Il Messaggero, 20 febbraio 2022
Biografia di Amerigo Vespucci
Il 22 febbraio 1512 moriva a Siviglia Amerigo Vespucci. Se a Cristoforo Colombo va il merito di aver scoperto l’America, a Vespucci va quello averne dato il nome. Non solo: anche l’espressione Nuovo mondo è stata coniata da lui, nelle lettere che inviava agli amici. E in effetti l’ampiezza delle sue esplorazioni oltrepassò di gran lunga quella del più noto ammiraglio genovese, estendendosi fino al Venezuela e al Brasile. Era nato a Firenze il 9 marzo 1454 da una nobile famiglia di benestanti. Era un abile finanziere, e a 25 anni fu inviato in Spagna dai Medici per tentare delle transazioni con debitori difficili. Lì conobbe Cristoforo Colombo, che forse gli passò la febbre dei viaggi transoceanici. Nel 1495 ottenne dal re Ferdinando somme sufficienti ad equipaggiare dodici vascelli. Con questa ciurma, indisciplinata ma esperta, effettuò (scrisse poi) ben quattro viaggi, e il 16 giugno 1497 raggiunse, primo tra gli europei, il continente sudamericano.
LE AMBIGUITÀ
I suoi resoconti, infarciti di contraddizioni e ambiguità, suscitarono vari dubbi, ma lo stesso Colombo, in una lettera indirizzata al figlio Diego nel 1505, sembrò prestargli fede. Nel 1508 Vespucci fu nominato a vita piloto mayor, cioè capo di tutti i piloti di Spagna. L’anno prima Martin Waldssemuller, professore di cosmografia, ritenendo attendibili le relazioni dell’infaticabile marinaio, aveva suggerito che le terre da lui scoperte fossero chiamate Amerige, o America. Quest’ultimo nome fu definitivamente consacrato da Gerardo Mercatore, le cui carte costituiscono ancora il vangelo dei naviganti. Alla sua morte, la salma fu rimpatriata a Firenze, ma la sua tomba è incerta come la veridicità delle sue lettere. Quale che sia la destinazione delle sue ossa, non possiamo che inchinarci riverenti davanti a tanto coraggio, amore di sapere e di avventura.
SCONVOLGIMENTI
Insieme a Giovanni Caboto, Vasco Nunez de Balboa, Vicente Pinzòn, Vasco de Gama e Ferdinando Magellano, Vespucci terminò l’opera iniziata mezzo millennio prima da Leif Eriksson, il vichingo che probabilmente per primo era sbarcato nel Nordamerica. Fu una rivoluzione epocale, pari a quella della ruota, dell’aeroplano e dei moderni mezzi di telecomunicazione. Il fallimento delle crociate aveva lasciato ai Turchi il dominio del Mediterraneo orientale e reso pericolose le antiche strade di commercio verso l’Est: lo sguardo rivolto all’Ovest fu dunque l’inevitabile risultato di questo sconvolgimento.
Ma le conseguenze non furono solo di ordine commerciale, anche se l’apertura dei mercati mondiali rivoluzionò gli equilibri politici e militari della vecchia Europa, e determinò la decadenza di molti porti a cominciare da Venezia. Cambiò anche l’alimentazione, con l’arrivo di nuovi prodotti, dalla patata al carciofo al mais; rincararono i prezzi, per l’improvviso afflusso di oro e argento; si crearono nuovi flussi migratori, dai dissidenti religiosi perseguitati in casa fino agli avventurieri e ai mercanti di schiavi attratti dagli enormi profitti.
LO SCETTICISMO
Ma gli effetti morali e intellettuali non furono inferiori. La Chiesa guadagnò in quel vasto emisfero più fedeli di quanti ne stesse perdendo con le riforme di Lutero, di Calvino e di Enrico VIII. Ma al tempo stesso la nostra mentalità europea, fino ad allora solo sfiorata dalle più antiche culture orientali, dovette confrontarsi con culture, abitudine e fedi nuove, originali e inquietanti. Molte certezze cominciarono a vacillare, e la conversione più o meno forzosa di popoli considerati selvaggi non compensò il corrosivo scetticismo derivante dal confronto con civiltà millenarie ed evolute.
L’UNIVERSO
Non solo. L’orgoglio della conquista spinse gli intelletti più vivaci a estendere la loro curiosità oltre gli oceani e le terre emerse, e l’esplorazione del cielo fu la conseguenza inevitabile della constatazione della limitatezza dei nostri confini. Copernico, contemporaneo di Amerigo Vespucci, allargò la visione e la dinamica dell’Universo, e ridusse la terra da centro della Creazione a periferico accessorio di miliardi di galassie.
Stimolata dalle nuove prospettive, la curiosità degli studiosi volle riconsiderare l’uomo e il suo posto nel mondo, intraprese lo studio della biologia con Gesner, del corpo umano con Andrea Vesalio, Ambrogio Paré e Paracelso, e infine della mente e della sua relazione con Dio da parte degli scettici e dei liberi pensatori. Probabilmente senza la scoperta del Nuovo Mondo non ci sarebbero stati il deismo di Bolinbrooke e di Collins, i Dizionari filosofici di Bayle e di Voltaire, l’enciclopedismo di Diderot e D’Alembert, fino al positivismo di Comte e l’evoluzionismo di Darwin. Niente quanto lo scambio di culture rivela agli uomini la relatività delle opinioni e l’estensione dei pregiudizi.
GLI INVASORI
Naturalmente gli effetti di questa rivoluzione non furono subito percepiti, e si limitarono alle imprese dei conquistadores attratti più dall’oro che dalla conoscenza. Non dobbiamo giudicare la loro rudezza con il metro di oggi. Cortez, Pizarro e gli altri fecero quello che Caldei, Egiziani, Israeliti, Persiani, Greci, Romani e tutti i Paesi europei avevano fatto nei secoli precedenti: la politica dell’utile e della forza e della conquiste. Nemmeno gli indigeni sottomessi erano meglio dei loro invasori, i Maya e gli Aztechi non consideravano la vita umana più sacra di quella di un caprone. È soltanto la nostra ignoranza della storia a suggerirci infantili illusioni sulla bontà dell’uomo primitivo.
LA RIMOZIONE
E tuttavia anche le statue e le effigi di Amerigo Vespucci sono oggi vittima della furia iconoclasta del politicamente corretto, e assieme a tante altre sono bersaglio soprattutto negli Stati Unti e in Gran Bretagna – di rimozione e di scherno da parte di una schiera di esaltati, corrosi da una disciplina espiatoria e penitenziale. A questi esploratori vengono addebitate le colpe di aver provocato stragi e distrutto culture, dimenticando che virtute e conoscenza perseguite da Ulisse hanno un prezzo doloroso, imposto da una inflessibile legge di natura ma ampiamente ripagato dal progressivo allungamento della vita e dal miglioramento delle sue condizioni. Offendere la memoria di questi intrepidi esploratori è come bruciare i poeti omerici per la loro apologia dell’eroismo guerriero. L’Italia, per fortuna, non si è ancora abbassata a simili nefandezze puerili. Ed è per noi motivo di orgoglio che la nostra nave più gloriosa e più bella, rechi il nome di Amerigo Vespucci.