Corriere della Sera, 19 febbraio 2022
Calenda, il Pd e il caos con il 5 stelle
Roma Da un lato la questione delle alleanze nel centrosinistra e la mano tesa di Letta a Calenda (con il successivo reiterato stop di quest’ultimo ai 5 Stelle), dall’altro il nodo del governo. Nel giorno in cui inizia il congresso di Azione i leader di maggioranza si presentano alla kermesse e rispondono al richiamo all’ordine di Mario Draghi. Alle 9.30 al Palazzo dei Congressi dell’Eur c’è già il pubblico delle grandi occasioni: oltre mille partecipanti fra delegati e iscritti e le prime file già occupate da Enrico Letta (Pd), Roberto Speranza (Leu), Giovanni Toti (Coraggio Italia), Ettore Rosato (Italia viva), Benedetto Della Vedova (+Europa). Ad eccezione del leghista Giancarlo Giorgetti che si collegherà da remoto.
Il primo intervento è del segretario del Pd: «Noi dobbiamo senza alcuna ambiguità portare avanti l’azione riformatrice del governo Draghi». Il messaggio è forte e chiaro e, non a caso, gli farà eco il numero due della Lega: «Serve un esecutivo che decida, una democrazia che aiuti la crescita senza pensare a tornaconti elettorali. Serve un importante impegno di riforme: da vent’anni abbiamo avuto cambi di maggioranze, solo in questa legislatura un campionario incomprensibile per i nostri osservatori esteri». Per Tajani, Draghi «è l’unico in grado di tenere unite forze politiche differente». Sulla stessa scia il renziano Rosato: «Abbiamo la fortuna di avere Mario Draghi come il miglior premier che il nostro Paese possa avere, uomo di straordinaria autorevolezza nazionale e internazionale». Batterà lo stesso tasto, Toti: «Quest’anno è fondamentale e il governo deve essere messo in condizione di lavorare». In coro lodano e blindano Draghi e più di qualcuno sussurra dalla platea che «la giornata di oggi ha sigillato il governo Draghi anche dopo le urne del 2023».
Ma a dominare è anche la riflessione sul prossimo appuntamento elettorale. Letta preconizza un campo largo del centrosinistra con dentro anche Azione: «Sono sicuro che insieme faremo grandi cose per il futuro dell’Italia, che insieme senza ambiguità vinceremo le Politiche 2023 e dopo il voto daremo un governo riformista, democratico e europeista eletto dai cittadini per rendere la politica al servizio del nostro Paese». Per Calenda la cosa si potrebbe anche fare «a condizione che non ci siano i 5 Stelle, ma sappiamo che questo non ci sarà: tutti fanno delle scelte dissennate, l’unico modo per spezzare è creare un fronte repubblicano per ricentrare la politica italiana sulle riforme». Insomma, al momento l’alleanza con il Nazareno sembra lontana. Forse Calenda ha più apprezzato la chiusura dell’intervento di Giorgetti quando il ministro dello Sviluppo economico ha sottolineato che «sicuramente per cambiare in meglio il Paese ci saranno grandi spazi di collaborazione». Una mano tesa che sembra prefigurare l’ipotesi di un governo largo anche dopo le elezioni del 2023. E allora non è un caso se la replica di Calenda non sia un’alzata di spalle: «Se la Lega è quella di governo, che accetta per l’Italia il destino comune europeo e diventa un partito popolare italiano assieme a Forza Italia, ci si deve dialogare. Se invece è quella di Salvini che un giorno dice una cosa e il giorno dopo un’altra, no».