la Repubblica, 19 febbraio 2022
Draghi vuole incontrare Putin martedì
BRUXELLES – L’obiettivo è organizzare l’incontro entro martedì prossimo. Il tempo, infatti, stringe. E il colloquio tra Mario Draghi e Vladimir Putin non può andare troppo per le lunghe. Anche se non tutto è ancora pronto per far decollare il volo verso Mosca. I contatti diplomatici – con alcune conversazioni in corso tra funzionari dei due Paesi proprio in queste ore nella capitale russa – sono ormai intensissimi. «È stato Putin – ha rivelato ieri il presidente del Consiglio – a chiedere la riunione».
La crisi ucraina sta mettendo in fibrillazione buona parte del mondo occidentale e l’intera Europa. Il rischio di una vera e propria guerra alle porte orientali del Vecchio Continente appare sempre più corposo. La missione del premier italiano – concordata con gli alleati dell’Ue e con il presidente americano Biden – punta allora a facilitare un “rendezvouz” tra il presidente russo e quello di Kiev, Zelenskij. Ma anche a saggiare la possibilità di un summit di livello ancora più alto: quello, appunto, tra l’inquilino della Casa Bianca e del Cremlino. Ipotesi che nelle ultime 24 ore è stata ventilata dalla stessa amministrazione statunitense. «Dobbiamo tenere aperte tutte le possibilità di dialogo in qualunque formato – ha confermato Draghi –. L’ambizione è portare tutti allo stesso tavolo, noi dobbiamo fare tutto il possibile perché ciò avvenga».
E l’Italia è particolarmente interessata a trovare una soluzione. Le ripercussioni sul prezzo del gas e quindi dell’energia per il nostro Paese sono pesantissime. A pagarle sono in primo luogo i cittadini con le bollette ormai schizzate verso punte altissime e mai registrate in precedenza. Una eventuale guerra tra Mosca e Kiev, poi, farebbe ulteriormente esplodere i costi. La nostra dipendenza dal gas russo, infatti, ci espone più di tutti gli altri alleati europei. Basta qualche numero a far capire la situazione: il 40 per cento di tutto il gas che l’Europa importa viene dalla Russia. E in quel 40 per cento l’Italia è la capofila degli importatori, seguita dalla Germania. Roma acquista ogni anno circa 76 miliardi di metri cubi di gas, di questi quasi 30 miliardi arrivano dai gasdotti controllati da Putin. Non solo. Questa fonte energetica costituisce quasi il 50 per cento della produzione di elettricità. «Il presidente russo – ha significativamente riferito il capo del governo italiano – ha accennato alla possibilità di continuare a garantire le fornitura di gas all’Italia e di aumentarla se necessario. Questo va considerato anche alla luce degli impegni e delle relazioni con gli alleati e degli effetti delle sanzioni. È un impegno che apprezzo molto, ma ad oggi rimane solo un impegno». In sintesi: l’Italia non accetterà il ricatto putiniano che promette gas in cambio di accondiscendenza. E Draghi certo non ha alcuna intenzione di incrinare il fronte occidentale nel braccio di ferro con il Cremlino.
È per lo stesso motivo che Italia e Germania sono i due Paesi dell’Ue che chiedono più attenzione e soprattutto più prudenza sulle sanzioni che la Commissione sta preparando contro Mosca. «Si sa – ha ammesso ancora il premier italiano – che certe sanzioni avrebbero più impatto sull’italia che su altri paesi. Quelle che riguardano il mercato energetico impattano di più sul Paese che importa più gas. Noi siamo i più esposti».
La Commissione europea ha sostanzialmente già messo a punto le sanzioni – piuttosto dure – contro il Cremlino. Che riguardano persone e entità, l’import di gas, scambi commerciali e attività finanziarie. Un complesso che punterebbe a prosciugare le riserve economiche della Russia.
Ma c’è un crinale lungo il quale Roma e Berlino si stanno muovendo per evitare di subire le ripercussioni maggiori. Quel crinale corre lungo le condizioni per le quali scatteranno queste misure. È evidente che in caso di vero e proprio attacco, nessuno si opporrà al livello più alto di sanzioni. In caso di operazioni “sotto soglia” cosa accade? Draghi e Scholz mirano a ridurre la quantità e la qualità delle “punizioni”. Anzi, hanno chiesto all’esecutivo comunitario, che ha risposto positivamente iniziando a studiarne i termini e la praticabilità, di istituire un fondo che rimborsi i Paesi destinati a subire le conseguenze più gravi dalle sanzioni. Non solo. In un primo momento era stato inserito nell’elenco predisposto dalla Commissione anche il blocco del sistema bancario Swift che interromperebbe tutti i flussi finanziari tra la Russia e l’Occidente. Ecco, questo provvedimento è stato al momento “sospeso”.
«L’atteggiamento di unità – ha puntualizzato però Draghi impegnato a mantenere l’immagine di unità che Europa e Usa hanno offerto in questi giorni – non conosce sfumature e diversità tra tutti i Paesi e la Nato. Bisogna mantenere una posizione ferma contro un attacco in Ucraina». I giorni della verità, però, devono ancora arrivare.