Corriere della Sera, 19 febbraio 2022
Un’altra intervista ad Armani
Trent’anni dopo gli States, Armani A|X, cioè l’Armani più democratico che ci sia (40 euro per una t-shirt «basic» contro i 100 di Emporio o i 200 della Giorgio Armani) apre in Italia per la prima volta.
Perché solo ora?
«Il tempo di questa attesa appare lungo, ma dal mio punto di vista è perfettamente integrato alla crescita e allo sviluppo di questa linea. Ora è il momento giusto, per la crescita del business, ma anche per il target. Quello che appariva infatti come uno stile preciso per consumatori giovani, è diventato negli anni un modo di essere transgenerazionale e internazionale, che adesso offro a un pubblico ancor più vasto».
E cosa si aspetta?
Pubblico più vasto
Quello che trent’anni fa appariva come uno stile preciso per giovani
è diventato transgenerazionale
e internazionale
«Mi aspetto interesse, energia, e un desiderio soddisfatto. Per anni A|X è stata una linea difficile da trovare fuori dagli Stati Uniti: un Armani diverso, immediato, metropolitano, decisamente democratico anche nel prezzo. Da quando abbiamo riacquisito il marchio facendone uno dei nostri tre pilastri, è iniziata una nuova strategia distributiva. Milano è il centro di gravità di quel che faccio: per questo ho voluto qui lo store più grande d’Europa, in una location popolare e quanto mai trasversale per pubblico ed età. Mi aspetto che la gente consideri questo negozio come un punto saldo».
La moda democratica prima di tutti, come nacque?
«Il progetto è nato nel 1991, e come sempre dall’osservazione della realtà che avevo intorno. Era un momento di fermento, soprattutto nelle metropoli, con i giovani che reclamavano nuovi spazi e uno stile lontano dall’ostentazione. Ho immaginato una serie di capi quasi industriali, molto accessibili, con un’impronta fresca, inaspettata, in sintonia con l’energia del mondo a cui mi rivolgevo. Per rappresentare tutto questo, sottolineando quanto quei vestiti fossero pensati per stare bene sulle persone, scelsi l’immagine della vite e del bullone, che si avvitano per natura a perfezione, diventata poi iconica. Ho anticipato la moda democratica, sì, ma in quel momento ho solo seguito un’intuizione, di business e di stile. Il primo negozio lo aprii a Soho proprio nel dicembre 1991 con un concept funzionale e semplice, spoglio, per un’esperienza di shopping innovativa. Il resto è storia».
Il gioco di squadra
Se avessi vent’anni forse sarei uno sportivo:
amo il gioco di squadra,
la disciplina, la fatica Vestirei in modo essenziale e personale
Ci sarà stato qualcuno che un giorno l’ha fermata e le ha detto: «Signor Armani, ho un suo abito» scoprendo poi che era un A|X... Cosa ha pensato?
«Sì, mi è capitato anche questo. La mia reazione, sempre, è di sorpresa e di orgoglio: mi piace parlare a tutti, alle star come alla gente per strada. Penso anzi che questa trasversalità sia la forza di quel che ho creato».
Le piace più l’idea dell’aspirazione o dell’appartenenza? Cioè con A|X aspiri a vestire Armani o appartieni al mondo Armani?
Senso di appartenenza
È l’aspirazione, almeno pr quel che riguarda la moda, a scatenare il desiderio di appartenenza L’equilibrio è sottile
«Le due cose si devono escludere per forza? L’appartenenza è un sentimento forte, rassicurante, di cui oggi c’è molto bisogno nell’incertezza generale e nella scarsità di valori condivisi. Ma è l’aspirazione, almeno per quel che riguarda la moda, a scatenare il desiderio di appartenenza. L’equilibrio è sottile, ed è un aspetto sul quale mi impegno molto».
La leggenda racconta che lei controlla tutto. Diamo per scontato che sia così anche per A|X e che comunque dia delle linee guida. Quali sono?
«La linea guida è una, quella di sempre: guardare al mondo e rispondere prontamente, pensando al proprio pubblico di riferimento per anticiparne bisogni e desideri, o semplicemente per soddisfarli. Tenendo ben conto di uno stile e di un’etica precisi».
L’uniforme
Più cose faccio e meno distrazioni estetiche voglio per me Questo mi ha portato
al pragmatismo dell’uniforme
I giovani e la moda: un fatto di educazione o di cultura?
«Un fatto di espressione: per i giovani la moda è questo, e c’è una bellissima libertà in quel che fanno».
Lei per primo, fra l’altro, indossa sempre le sneaker e da sempre la t-shirt. La prima volta che scelse per sé questi due pezzi fu?
«Non lo ricordo quasi più, mi sembra di esserci nato con la maglietta blu e le scarpe da ginnastica bianche. Per me è stato parte di un processo di sottrazione: più si matura, di meno cose si ha bisogno. Ma è stato anche parte di un processo creativo: più cose faccio, meno distrazioni estetiche voglio per me, e questo mi ha portato al pragmatismo dell’uniforme».
Se Giorgio Armani oggi avesse 20 anni chi sarebbe? Cosa farebbe? E soprattutto come si vestirebbe? Sarebbe disposto a spendere follie come fanno tanti ragazzi?
«Se avessi vent’anni forse sarei uno sportivo: amo il gioco di squadra, il coinvolgimento totale, la disciplina e la fatica. Penso che vestirei in modo essenziale e personale. Sicuramente vestirei anche A|X, perché è una linea modulare e facile. Visto il mio spirito critico, sarei poco propenso a cadere nelle trappole del marketing spinto, e non penso che spenderei cifre folli. Ma non ho vent’anni: queste sono solo supposizioni di un adulto che ha molto vissuto e che guarda al mondo dei giovani con curiosità e trasporto».