il Fatto Quotidiano, 19 febbraio 2022
Il pentito di Cuore
Come in una canzone dei Baustelle – “il futuro desertifica/la vita ipotetica” – gli ex ragazzi di Cuore osservano la foto ingiallita di trent’anni fa. La loro rivista è stata una gemma del giornalismo satirico e una fabbrica di titoli dissacranti e fenomenali, piantati nell’immaginario collettivo: “Scatta l’ora legale. Panico nei socialisti”; “Hanno la faccia come il culo”; “Aiuta lo Stato, uccidi un pensionato”; “I mafiosi onesti: ‘Basta con Andreotti’”. Cuore era un’avanguardia che aveva visto arrivare l’onda anomala di Tangentopoli persino prima della stampa “seria”. Aveva intercettato e contribuito a edificare il sentimento di un Paese sfinito dalle ingiustizie e dalla voracità rapace della sua classe dirigente.
Trent’anni dopo il più famoso dei ragazzi di Cuore, il fondatore Michele Serra, da tanto tempo corsivista di Repubblica, ha confessato il suo pentimento. In linea con un sentimento di revisionismo di quegli anni oggi molto in voga, Serra ha detto, scritto e fatto capire di riconoscersi poco nella satira di Cuore. Ha abiurato una scelta in particolare: “Se avessi diritto di censura postuma, non farei la prima pagina con Craxi dietro le sbarre e il titolo ‘Pensiero stupendo’. Non è mai un pensiero stupendo qualcuno in galera”.
Gli altri di Cuore che ne pensano, si riconoscono nella stessa foto ingiallita? Sono pentiti anche loro? Ad ascoltarli, pare proprio di no. Andrea Aloi è stato l’ultimo direttore e l’inventore del mitico titolo sull’ora legale: “Nessuno augurava il carcere a Craxi – dice —, quelle sbarre erano un artificio. Lui era il simbolo del potere. Non era il Craxi delle monetine o di Hammamet; non abbiamo fatto satira su di lui quando è caduto in disgrazia. Era al suo apice e lo prendevamo sonoramente per i fondelli”. In ogni caso, ragiona Aloi, “giudicare i fatti di ieri con gli occhi di oggi ha davvero poco senso”.
Alessandro Robecchi è stato uno dei giovani talenti adottati dalla redazione di Cuore. Li ricorda come anni “irripetibili”: “Non riesco a commentare un titolo di 30 anni fa. Se allora funzionò, vuol dire che colse lo spirito dell’epoca. Non sono incline al pentimento”.
Qualcuno invece va giù duro sull’ex compagno Serra. Il disegnatore Riccardo Mannelli non ha mai nascosto l’indole ruvida e radicale proprio come Il Male, la rivista satirica di cui fu tra i protagonisti, antenata di Cuore, ancora meno incline a certi scrupoli morali, o moralistici. “Questo pentimento è triste – dice Mannelli –, è il segno di un’omologazione ipocrita. Non sempre i discorsi morali sul linguaggio sono una forma di emancipazione, spesso diventano forzatura, piaggeria, conformismo”.
Secondo Vauro Senesi, senza tanti giri di parole, “Michele ha detto una bella cazzata”. C’è poco da pentirsi: “Ai tempi, per fortuna, facevamo cose molto peggiori di quel titolo su Craxi. Non avevamo il virus del politicamente corretto che adesso infesta la fantasia collettiva. Oggi pare che la libertà da questo morbo sia monopolio della destra. E che la sinistra abbia abdicato alla fantasia in nome di un conformismo che nasconde la nullità di visione politica”.
Luca Bottura ai tempi di Cuore era un giovane autore satirico, più tardi ha ritrovato Serra a Repubblica. Ha un giudizio più sfumato: “Michele fa un ragionamento personale che in parte è condivisibile, la maturità ti può portare a considerazioni diverse. Ma Cuore ha sempre mirato ai potenti. Attaccavamo Craxi prima della sua caduta. Quando anche i magistrati sono diventati un potere, abbiamo fatto satira sul pool: io curavo personalmente il filone su Di Pietro ‘superman’, prendevamo in giro la sua santificazione pubblica”. Anche Lia Celi è cresciuta in quella straordinaria fucina: “Più che giustizialisti eravamo donchisciotteschi. Eravamo così sicuri di essere nel giusto che abbiamo sdoganato un linguaggio che forse è diventato un’arma a doppio taglio. Lo usavamo per mettere alla berlina il potere e anche per ballare intorno alla ghigliottina. Con la speranza che da quella ghigliottina nascesse un Paese più giusto ed equo”.
Claudio Sabelli Fioretti fu direttore di Cuore dal 1994, solo per un anno e mezzo. “A me non piacciono i pentiti – dice – se approfittano del clima che è cambiato. Trent’anni fa Cuore doveva fare esattamente quello che faceva. A che serve rinnegarlo ora? Per andare in Paradiso con qualche anno di ritardo? Non esiste la satira buona”. Cuore viveva di titoli borderline. “Intanto in quella prima pagina accanto a Bettino, dietro le sbarre, c’era anche il figlio Bobo, sotto al titolo ‘Pensierino stupendino’. Forse era più una carognata quella… Io poi ho fatto uno dei titoli più orrendi in assoluto sull’ex ministro Guidi (che è disabile, ndr). Avevo piazzato in prima pagina dei suoi fotomontaggi mentre andava in bicicletta e faceva il salto con l’asta. Il titolo era: ‘Si finge disabile per ottenere la poltrona’. Fui lapidato persino dai fan di Cuore, notoriamente più cattivi di Cuore stesso. Ma Guidi mi telefonò per ringraziarmi: ‘Sei il primo che mi tratta come una persona normale’”.