la Repubblica, 19 febbraio 2022
Dopo Epstein anche il francese Jean-Luc Brunel si suicida in carcere
LONDRA – Un altro suicidio in carcere danna il sordido cerchio dell’inferno e di perversione di Jeffrey Epstein. Come il finanziere pedofilo americano morto nell’agosto 2019 in cella a New York, nella notte tra venerdì e sabato si è tolto la vita anche il 75enne francese Jean-Luc Brunel. Pure lui accusato di violenze, abusi sessuali e di traffico di donne per soddisfare gli istinti sessuali di Epstein e dei suoi amici potenti, Brunel era rinchiuso nel carcere di Parigi “La Santé”, dopo le denunce di decine di donne. E, come per Epstein, nessuna telecamera ha registrato la sua morte. Anzi, Brunel non era sotto osservazione in carcere, perché non considerato a rischio suicidio.
«La morte di Jean-Luc Brunel, che ha abusato di me e molte altre ragazze e giovani donne, chiude un altro capitolo di questa vicenda», ha scritto su Twitter la 38enne americana Virginia Roberts Giuffre, «certo sono delusa di non aver avuto la possibilità di affrontarlo in un’aula di tribunale ed avere giustizia. Ma allo stesso tempo sono soddisfatta del fatto che Brunel fosse in carcere grazie alle mie testimonianze».
Già. Perché l’ex schiava sessuale di Epstein e grande accusatrice del principe Andrea – dal quale ora avrebbe ricevuto circa 14 milioni di euro per chiudere la causa civile contro di lui – aveva inchiodato anche il francese con le sue rivelazioni: «Epstein mi disse che aveva dormito con più di mille ragazze procurategli da Brunel», principe della moda e dei party parigini con i suoi vestiti sgargianti, che reclutava centinaia di ragazze all’anno per la sua prestigiosa agenzia di modelle Karin.
È negli anni Ottanta che il talent scout parigino conosce il miliardario americano tramite la sua ex compagna e amica di Andrea, Ghislaine Maxwell. Il sodalizio tra i due sembra così solido, che Brunel, oltre ad essere accusato di aver prostituito molte donne per l’americano, per anni ha ricevuto fondi proprio da Epstein per un’altra agenzia: la MC2 Model Management, che Brunel fonda in America negli anni Novanta e che fa scoprire al mondo modelle del calibro di Christy Turlington e Milla Jovovich.
Ma allora, come il produttore americano Harvey Weinstein, Brunel già si portava dietro dicerie e ombre di molestie, di abusi, di sesso in cambio di carriera. Negli anni, numerose ragazze ed ex modelle disgustate iniziano a testimoniare, a parlare ai media. Addirittura si scopre una intervista della rete americana Cbs risalente al 1989 ma mai pubblicata. Alcune giovani donne, come Thysia Huisman, sostengono di esser state stordite o drogate prima di essere violentate. Nel tempo, gli inquirenti francesi ricevono un centinaio di denunce e segnalazioni contro Brunel. Che, alla fine del dicembre 2020, viene arrestato a Parigi, all’aeroporto Charles de Gaulle, mentre prova ad imbarcarsi per il Senegal per “una vacanza”.
Brunel si è sempre detto innocente: «Se si è suicidato è perché si sentiva vittima di un’ingiustizia», sostengono i suoi avvocati. Di lui, tra le tante festose e stravaganti, oggi torna alla mente una foto insieme a Maxwell ed Epstein, sul famigerato aereo “Lolita Express” di quest’ultimo. L’ex “socialite” che massaggia i piedi del pedofilo e compagno americano contro il suo seno, mentre ridono. Brunel di fianco, che si guarda alle spalle.
Di quell’immagine e di questa turpe storia, in vita – e in carcere a New York, dopo la recente condanna – ora rimane solo Ghislaine.