a Rocco che era una rapina. Siamo scesi e siamo stati oggetto di una perquisizione. Dopodiché ci hanno detto di avanzare nella foresta. Quando abbiamo cominciato il percorso, gli assalitori si sono agitati: la popolazione era accorsa e aveva cominciato a gridare e venire verso di noi. Ci chiedevano di correre veloci, la foresta era difficile da penetrare e correre. Siamo caduti spesso. Ci spingevano per andare sempre più veloci e sparavano in aria perché la popolazione urlava (...) A circa 2 chilometri ho sentito degli spari diversi dall’Ak 47 (...) Gli assalitori hanno cominciato a rispondere al fuoco (...) Erano totalmente nel panico perché hanno capito che era l’esercito (...) Poi c’è stato un minuto di silenzio ed è successo il peggio (...) Il Carabiniere si è alzato e ha provato a sollevare l’ambasciatore dalla cintura», come a fargli da protezione. «Ho visto che gli assalitori sparavano contro la guardia del corpo e l’Ambasciatore, hanno tirato quattro colpi contro di loro». Iacovacci è morto sul colpo. Attanasio qualche ora dopo, mentre lo portavano in ospedale.