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 2022  febbraio 18 Venerdì calendario

La nuova vita di Erika De Nardo


inviato SUL LAGO DI GARDA
Fra i vitigni del Groppello e le brume tiepide del lago. Qui si può ricominciare un’altra vita. Anche dopo un massacro. Erika De Nardo non è più la ragazzina di 16 anni, il cui nome veniva pronunciato sempre in coppia con quello del fidanzato Omar Favaro. Oggi è una donna di 37 anni, lavora in un’azienda agricola di un piccolo paese, coordina una squadra di viticoltori. Ha un ufficio che guarda la collina, e sulla parete alle sue spalle c’è la cartina del mondo. Sono vini da spedire, ordini da evadere. Certo, molti conoscono il suo passato, ma qui conta il presente. Quello che fai ogni giorno. Conta il vino che verrà. Alle 12: pausa pranzo. I trattori ritornano indietro. Arrivano i cestini con il cibo, e su ogni pacco c’è scritto il nome del lavoratore. Nomi italiani e stranieri, religioni diverse. «De Nardo Erika», quindi. «Sto bene, grazie. Ma non voglio parlare, preferisco così».
Tutti hanno parlato del delitto di Novi Ligure, sono stati anni di dibattiti e sociologie nel tentativo di decifrare l’incomprensibile. Era la sera del 21 febbraio 2001. Una sera identica a queste. «Una famiglia modello», ripetevano i vicini in quella terra di confine fra Piemonte e Liguria. Il padre era andato a giocare a calcetto. Francesco De Nardo, dirigente della Pernigotti, fabbrica di cioccolatini, non era in casa quando la moglie Susy Cassini fu trovata uccisa con quaranta coltellate: colpita prima alle spalle e poi di fronte, con il tavolo della cucina spezzato a metà e lo stereo al massimo volume per coprire le grida, mentre implorava salvezza per il figlio. Gianluca De Nardo, 12 anni, era al piano di sopra. Nell’ultimo tema in classe aveva scritto: «Il mio miglior amico è mia sorella Erika». Era nella vasca da bagno, dopo una partita di basket. E si fidava di sua sorella al punto da riconsegnarle il coltello che era riuscito a strapparle di mano: morì dopo 57 coltellate, dibattendosi per non affogare. «Eh, minchia, aveva solo dieci anni vissuti, mio fratello. Poi ha urlato…», fu una delle frasi intercettate la prima volta che Erika De Nardo venne portata in caserma.
Insomma, si capì in fretta che non erano stati «due albanesi». Non erano stati «gli immigrati clandestini» contro cui la Lega Nord già sfilava nelle strade. Erano stati loro, «i fidanzatini». Erano stati Erika e Omar. Forse avrebbero voluto uccidere anche il padre al ritorno dal calcetto, ma Omar Favaro si era ferito a una mano e si era sentito stanco, così a un certo punto decise di andarsene. Il padre tornò, si rese conto e accolse quella tragedia, tutta intera, fra le sue braccia.
Nessun movente è mai stato trovato per spiegare, almeno in qualche modo, il massacro di Novi Ligure. Francesco De Nardo è stata accanto a sua figlia nel processo e nei dieci anni di carcere, durante i quali lei si è laureata in Filosofia. Anni in cui in televisione si commentavano le lettere d’amore che lei riceveva, da aspiranti o presunti fidanzati. Scarcerata definitivamente il 5 dicembre 2011 mentre era nella comunità Exodus di Don Mazzi a Lonato, Erika De Nardo aveva già incominciato a tessere la trama della sua nuova vita. Perché è stato proprio in quel tempo, in attesa della libertà, che Erika De Nardo ha incontrato l’uomo con cui è fidanzata da molti anni.
È un musicista di 47 anni che abita nella zona del lago di Garda. L’aveva incontrato per la prima volta all’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, dove lui andava a aiutare come volontario. Sono rimasti legati. Così alla fine non è partita per il Madagascar, come qualcuno aveva annunciato. No, Erika De Nardo è rimasta fra la Lombardia e il Veneto, intorno al lago di Garda.
All’inizio aiutava il suo fidanzato nel negozio di strumenti musicali, mentre lui faceva lezioni di chitarra. «Non è stato facile per i genitori di quell’uomo», racconta oggi una vicina di casa. «Li ho sentiti ripetere frasi che ben pochi genitori hanno nel cuore. “Speriamo che non facciano figli”, dicevano così dopo che avevano saputo la storia di lei. Ma poi Erika si è fatta ben volere. Devo dire la verità: lei qui si sempre comportata in maniera esemplare, educata, gentile con tutti. Nessuno le chiede del suo passato, e nemmeno le ho mai sentito fare dei riferimenti. Sono cose molto delicate».
Passano in bicicletta quattro turiste tedesche. Sono stradine e discese. Sono vigne geometriche, agriturismi. Punti da cui lo sguardo arriva fino all’altra sponda. Frazioni minuscole, di piccoli paesi. «Ci conosciamo tutti, e tutti purtroppo conosciamo l’orrore di vent’anni fa in quella casa di Novi Ligure», dice una signora che lavora nella zona. «Ammetto che certe volte mi domando come faccia quella ragazza a venire a patti con i suoi ricordi, ma non tocca a me giudicare. Ha scontato la pena, qui si è inserita bene, ha trovato una nuova famiglia e un lavoro, le hanno affidato anche un ruolo di responsabilità».
Dopo un’intervista in prima serata, Omar Favaro è scomparso di scena. Anche Erika De Nardo ha fatto perdere le sue tracce: non usa i social e sul web non si trova una sola parola che riguardi la sua nuova vita. Ogni febbraio torna in mente il mistero di quel delitto, che nessuno probabilmente riuscirà mai a capire. «Una cosa del genere per fortuna accade al massimo ogni secolo», disse la presidente del Tribunale dei minori di Torino Graziana Calcagno.
Il padre di Erika De Nardo vive sempre a Novi Ligure, in quella casa. Nell’unica intervista rilasciata in questi vent’anni, ha cercato di spiegare il suo stato d’animo a un giornalista del Corriere della Sera: «La mia vita è stata spazzata via da un tornado, ma non è vero che sono solo e disperato. Voi vi ostinate a non capire che io ho ancora lei, ho Erika. E farò di tutto per proteggerla finché rimarrò al mondo».
Adesso che anche il turno pomeridiano di lavoro è finito, Erika De Nardo si incammina verso casa. Ci vogliono pochi minuti. È stato il padre a comprare quell’appartamento per lei e il suo fidanzato, il padre che non l’ha mai abbandonata. —