La Stampa, 19 febbraio 2022
Le quattro vie di Putin
1 L’invasioneVenerdì sera Biden ha detto che l’obiettivo russo è colpire Kiev. E l’ammasso di truppe ai confini è in linea – secondo il Pentagono – con questo piano. La cui attuazione dipende da cosa si propone Putin: un regime change o la divisione del Paese. Nella prima ipotesi, per rendere impotente la leadership del Paese, l’operazione scatterebbe con cyber attacchi per neutralizzare le infrastrutture del Paese e la catena di comunicazione militare. Assaggi di questa tattica si sono visti in questa settimana.
Nel frattempo, i caccia annienterebbero l’aviazione ucraina con bombardamenti per 2-3 giorni mentre i tank avanzerebbero verso Kiev da tre direzioni: da Nord (sia dalla Bielorussia, sia da territorio russo); dal Donbass con le truppe corazzate che si spingerebbero oltre il fiume Dnepr; da Sud invece dalle basi in Crimea i soldati russi si spingerebbero verso Odessa. Gli uomini delle operazioni speciali attualmente dislocati in Bielorussia porterebbero avanti azioni di destabilizzazione nel cuore della capitale. È uno scenario definito di «major attack» e farebbe scattare subito le sanzioni occidentali. L’effetto immediato sarebbero – secondo l’intelligence – almeno tre milioni di profughi alle frontiere europee. —
2. Le fette di salameL’Ucraina al momento è circondata da 190mila soldati russi (erano 100mila il 30 gennaio per dare l’idea della rapidità del build-up) e da 50mila bielorussi. A questi si aggiungono truppe non regolari e volontari. Per strangolare Kiev e spaccare il Paese (la Cnn ha definito questa mossa «fette di salame») potrebbe non servire arrivare fino al cuore della capitale. I russi hanno 40 navi da guerra al largo della Crimea. Mezzi anfibi e truppe da assalto sono già in assetto offensivo. Nel Mar Nero dal 13 febbraio c’è anche un sottomarino classe-Kilo (Project 636.3 in gergo russo) equipaggiato con missili Kalibr/Club per gli attacchi a terra e dotato di razzi anti-sommergibile e anti-navi. Lo scopo è conquistare una fetta di terreno che va dalla Crimea fino a Odessa nella zona meridionale dell’Ucraina e «unirla» alla Transnistria, la regione filorussa in Moldova.
Oltre ai contingenti sul Mar Nero verrebbero impiegati i battaglioni di stanza ai confini con il Donbass. Le truppe invece sul fronte settentrionale non entrerebbero in Ucraina ma verrebbero utilizzate per fare pressione sulle difese terrestri e aeree di Kiev per impedire agli ucraini un ridispiegamento nel Sud. L’obiettivo è quello di fatto di generare un «lockdown», paralizzare l’Ucraina e spezzarne il territorio.
3. Il dombass russoLa maggior parte degli strateghi militari colloca nel Donbass il cuore dell’offensiva russa. In questo caso non si tratterebbe di lanciare un «major attack» ma arrivare a obbligare Kiev a riprendere e applicare gli accordi di Minsk o, nell’opzione estrema, agire unilateralmente per annettere le due Repubbliche di Donetsk e Lugansk. La strategia ha tre corni: la disinformazione, il rafforzamento della guerriglia filo-russa e i «false flag», ovvero le provocazioni costruite ad hoc per innescare un conflitto. Negli ultimi tre giorni si sono registrati oltre 70 episodi di violazione del cessate il fuoco e l’utilizzo di armi «vietate» in base alle intese del 2015. Le parti si rimpallano la responsabilità di alcuni attacchi e Putin potrebbe a un certo punto forzare la mano – questo è lo scenario più temuto perché molto concreto – conquistando le due province oppure, più astutamente, riconoscere la loro indipendenza come chiesto dalla Duma, superando a quel punto gli accordi di Minsk. Biden e gli alleati continuano a ripetere che tuteleranno l’integrità territoriale dell’Ucraina. La «caduta» del Donbass farebbe scattare le sanzioni? Su questa ambiguità scommette Putin. —
4. Il blocco dell’economia
È l’opzione della pressione permanente. Ed è quello che la Russia sta facendo da due mesi senza sosta e senza allentare mai la tensione, mescolando gesti apparentemente distensivi – come l’annuncio del ritiro, poi rivelatosi una bugia – e disponibilità a negoziare – la prossima settimana nuovo incontro Blinken -Lavrov – con il build-up militare. Così facendo Mosca recapiterebbe di continuo il messaggio a europei e americani che il conflitto è possibile in ogni momento. Questa strategia si regge su due elementi: il primo è il parziale blocco, grazie al pattugliamento nel Mar Nero delle navi da guerra russe, dell’export di grano e farina dell’Ucraina. Il secondo è il prezzo relativamente basso che Mosca andrebbe a pagare in termini finanziari avendo Nato e alleati finora escluso «sanzioni preventive». A rimetterci sarebbe l’economia ucraina: oltre il 90% del suo grano viaggia attraverso il Mar Nero. Un blocco manderebbe in tilt l’export agricolo che conta per il 45% del totale dei beni esportati e rappresenta (dati del 2020) il 10% del Pil nazionale. Washington ha stanziato un miliardo di dollari per «la resilienza economica» ucraina, ma la cifra è insufficiente per chi già oggi stima di aver perso oltre 5,8 miliardi di dollari per la crisi. —