Il Messaggero, 17 febbraio 2022
Ritratto di Peggy Guggenhein
Nella drammatica notte dell’aprile 1912 in cui il transatlantico Titanic ha urtato contro un iceberg, si cerca di mettere in salvo quanti più passeggeri possibile, mentre un ordinato panico pervade tutto e tutti. Un raffinato signore, tuttavia, resta impassibile. In frac, siede su uno dei divanetti di prima classe, bevendo ottimi liquori francesi e fumando sigari. «Ho indossato il mio abito migliore e sono pronto ad andare a fondo come un gentiluomo», dichiara. E ha anche ceduto il proprio posto sulle scialuppe di salvataggio, per salvare donne e bambini. Muore infatti nel naufragio. Si chiama Benjamin Guggenheim, è un ricco americano che abita a New York, quinto figlio di Meyer, imprenditore di origini svizzere ed ebraiche, che ha fatto un’immensa fortuna nell’acciaio e nell’estrazione mineraria. Suo fratello, Solomon, è un mecenate che fonda la Solomon R. Guggenheim Foundation, il cui notissimo museo è a New York. Sua moglie, Florette Seligman, discende da una famiglia di banchieri. Lascia una figlia, Marguerite, nata a New York il 26 agosto 1898. E soprannominata Peggy.
LE INCLINAZIONI
L’eredità del padre è elevata ma non paragonabile a quella degli altri parenti. Comunque, è abbastanza da permettere all’intelligente, colta ed egocentrica Peggy di coltivare le proprie inclinazioni. Alla ricerca di un destino fuori dal comune, la ragazza segue le orme familiari, coltivando la passione per l’arte. Inoltre adora viaggiare, conoscere persone fuori dal comune. Dichiara di voler stare lontano «dalle cose facili della vita» e di «andare alla ricerca dell’impossibile». Non è bella, ma di forte personalità. «Sono stata una donna emancipata ben prima che il termine emancipazione esistesse», dirà poi. Lavora un periodo in una libreria newyorkese, è una habituée dei salotti culturali e letterari, ha una vita sentimentale abbastanza caotica. Frequenta gli intellettuali, segue la cosiddetta avanguardia e il dadaismo. Poi decide di lasciare New York per Parigi, «il posto più stimolante al mondo», la capitale di tutto quello che di nuovo c’è nell’arte, nella letteratura, nella moda. Nel 1922 sposa il pittore dadaista e squattrinato Laurence Vail da cui ha due figli, Sinbad e Pegeen. Il matrimonio durerà poco. Gourmande de vivre, affamata di vivere, mondana e introdotta, nella Ville Lumière fa amicizia con molti artisti fra cui Man Ray («mi fece delle foto grazie a cui mi sentii bellissima», dichiara), Marcel Duchamp, Brancusi, Jean Cocteau. Inoltre, si lega con la pittrice Romaine Brooks, la scrittrice Natalie Barney.
LA COLLEZIONE
Adora l’esistenza bohémien degli artisti, è una mecenate, una talent scout. Si sposta quindi a Londra, dove nel 1938 inaugura la galleria Guggenheim Jeune. Lì vengono esposti i primi lavori di Lucien Freud e Henry Moore. Decide di «acquistare un’opera d’arte al giorno», facendo incetta di quello che c’è di nuovo, provocatore, rivoluzionario. Il mondo sta per precipitare nella Seconda Guerra Mondiale e lei cerca di mettere in salvo opere d’arte. Si aggiudica quadri di Pablo Picasso, Salvador Dalì, Georges Braque, Piet Mondrian e molti altri, «senza mai trattare sul prezzo perché tutto costava molto poco». Nel 41 torna a New York, dove apre la galleria Art of this Century, che si occupa di avanguardia europea. Lancia anche Jackson Pollock. Sposa l’artista Max Ernst, da cui divorzia due anni dopo. Nel 1948 partecipa alla Biennale di Venezia con la sua collezione, si innamora della città e decide di trasferirsi. «Se esiste qualcosa che può competere in bellezza con Venezia, è il riflesso di questa città sul Canal Grande al tramonto», dichiara. E anche: «Ogni ora del giorno porta con sé un miracolo in termini di luce». La signora del Modernismo acquista quindi palazzo Venier dei Leoni sul Canal Grande e va a vivere in quel posto magico sull’acqua, circondata da cagnolini terrier Lhasa. Ama molto andare in gondola, dove passa ore ogni giorno. Famosissima è la foto di lei a Venezia nel 1965, con gli occhiali a farfalla che ha ideato in suo onore Edward Melcarth. È un personaggio iconico, tanto che il giornalino Topolino nel 2012 si ispirerà a lei per un fumetto dal titolo Peggy Duckenheim e le tovaglie astratte. La sua collezione è sempre più importante, comprende il surrealismo e il futurismo italiano, nonché modernismo statunitense e altre opere.
I VIAGGI
Appassionata di viaggi, si reca in Oriente nel ’54 e poi gira l’Europa. Successivamente, decide di donare Palazzo Venier e la collezione alla Solomon R. Guggenheim Foundation. Il museo, che ospita anche il bronzo di Marino Marini L’angelo della città, resta ancor oggi uno dei più noti e visitati. Continua a vivere in mezzo agli artisti, per morire a Camposantiero il 23 dicembre 1979. Viene sepolta in un’urna, nel giardino del palazzo. Nel 2009, Venezia le ha dedicato una mostra: Poi arrivò Peggy. Lei stessa ha detto: «Tutti sono convinti che Venezia sia la città ideale per una luna di miele. Niente di più errato! Vivere a Venezia, o anche solo visitarla, vuol dire innamorarsi di questa città a tal punto di non lasciar spazio ad altri amori».