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 2022  febbraio 19 Sabato calendario

Intervista a Dante Ferretti


Los Angeles
I grandi del cinema raramente si prendono sul serio e Dante Ferretti, 79 anni, scenografo, tre Oscar, un gigante del cinema internazionale non fa eccezione. Ieri ha presentato Conoscenza Carnale: I film di Pier Paolo Pasolini al nuovo museo dell’Academy a Los Angeles disegnato da Renzo Piano, una imponente retrospettiva, organizzata non senza sforzi da Cinecittà, su Pier Paolo Pasolini di cui Ferretti era grande amico e per cui ha disegnato ben nove film. «A Pasolini devo la mia carriera – dice -. Quando ho cominciato con lui in Vangelo secondo Matteo facevo l’assistente scenografo ma lo scenografo vero non veniva mai sul set e quindi dovevo fare tutto io che ero un ragazzino. È andata avanti così per altri due film, Uccellacci e uccellini e Edipo Re, poi Pier Paolo mi ha chiamato per Medea e mi ha affidato completamente la scenografia. Che ho curato in tutti i suoi film, fino all’ultimo Salò e le 120 giornate di Sodoma. Il mio rapporto con lui è sempre stato di grande gentilezza. Mi stimava ed è inutile dire quanto lo stimassi io. Gli sono sempre stato grato, perché è lui che mi ha permesso di fare questo lavoro e che mi ha dato il via. Dopo di lui ho lavorato con Fellini e tanti altri grandi registi, poi mi hanno chiamato in America, ma senza di lui non sarebbe accaduto. Non mi ha aperto solo la porta, mi ha proprio dato tutto il mazzo di chiavi».
Oggi Pasolini, in un mondo dello spettacolo così politicamente corretto e standardizzato, potrebbe fare cinema?
«Penso di sì, non so che tipo di film, ma forse basterebbe raccontare la situazione che viviamo in Italia. Potrebbe fare un bel film comico. I film comici li fanno in tanti… Con me lui parla sempre, continuamente. Lo sogno spesso, parliamo tanto. In verità io non dico niente, ascolto solo, poi visto che sono anche un po’ sordo quello che lui dice lo immagino soltanto. È un rapporto bellissimo. È stato un grande, un grande, un grande, un grande. E oggi credo sarebbe dura per lui vivere in questo mondo, anche dal punto di vista politico. È sempre stato uno scrittore, un poeta, un regista attento, probabilmente farebbe dei film legati a quello che oggi è la nostra vita, oppure andrebbe indietro nel tempo, come ha fatto con Salò per raccontare il passato in una certa maniera, quelle che ci hanno portato all’oggi. Era una persona molto seria, molto legata a tutto quello che accadeva intorno a noi, credo che farebbe le stesse cose».
È giusto dire che aveva lo sguardo rivolto verso gli ultimi, come De André ?
«Lei ha fatto il nome di De André, che combinazione. Lo sa che era uno dei miei più cari amici? Fabrizio ed io siamo stati insieme a Portobello di Gallura per tanto tempo, anche quando ci siamo fisicamente allontanati siamo rimasti molto vicini. Erano, lui e Pasolini, entrambe persone molto sensibili, attente agli altri, due veri poeti con lo sguardo rivolto agli ultimi, agli emarginati, alla gente che nessuno guarda».
Come vede il cinema italiano oggi?
«Non posso dirlo. In questa fase non lo vede nessuno il cinema italiano. Il film di Sorrentino, mi è piaciuto davvero molto, in qualche maniera mi ha ricordato la mia infanzia. Io vengo da Macerata e a 12 anni ho deciso di fare cinema. Un mio amico scultore mi disse che avrei dovuto fare lo scenografo e come il protagonista in È stata la mano di Dio presi un treno verso Roma».
Come vive il declino delle sale cinematografiche? Ora anche grandi registi come Scorsese, con cui ha lavorato a lungo hanno ceduto al fascino dello streaming.
«Con Martin ho fatto dieci film. Non l’ultimo. O meglio, all’ultimo ci abbiamo lavorato per due anni. Poi la pandemia ci ha interrotti e il mio lavoro l’hanno continuato altri. Un vero peccato. Fortunato chi si è trovato il lavoro già fatto. Mi è dispiaciuto molto, amo lavorare con lui, vive per il cinema. E speriamo che il cinema come luogo fisico ritorni, anche se credo sia molto difficile. Anche io spesso guardo il cinema a casa. Sono un bambino, mi allungo sul divano, poi mi addormento e quando mi sveglio è tutto passato. Un tempo andare al cinema era un evento, c’era una modo diverso di vedere la vita. I film riguardavano giovani e anziani insieme. Oggi è più difficile fare vedere il mondo attraverso il cinema ma resta la mia vita».
E il cinema è legato a lei.
«Sei Oscar tra me e mia moglie, (la scenografa Francesca Lo Schiavo, ndr). Cinque David, cinque Bafta, 14 nastri d’argento, tanta roba. Gli Oscar li tengo su una mensola dell’Ikea, sono preoccupato perché temo possa cadere. Pesano molto. Ecco, gli Oscar mi hanno fatto scoprire che l’Ikea fa delle belle mensole…»
Oltre a Sorrentino in corsa per l’Oscar c’è anche Enrico Casarosa, con il film d’animazione Luca. Le piacerebbe lavorare a un cartoon?
«Quando ero un ragazzo squattrinato mi offrirono un lavoretto in quel settore. Dovevo disegnare le bocche dei personaggi, con le diverse espressioni, la a, la u, etc. Mi pagavano 30 lire a bocca e ne riuscivo a fare 30 o 40 al giorno. Alla fine tiravo su lo stipendio di un direttore di banca e mi sentivo ricco, anche se studiavo grazie a una borsa di studio. Portavo tutti gli amici a mangiare in una traversa di via del Babbuino a Roma, in un ristorante che si chiamava ‘Peppino lo zozzone’. Con mille lire alla settimana ti davano mangiare tutti i giorni. Il cibo faceva schifo e se volevi il vino dovevi portartelo, ma erano tempi meravigliosi». —