La Stampa, 21 febbraio 2022
Il sogno di Francis Ford Coppola
Il regista Francis Ford Coppola, 82 anni, ha girato 25 film e vinto cinque Oscar, produce vino nella Napa Valley e potrebbe godersi in pace i molti soldi che ha. Li spenderà invece quasi tutti, almeno 120 milioni di dollari, per finanziare il film che sogna di fare da 40 anni, e per il quale non trova finanziatori. Ha già il titolo, Megalopolis, e la trama, una storia d’amore ambientata in una New York che dovrà ricordare l’atmosfera ambiziosa e competitiva dell’antica Roma. Coppola spera che il suo ultimo film (ma chi può dirlo?) diventi un classico e che, di generazione in generazione, la gente lo riguardi almeno una volta ogni anno per riflettere su se stessa.
Di Megalopolis si parla da tempo, ma Coppola ha rivelato a Gentlemen’s Quarterly (GQ) molti dettagli in più su quello che pensa del film, sul perché lo vuole fare e sulle ragioni per le quali non ha più alcuna simpatia per Il Padrino, il film che lo ha reso famoso e di cui cade, proprio quest’anno, il cinquantenario. La storia d’amore del nuovo film sarà un pretesto per indagare sulla natura umana e porre una domanda di fondo: la società nella quale viviamo è davvero l’unica disponibile? Coppola spera che il film venga proiettato ogni Natale come avviene per La vita è meravigliosa di Frank Capra, e che tra i propositi del nuovo anno degli spettatori ci sia anche un’aperta discussione sul nostro modo di stare insieme.
Può darsi che il riferimento al film di Capra non sia di buon auspicio. Uscito nel 1946, fu stroncato da molti critici ed ebbe una modesta accoglienza nelle sale, facendo perdere alla Rank 500 mila dollari. L’Fbi lo segnalò come un prototipo della propaganda comunista, perché dipingeva un personaggio, Henry F. Potter, come un avido e spietato banchiere, lo stereotipo del capitalista secondo i rossi. Oggi La vita è meravigliosa è considerato uno dei più grandi capolavori del cinema americano ed è custodito nella Libreria del Congresso. Anche Frank Capra e James Stewart lo consideravano il loro miglior film, ma in realtà la vera ragione per la quale viene trasmesso in tv e riproposto ogni Natale è che – oltre a far piangere e ispirare buoni sentimenti – i diritti sono scaduti, e costa poco.
Coppola non vuole più girare film sulla base delle esigenze di Hollywood, vuole fare di testa sua, obbedire a quello che gli suggeriscono il cuore e la mente. Ci aveva già provato nel 1982, con Un sogno lungo un giorno, che costò 26 milioni di dollari e ne incassò 600 mila. Per ripianare i debiti con le banche, il regista dovette vendere gli studios e tirare letteralmente la cinghia per molti anni. Oggi parte però da basi più solide. Vive in California nella tenuta di Hinglenook, che grazie a un ottimo vino gli frutta parecchi soldi. Guida una Tesla a velocità che amici e parenti giudicano folli. Cerca ancora di dimagrire, ma tutto il resto funziona, ha bisogno solo di un apparecchio acustico. Si sforza ancora di capire gli esseri umani, e per farlo sta leggendo il libro cinese Il sogno della camera rossa, il più esteso testo della letteratura mondiale, che dispensa consigli e allegorie sulla vita in ben 120 capitoli.
A Hollywood, il problema del voler fare film troppo personali è che nessuno vuole mai darti i soldi di cui hai bisogno. Coppola ha raccontato che ancora oggi possiede lui Apocalypse Now, perché quando lo propose i produttori non ne volevano sapere: era troppo cupo, ancora più tormentato del romanzo di Joseph Conrad. Aveva 37 anni e aveva già vinto cinque Oscar, ma non bastava. «Più un film è personale – ha detto -, più rappresenta un sogno, e più è difficile finanziarlo».
Nemmeno il cinquantenario del Padrino aiuterà il regista a trovare i soldi. Coppola non ha buoni ricordi del film che lo ha reso famoso. Paramount gli propose di girarlo perché possedeva i diritti del romanzo di Mario Puzo, ma sul set tutti si odiavano e il più odiato di tutti era Al Pacino. Dovette insistere per ingaggiare Marlon Brando, ma durante le riprese niente funzionava mai. I produttori, a un certo punto, pensarono di sostituirlo con un altro regista, Elia Kazan, perché Coppola era pieno di dubbi e troppo incerto su cosa fare ad ogni ripresa. Molti capolavori nascono così, quasi per caso, contro ogni apparenza. «Il Padrino è il film che mi ha rovinato – dice oggi Coppola – perché tutto ciò che ho fatto dopo è stato misurato con quel film». E ancora: «Se avessi girato solo film di mafia ora sarei molto ricco, ma non sarei cresciuto, non avrei imparato nient’altro».
E invece ecco Megalopolis, il punto terminale di una grande, stupefacente carriera, il sogno di una vita al quale nessun altro crede, un po’ com’era stato per Fellini con Mastorna. Ma il meglio della vita, il momento più felice che un essere umano può avere, al di là dell’amore, dei figli quando nascono e di poche altre cose, è per Coppola quello in cui si realizza un sogno che hai avuto e hai coltivato, senza scordartene mai. —