il Fatto Quotidiano, 17 febbraio 2022
Il sistema Kering a puntate
La “House of Gucci”, quella vera, concentrato di ricchezza del marchio simbolo della moda italiana, si trova in Svizzera, a due passi dal confine. Una società del Canton Ticino usata per incassare i profitti realizzati in tutto il mondo grazie alle vendite di borsette, cinture e gioielli. Con un obiettivo: abbattere il carico fiscale del gruppo. Ridotto all’osso, è stato questo per anni – almeno dal 2011 al 2017 – il sistema Gucci, la strategia messa in piedi dal magnate francese François-Henri Pinault e dal suo gruppo, Kering, per pagare meno tasse possibili.
Finora si sapeva che per chiudere il contenzioso con l’Agenzia delle Entrate italiana Kering nel 2019 ha pagato 1,25 miliardi di euro. La più grande conciliazione fiscale mai raggiunta tra Roma e un’azienda privata. All’epoca la holding di Pinault si era limitata a pubblicare un breve comunicato stampa per spiegare che nell’accordo con il Fisco (accertamento con adesione) l’azienda ha riconosciuto come la sua controllata svizzera, la Lgi Sa, tra il 2011 e il 2017 avesse in realtà una “stabile organizzazione” in Italia, dunque avrebbe dovuto pagare le imposte di Gucci a Roma invece che a Berna. Come si è conclusa la vicenda? Quanti soldi il gruppo ha effettivamente sottratto al Fisco? A queste domande risponde l’inchiesta condotta dal Fatto Quotidiano insieme a Mediapart e al network di giornalismo investigativo Eic (European Investigative Collaborations).
Kering il gigante del lusso
Kering è una delle principali multinazionali della moda. Nel 2020 ha fatturato 13,1 miliardi di euro. Oltre a Gucci, da cui proviene l’83 per cento dei profitti del gruppo, controlla tra gli altri marchi Yves Saint Laurent, Bottega Veneta, Balenciaga, Alexander McQueen, Pomellato, Dodo. L’indagine condotta dal pm della Procura di Milano, Stefano Civardi, non ha portato a condanne per Gucci né per la sua consociata svizzera Lgi. Eppure, nel processo verbale di constatazione redatto dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Milano, si dice chiaramente che attraverso il metodo messo a punto, il gruppo della moda ha evaso. Il “reddito sottratto a imposizione” in Italia (cioè l’utile che deve essere ancora tassato) da parte del gruppo Kering nel periodo compreso tra il 2010 e il 2017 è stato pari a 5 miliardi di euro, si legge nel documento compilato dai finanzieri al termine della verifica fiscale. Questi profitti sono stati tassati in Svizzera, con un’aliquota che nel periodo di riferimento è andata da un minimo del 7,2% a un massimo del 12,5%. Se avesse dichiarato quegli utili in Italia, Kering avrebbe pagato mediamente circa il 30 per cento di imposte (risultato della somma delle aliquote Ires e Irap in quegli anni). Fatto il conto, il gruppo ha così evitato di versare in Italia tasse per 1,5 miliardi di euro.
Marco Bizzarri è l’uomo che ha rilanciato Gucci. Le “roi Marco”, il ceo scelto nel 2014 da Pinault per guidare la gallina dalle uova d’oro del gruppo, ha sostituito lo storico capo azienda Patrizio Di Marco. Per il sistema messo in piedi con la Svizzera, omessa dichiarazione dei redditi in Italia della Lgi, entrambi vengono indagati nell’inchiesta del pm di Milano Stefano Civardi.
Bizzarri ha patteggiato una pena di 6 mesi di carcere, convertita in una multa da 45mila euro. “Nella qualità di amministratore di fatto nel periodo di competenza”, si legge nella sentenza pronunciata l’11 gennaio del 2021 dal Tribunale di Milano, “ometteva di dichiarare redditi derivanti dall’operatività di una stabile organizzazione occulta della società di diritto svizzero Lgi”. Secondo i calcoli del giudice, le imposte societarie (Ires) evase dalla Lgi quando Bizzarri ne era l’amministratore di fatto, cioè nel periodo che va dal 2014 al 2017, sono pari a 358,4 milioni di euro. Ma per l’attuale capo azienda di Gucci non c’è stato solo il patteggiamento in qualità di rappresentante del gruppo Kering. L’inchiesta milanese, infatti, ha portato in superficie un altro metodo utilizzato dal gruppo guidato da Pinault per realizzare risparmi sulle tasse. Un trucco che riguarda proprio lo stipendio del ceo Marco Bizzarri.
Il ceo e il bonus da 40 mln
L’amministratore delegato di Gucci fino al 2017 ha avuto la residenza in Svizzera e ha ricevuto due stipendi: uno, pari a circa un terzo del totale, pagato dall’italiana Guccio Gucci Spa; l’altro, corrispondente ai due terzi restanti, versatogli dalla lussemburghese Castera, società controllata sempre da Kering. Il problema è che Bizzarri in realtà risiedeva in Italia. Lo ha ammesso lo stesso manager davanti all’Agenzia delle Entrate. “Nel testo della relazione presentata agli Uffici competenti il Bizzarri ha dichiarato che il proprio domicilio fiscale e la residenza per gli anni dal 2009 al 2015 sono da intendersi stabiliti in Italia”, si legge nel verbale della Guardia di Finanza. Il manager è stato condannato per l’evasione fiscale dei suoi redditi? No, perché a marzo del 2018 ha ottenuto l’ok dall’Agenzia delle Entrate per la voluntary disclosure. In sostanza, a fronte dell’immunità penale garantita dall’adesione alla “procedura volontaria”, Bizzarri ha pagato 16 milioni di euro per regolarizzare la sua posizione con il Fisco per il periodo 2009-2015, in più ha versato le imposte per gli anni seguenti. A versare la maxi sanzione è stata di fatto Kering. Nel 2017, proprio quando Bizzarri ha fatto domanda per la voluntary disclosure, il gruppo controllato da Pinault gli ha infatti versato un bonus da 40,6 milioni di euro. Una cifra spropositata, rispetto ai premi da circa 4 milioni di euro che il manager aveva ricevuto durante i due anni precedenti alla guida di Gucci. Bizzarri non ha risposto alle domande inviate dal Fatto, mentre Kering si è rifiutata di rilasciare commenti su questa specifica vicenda.
Stipendi I 2/3 dall’estero
Per lo stesso schema è stato indagato dalla Procura di Milano anche Di Marco, predecessore di Bizzarri alla guida di Gucci, ora presidente di End Clothing, marchio britannico di abbigliamento sportivo controllato dal fondo Carlyle. Anche a Di Marco gli investigatori italiani hanno contestato di aver omesso di dichiarare il suo stipendio, che dal 2010 al 2016 è stato di 6,7 milioni di euro all’anno. Da residente in Svizzera il manager percepiva una minima parte della retribuzione dall’italiana Guccio Gucci Spa, mentre gran parte veniva pagata dalla lussemburghese Castera. Ma c’è anche un altro strano giro di pagamenti. Una maxi liquidazione, da 11,2 milioni di euro, pagata da Kering a Di Marco attraverso una società di Panama con conto corrente a Singapore. “Dopo la risoluzione del contratto di consulenza con Castera del 24 dicembre 2014 – si legge nel verbale della Finanza – le pretese economiche vantate dal Di Marco sono state regolate con accordo transattivo, datato 27 aprile 2015, denominato Full Termination and Settlement Agreement”. In base a questo accordo, Kering ha versato “una somma pari a euro 11.219.803,33 a favore del Di Marco presso il conto corrente n. 6000996 intestato alla società panamense Vandy lnternational S.A. e acceso presso la Lgt Bank Ltd Singapore”. L’ex capo di Gucci, che ha dovuto rispondere anche di evasione fiscale come rappresentante della svizzera Lgi, nel 2021 ha ottenuto dal Tribunale di Milano la messa alla prova come pena alternativa. Secondo quanto ricostruito per questa inchiesta, ha dovuto anche pagare alle Entrate più di 20 milioni di euro per chiudere il contenzioso. Di Marco non ha risposto alle domande inviate per questo articolo.
moraleevadere conviene
Fatto il conto finale, però, a Pinault e alla sua Kering non è andata male. La società non ha dovuto rispondere penalmente per quanto commesso. Gli episodi contestati si riferivano, infatti, agli anni compresi tra il 2010 e il 2017, e la legge italiana ha inserito solo nel 2019 i reati tributari tra i motivi di condanna di una società di capitali. Ma il vantaggio è stato soprattutto economico.
Come detto, la Guardia di Finanza ha accertato come dal 2011 al 2017 la multinazionale Kering abbia sottratto al fisco italiano imposte per un totale di 1,5 miliardi di euro. Per sanare tutto gliene sono bastati, però, molti di meno: 1,25 miliardi di euro è quanto la società ha detto di aver pagato nel 2019 all’Agenzia delle Entrate italiana per chiudere il contenzioso. Anzi, ancora di meno, perché Kering ha comunicato di aver versato solo 897 milioni di euro per tasse non pagate (sanzioni e interessi portano il totale a 1,25 miliardi). Insomma, prendi 1 miliardo e mezzo e restituisci solo 897 milioni. Un vero e proprio affare, per Pinault e soci.