la Repubblica, 17 febbraio 2022
Vincent Bolloré va in pensione
Aveva fissato la sua data di pensionamento da tempo. Non un giorno qualunque: il bicentenario dell’impero di famiglia, nato attorno alle cartiere bretoni e diventato un colosso globale che spazia dalla logistica ai media. E quel giorno è arrivato: oggi, all’alba dei 70 anni, l’imprenditore francese Vincent Bolloré si ritirerà a vita privata. La transizione, in realtà, era già iniziata tre anni fa, quando i suoi problemi giudiziari lo avevano costretto a fare un passo indietro dagli incarichi operativi a favore dei figli: il secondogenito Yannick, 42 anni, Ceo di Havas dal 2013, è diventato presidente del consiglio di sorveglianza di Vivendi nel 2018, mentre suo fratello minore Cyrille, 36 anni, ha preso le redini del gruppo Bolloré, cassaforte delle partecipazioni, nel marzo 2019. Ma ora quella transizione va completata: Arnaud de Puyfontaine, ad di Vivendi e suo uomo di fiducia, oggi sarà confermato al timone con più poteri, per garantire il passaggio del timone agli eredi. Quali? La contesa è aperta. Se Yannick prenderà l’ufficio del padre con vista sull’Arco di Trionfo ai piani alti di Vivendi, in molti scommettono anche su Cyrille che lavora nella Torre Bolloré a Puteaux. Gli altri due figli Sébastien e Marie, ricoprono incarichi minori nel gruppo.
Per i prossimi tre anni de Puyfontaine sarà in prima linea nelle tante battaglie, dall’Opa che a giorni sarà lanciata sul gruppo Lagardère, allo scorporo della rete dai servizi di Tim, dove il gruppo dovrebbe ritagliarsi un ruolo di primo piano nella ServiceCo. Stando a fonti finanziarie, il colosso francese che ha fatto pace con i Berlusconi sull’ex Mediaset – oggi Mfe (di cui Vivendi ha il 24,6%) – vuol crescere nel Belpaese, dove sta per nascere una divisione ad hoc, Vivendi Italia, che è già a caccia di acquisizioni nel comparto editoriale, come quelle che sta sondando in Spagna, dove il gruppo aspetta il via libera del governo di Madrid per salire al 30% di Prisa, che controlla il quotidiano El Pais.
Nonostante alcuni recenti successi come la vendita di un altro 10% di Universal a Pershing Square e la conquista di Lagardère, il titolo Vivendi langue a quota 11,5 euro sulla Borsa di Parigi, prezzo che è quasi la metà rispetto alla somma delle sue attività, valutate in circa 20 miliardi o 18-19 euro pe azione. Bofa calcola che in questi anni la dinasty bretone abbia investito 14 miliardi in acquisizioni (tra cui quella tra parti correlate di Havas) non sempre fortunate, creando però valore e distribuendo 17 miliardi ai soci tra divideni e buy back. Per questo Bofa consiglia di comprare titoli Vivendi fino al prezzo di 15 euro, in vista di nuove operazioni straordinarie. In molti non escludono neppure che una volta passato il testimone ai figli, questi possano raddoppiare la loro quota in Vivendi (oggi al 29% che è il limite della soglia d’Opa) o addirittura ritirare il titolo dal mercato approfittando delle basse quotazioni, finanziando l’offerta con la vendita delle attività della logistica in Africa del gruppo Bollorè da una parte, e con la liquidità che ha in cassa Vivendi (Bofa stima fino a 6,9 miliardi tra cassa, linee di credito e asset disponibili per la vendita) dall’altra.
Fatto sta che ufficialmente Vincent Bollorè avrà un posto nel consiglio di sorveglianza di Vivendi fino alla primavera del 2023, ma sarà un mero osservatore, senza diritto di voto. Da oggi l’imprenditore giura di volersi occupare solo della sua fondazione non profit, lasciando le deleghe alla “settima generazione”, un passaggio che narra con una retorica da dinastia industriale: «Sapete, la mia famiglia – ha detto giorni fa in una audizione al Senato – ha conosciuto tre re, un imperatore, ventisei presidenti della Repubblica». L’unica cosa rimasta uguale, sottolinea, è la sede del gruppo a Ergué-Gabéric, il feudo di famiglia vicino Quimper, in Bretagna. Oggi ci sarà una festa per il suo “addio”, ma alla fine sarà una riunione di famiglia privata. Forse perché è solo un arrivederci.