Corriere della Sera, 17 febbraio 2022
Giuseppe Mussari è tornato a parlare
«Non era il modo di esprimersi di David Rossi: non lo riconosco in quei biglietti di addio». Poi: «Certo che avevo rapporti con Ettore Gotti Tedeschi. Ma allo Ior io non ci ho mai messo piede». E poi: «David era come un fratello», per poi precisare, respingendo ogni possibile allusione, «ma non in senso massonico».
Dopo dieci anni di assoluto riserbo, Giuseppe Mussari, ex presidente di Mps, riappare in pubblico per parlare della morte del capo della comunicazione del Monte e degli aspetti che determinarono l’inizio della crisi della banca più antica del mondo. Lo fa davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta istituita per fare luce sulla vicenda del manager che la sera del 6 marzo 2013 morì precipitando dal suo ufficio di Rocca Salimbeni a Siena. Un’audizione pubblica di circa 4 ore, con la sola parte finale segretata.
Tra i punti oscuri della morte di Rossi ci sono anche i biglietti di addio, strappati ma trovati nel cestino dello studio. Biglietti nei quali Rossi si rivolge alla moglie Antonella Tognazzi chiamandola «Toni». Un modo di esprimersi che la moglie non ha riconosciuto come tipico del marito. Mussari conferma: «Di Tonia non ne ho memoria, di Antonella ho memoria. Per me la chiamava Antonella». Tutto il testo non lo convince: «Non era il modo di esprimersi di David: non lo riconosco in questi biglietti di addio». Va però precisato che, dagli atti dell’inchiesta, emerge che, nel telefono di Rossi, il numero della moglie era registrato proprio come «Toni».
Anche le mail di aiuto inviate pochi giorni prima del suicidio, per Mussari non sono nello stile dell’amico. Ma Mussari precisa di non avere elementi per giudicare come suicidio o omicidio il volo di Rossi dal terzo piano di Rocca Salimbeni. Però «sto con Antonella, per scelta ontologica. Dove c’è lei, ci sono io», dice. E la vedova da anni ritiene che David Rossi sia stato ucciso.
Mussari, se si fa eccezione alle dichiarazioni rese il 29 gennaio 2014 davanti ai magistrati (famosa la sua esclamazione davanti ai giudici «Io Maramaldo, no!»), non aveva proferito verbo dal 27 aprile 2012, quando fu costretto a lasciare il timone del Monte dei Paschi. Ora torna a farlo. Più volte si commuove quando ricorda l’amico: «Ho amato David come un fratello. Ha iniziato a lavorare alla fondazione Mps e ho chiesto alla banca di assumerlo perché era il più bravo di tutti», ricorda. E riguardo la possibilità che, visto il suo ruolo apicale nella comunicazione, Rossi fosse al corrente dell’operazione Antonveneta, Mussari è categorico: «Dell’acquisizione ce ne occupammo esclusivamente io e il direttore generale Antonio Vigni. Rossi seppe della notizia solo quando venne il momento di renderla pubblica».
Lo scandalo Mps esplose a inizio 2013 con due fughe di notizie relative ai cosiddetti «derivati» Alexandria e Santorini realizzati con le banche internazionali Nomura e Deutsche Bank, a gennaio 2013. Anche in seguito alla pubblicazione dei dettagli di questi contratti su Bloomberg e poi su Il Fatto, e al tracollo di Borsa che ne seguì, Mussari – che aveva lasciato la presidenza di Mps nell’aprile 2012 – fu costretto a lasciare anche il vertice dell’Abi. Che idea si è fatto di quella doppia fuga di notizie? – gli chiede un deputato —, sono uscite dalla banca secondo lei? Mussari coglie il punto: «Non lo so, certamente quelle informazioni che sono veicolate non erano solo in possesso della banca, basta guardare i fascicoli di indagine e incrociare le date di acquisizione per averne contezza. È andata come lei ha detto. Quale è stata la manina non la conosco».