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 2022  febbraio 19 Sabato calendario

Il conto del Covid

Il Covid ci ha feriti nel profondo. Ha seminato lutti, ha scavato nelle emozioni, nelle abitudini, nei nostri equilibri personali e familiari. Ma il Covid ci ha anche piegati economicamente. Con la chiusura forzata delle attività nel periodo del lockdown, con l’inevitabile esplosione delle voci di spesa dei conti pubblici. Prima fra tutte, quella sanitaria. Tra vaccini, acquisti di materiali e servizi, assunzioni di personale da parte del commissario straordinario per l’emergenza e delle Regioni, si arriva a quasi 24 miliardi di euro. Ed è una stima ancora per difetto. Perché tra le voci di spesa c’è stata anche quella privata, difficilmente quantificabile. Quella cioè alimentata e sostenuta dagli acquisti quotidiani legati al Covid da parte di famiglie, piccole e medie imprese, artigiani, commercianti. Ecco una foto dei costi non esaustiva ma sufficiente a quantificare la dimensione della tempesta attraversata.
Dal sistema di raffreddamento per gli hangar dove si custodiscono i vaccini, che costa quanto un appartamento (circa 320 mila euro), ad aghi così economici che per pagare un caffè ce ne vorrebbero 75. Dal grandissimo al piccolissimo. Nell’elenco delle spese da 4,36 miliardi sostenute in questi due anni prima dalla protezione civile e poi dai due commissari straordinari per l’emergenza, Domenico Arcuri e Francesco Figliuolo, c’è un mondo. Il compito «di acquisire ogni bene necessario al contenimento della diffusione del Covid-19 anche in deroga alla normativa vigente» è stato svolto a forza di contratti: 371. Ebbene, sia dal punto di vista della spesa che del numero di pezzi comprati, è in testa il simbolo della lotta alla pandemia: la mascherina (e proprio per gli acquisti di questo dispositivo di protezione, Arcuri è indagato dalla procura di Roma).
A fare gli acquisti sono state 1.600 stazioni appaltanti, dal piccolo comune alla Regione. «I bandi sono molti ma la spesa non è equamente distribuita – dice Mattia Fonzi di Openpolis, fondazione che si occupa di trasparenza dei dati come strumento di partecipazione democratica –. Il peso economico dei bandi del commissario straordinario è nel settembre dell’anno scorso era del 57%».
Farmaci e vaccini
A lungo si è cercata una strategia farmacologica contro il Covid e l’arrivo sul mercato degli anticorpi monoclonali per molti è stata una liberazione, anche se purtroppo per ora non hanno segnato una svolta. I primi acquistati sono stati quelli di Eli Lilly (23.500 trattamenti sa 2.100 euro l’uno per una spesa di 49 milioni) e Roche (altre 40 mila fiale, più o meno allo stesso prezzo). E di recente altri due bandi per acquistare, per 80 milioni, Il monoclonale di Gsk. I trattamenti comunque sono ancora pochi, 46 mila. Poi gli antivirali: del remdesivir di Gilead, altro prodotto non decisivo, l’Italia ha acquistato a più riprese 460 mila trattamenti per 160 milioni di euro. Da poco sono disponibili il molnupiravir di Merck (ne abbiamo comprate 51 mila dosi per 31,6 milioni di euro), e il nirmatrelvir di Pfizer (del quale sono state appena richieste 600 mila dosi per 400 milioni).
Riguardo ai vaccini, nel novembre scorso è stato fatto il «procedimento di scelta del contraente» più alto di sempre. A Pfizer/Biontech andranno 2 miliardi e 450 milioni di euro per 122 milioni di dosi. La scelta va incontro alle previsioni di chi dice necessario un richiamo una volta l’anno. La spesa per i vaccini, che si aggiunge agli altri acquisti del commissario straordinario, è stata tra le più importanti, anche se ci sono accordi che non porteranno a esborsi, come quello con l’italiana Reithera che ha chiuso la sperimentazione, o contratti interrotti (AstraZeneca e Janssen). Dai dati dell’Anac risulta la ragguardevole spesa di circa 2,5 miliardi, che vanno aggiunti a quelli del recente accordo con Pfizer. Il conto per la protezione degli italiani, quindi, sfiora i 5 miliardi.
Regioni sotto pressione
Hanno comprato farmaci, dispositivi di protezione, apparecchiature. Hanno soprattutto assunto migliaia di persone. Il peso economico per i bilanci Regioni è stato pesantissimo. Hanno così chiesto fondi extra al governo, che per ora ha stanziato 1,4 miliardi. Ma solo per il 2021 le amministrazioni locali hanno calcolato 8 miliardi di spese Covid, dei quali 2,2 non hanno copertura. «Solo noi – spiega il presidente del Veneto Luca Zaia – dal 2020 e quest’anno abbiamo avuto costi per 1,7 miliardi». Se si proietta il dato su tutte le Regioni, la spesa sarebbe di quasi 14 miliardi. «Abbiamo vissuto una catastrofe di dimensioni planetarie, inaspettata, che ha portato a costi paurosi – dice Zaia –. Questo Paese deve pensare che il punto di forza sociale ed economico del futuro è rappresentato dalla sanità. Dobbiamo ridisegnarla».
Il “peso” per le Pmi
La spese per la “sanificazione” e l’acquisto di dispositivi medici è costato alle micro e piccole imprese fino a 3,3 miliardi di euro, divisi tra 2,1 miliardi nel 2020 e ulteriori 1,2 miliardi l’anno scorso. È il calcolo a cui è arrivato il centri studi di Confartigianato, su dati di Agenzia delle Entrate e Istat e attraverso l’elaborazione dei crediti di imposta per i presidi sanitari. I costi riguardano la spesa segnalata da aziende con un numero di addetti compresi tra i 3 e i 49. Secondo rilevazioni dell’Osservatorio di Confartigianato Lombardia su oltre 2.400 aziende, nel 2020 il 12,4% delle Pmi hanno riconvertito tutta o buona parte della dell’attività per prodotti destinati a far fronte all’emergenza sanitaria, dai prodotti per la sanificazione alla segnaletica di distanziamento.
Negozi in prima linea
Donatella Prampolini è vicepresidente di Confcommercio e responsabile della Fida, associazioni di alimentari e supermercati, con 60 mila associati che danno lavoro a 300mila persone. È una rete che ha misurato l’impatto della pandemia anche nei momenti più duri del lockdown, avendo sempre tenuto aperto. Prampolini mette in fila tutti gli interventi. Ed è come fare un riassunto di due anni. «Di spese ne abbiamo avute tante. All’inizio le mascherine non le trovavi sotto l’euro poi è intervenuto il prezzo calmierato del commissario. E sempre all’inizio abbiamo pagato i test sierologici, 100 euro ogni volta, 80 per il molecolare». Secondo le stime, si possono calcolare circa 200 euro di spesa media al mese per ogni dipendente: calcolando per il numero degli addetti si arriva a circa 1,1 miliardi solo per gli aderenti alla Fida.
Un calcolo complessivo arriva anche da FederazioneModaItalia, la rete di negozi di abbigliamenti sempre legata a Confcommercio: 146 milioni di spese nel 194mila punti vendita, secondo il direttore generale Massimo Torti.
Lo scontrino delle famiglie
Il dato arriva da Iqva, una delle società di consulenza più ascoltate, a livello globale, dalle case farmaceutico, 67mila dipendenti e 60 sedi nel mondo. Analisi da cui si possono anche dedurre quanto hanno speso gli italiani per fronteggiare la pandemia. Solo per il 2021, parliamo di una cifra pari a 283 milioni: una spesa che si riferisce ai presidi più diffusi in assoluto: 140 milioni per i test antigenici gli italiani hanno speso 140 milioni, 143 milioni – per la dotazione di mascherine.