Il Messaggero, 20 febbraio 2022
Boom del tonno in scatola
Dopo l’anno record arriva il record dell’aumento dei costi. Mai così alte le vendite come nel pieno della pandemia Covid e mai, come adesso, un’impennata generalizzata di tutte le fonti di spesa – spesso invisibili – nel settore delle conserve ittiche. «Ne abbiamo viste tante di crisi, ma come questa mai», sintetizza Simone Legnani, presidente dell’Ancit, l’associazione degli industriali del comparto. La voce che più di tutte preoccupa le aziende è una materia prima di cui poco si parla: la scatoletta in banda stagnata. È il principale materiale di imballaggio per le conserve ittiche e incide per il 30% sui costi di produzione. Le aziende italiane di conserve di tonno, acciughe e sgombro utilizzano ogni anno 650 milioni di scatolette per un totale di circa 16mila tonnellate di banda stagnata. Nel 2021 i prezzi dei nastri di coils in acciaio e stagno necessari per produrre la banda stagnata, di cui è costituita la scatoletta, sono cresciuti in media del 60% per i laminati a caldo e del 30% per i laminati a freddo, mentre il prezzo dello stagno al London Metal Exchange ha registrato un aumento prossimo all’85%. Anche il prezzo dell’alluminio, materia prima per alcuni imballaggi metallici, ha registrato un incremento complessivo del 41%. «Inoltre spiega Legnani ci sono stati tutti gli altri aumenti, a partire dai picchi delle commodity energetiche, con gravi conseguenze sull’utilizzo di celle frigorifere e di apparecchi per la sterilizzazione industriale».
I COSTI
Impressionante l’incremento a livello internazionale dei prezzi dei noli marittimi dei container che sono la principale modalità di trasporto del tonno dai continenti dove viene pescato all’Italia dove viene lavorato. Il prezzo del trasporto su container, misurato dal Word Container Index, è cresciuto del 243% rispetto al 2020, toccando il livello massimo storico. Infine, l’olio d’oliva utilizzato nella conservazione costa il 38,4% più del 2020. «Siamo compressi denuncia il presidente di Ancit – tra l’incremento dei costi e l’esigenza di non farli ricadere sul consumatore finale. È una spirale inflazionistica pericolosissima e la congiuntura è tale da non permetterci di fare previsioni perché i prezzi vengono ridefiniti mese per mese e non si riesce a programmare un vera pianificazione». Insomma, una situazione talmente difficile che «rischia – teme Legnani – di far spegnere la macchina a molte aziende». Nonostante il settore non possa certo lamentarsi dei risultati degli ultimi anni: un giro d’affari di 2 miliardi di euro, realizzato da una ventina di aziende con un totale di circa 1.600 addetti.
IL MERCATO
La parte più consistente riguarda le conserve di tonno in scatola. In Italia ne consumiamo una media di 2,67 chili pro capite. Il fatturato di acciughe, sgombri, sardine e salmone in scatola è di poco superiore ai 400 milioni di euro. La produzione complessiva è aumentata in dieci anni del 18% ma il valore del 31,3%, grazie all’importante quota di export, cresciuta negli stessi anni del 122%. Siamo i secondi produttori (dopo la Spagna) e i mercati principali, oltre i paesi europei, sono Canada, Arabia Saudita ed Emirati Arabi, Israele. Dopo il boom del 2000, quando una sorta di economia di guerra ha spinto i consumatori a comprare prodotti alimentari da conservare in casa, anche il 2021 ha confermato il trend positivo con un +13,5% in quantità di export nel semestre gennaio-giugno 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020. «Per il 2022 possiamo prevedere conclude Legnani – una riduzione dei volumi, la cui entità sarà sicuramente influenzata dalla disponibilità di chi opera nel settore ad assorbire parte dei costi, come stiamo già facendo noi produttori, e a non scaricare sui consumatori integralmente gli incrementi. Speriamo che per la seconda parte dell’anno la situazione mostri dei segnali di rientro in una logica meno speculativa».