Corriere della Sera, 18 febbraio 2022
Intervista a Anna Netrebko
Anna dei miracoli, fino all’età di dieci anni, voleva diventare attrice di cinema: «In Russia vedevo i film di Totò, Adriano Celentano e Fantozzi. Quante risate. Ma quando ho cominciato a cantare, è stato più interessante che recitare». È la diva del nostro tempo, per Domingo è la cantante più vicina alla Callas, «per voce, abilità a recitare e musicalità». La inseguiamo dalla scorsa estate, prima la spalla rotta, poi la morte del padre a cui era legatissima e altre disavventure. Finalmente è pronta: oggi e il 21 al San Carlo canta Aida con suo marito Yusif Eyvazov, la regia è quella di Mauro Bolognini del 1978. direttore Michelangelo Mazza. «A Napoli, dopo due opere all’aperto, è il mio debutto al San Carlo, ed è la mia prima produzione scenica in questa città fantastica, così piena di cose da vedere e scoprire».
In America l’hanno definita «La Trimadonna».
«Perché sono stata l’unica cantante ad aprire per tre volte la stagione al Met di New York. Tatjana dell’Onegin, era l’esordio assoluto di una inaugurazione in russo. Allestirono schermi giganti a Times Square e di fronte al teatro».
E le sue cinque aperture di stagione alla Scala?
«C’è molta preparazione ma per è tutto importante. Com’era dar voce a Lady Macbeth dentro un ascensore? Non così complicato, certi problemi delle prove si sono risolti, era uno degli effetti speciali di una produzione che mi è piaciuta. Ho fatto anche un cd con la Scala e Riccardo Chailly, Amata dalle tenebre: sono eroine che guardano in faccia la morte. Non c’è nulla di fatalistico, è un discorso più poetico e sofisticato. Le tenebre sono l’ombra di depressione e solitudine».
Lei è un brand, a Salisburgo vendevano 6 tazzine da caffè da lei autografate a 2900 euro…
«Ma non ho uno stile di vita lussuoso, sogno di avere una barca, anche piccola, dove nessuno può vedermi. Le amiche del cuore sono quelle della gioventù a Krasnodar, mi seguono, le chiamano «la scorta». Con loro non parlo di me e della mia carriera, parliamo di noi. Sono una donna invidiata? Il tempo libero è l’unico bene di cui sono a corto. Non ho vacanze, non ho tempo per me, non è una vita meravigliosa, la mia».
Da piccola vedevo le commedie di Fantozzi e Celentano: quante risate...
«Sono nata a Krasnodar, nella Russia meridionale. Ero selvaggia, facevo dispetti agli adulti e non parlavo: urlavo. Sono sempre stata piena di energie, ricordo una mia lontana recita a Vienna: L’elisir d’amore, ai saluti finali per ringraziare il pubblico feci la ruota come una ginnasta, il vestito si sollevò e si videro i miei slip con i fiori. Una vergogna terribile, ma ero così giovane...Mi insegnarono a inchinarmi con umiltà e gratitudine. Da piccola tenevo spettacolini in casa dove cantavo e ballavo. Volevo fare un unico ruolo: quello di Baba Yaga, la strega delle fiabe russe. Le principesse non mi interessavano. Più tardi, anziché in soggiorno, gli show li ho fatti nel seminterrato al cui ingresso mettemmo la scritta: la grotta delle meraviglie. Il mio amato padre, Yuri, in seguito vi fermentò il vino. Papà era geologo, fu lui a incoraggiarmi quando espressi il desiderio di cantare: l’importante è che fai sul serio, mi disse. Mia madre morì nel 2002 di tumore, il giorno in cui feci il debutto assoluto al Met».
Presto si trasferì a studiare a San Pietroburgo.
«Agli esami di ammissione della prima scuola, alla prima prova, cantai e ballai. Alla seconda prova un tipo della commissione mi disse: se balli ancora mi alzo e me ne vado. Poi andai al Conservatorio di San Pietroburgo, di fronte al teatro Marinskij: promisi a me stessa che un giorno vi avrei cantato».
E arriviamo al famoso episodio in cui faceva le pulizie.
«Se ne sono dette tante…Avevo una specie di uniforme di lavoro che stava a indicare che lavoravo nel teatro. Valery Gergiev, il direttore d’orchestra, mi chiese lavori qui? Ero intimidita, annuii. Dopo qualche mese all’audizione per nuove voci mi presentati con altre candidate. Gergiev rimase spiazzato. Mi ascoltò, mi chiese: puoi imparare Susanna delle Nozze di Figaro? Così è cominciato tutto. Per fare questo lavoro devi sacrificare tutto».
Come sta suo figlio, Tiago, affetto da autismo?
«Meglio, è un ragazzo magnifico, tutti lo amano. Tiago rende la nostra vita migliore».