il Giornale, 16 febbraio 2022
Intervista a Luciano Violante
I referendum? «Se le riforme non le fa il Parlamento, tocca ai cittadini. Non capisco le obiezioni di chi dice che potrebbero intralciare le Camere».
Luciano Violante, una delle voci più autorevoli del Pd, parla, come sempre fuori dagli schemi dell’ideologia, alla vigilia della decisione della Consulta: nelle prossime ore potrebbe arrivare il via libera alla chiamata degli italiani alle urne su temi controversi, in gran parte legati ad anomalie e problematiche del sistema giudiziario.
Onorevole, la giustizia vive una crisi interminabile.
«C’è una questione morale che devono affrontare i magistrati e solo loro. La magistratura trasmette all’opinione pubblica una immagine di compattezza, l’idea di un corpo solo. Questo valeva quando i giudici cadevano sotto il piombo dei mafiosi e dei terroristi, ma è attuale anche oggi, con il capitale di stima purtroppo sceso considerevolmente. Una democrazia ha bisogno di una magistratura credibile. Naturalmente ci sono le riforme; ma la credibilità nasce dai comportamenti non dalle leggi».
Per qualcuno stiamo voltando pagina, altri ritengono che gli interventi fatti siano un maquillage o poco più.
«Io non ho mai visto un governo che nell’arco di pochi mesi abbia prodotto una riforma del processo civile, una del processo penale e ora quella dell’ordinamento giudiziario. Non mi pare poco».
Si, ma si tratta di aggiustamenti qua e là o di una vera svolta?
«Per me sono riforme. Il fatto che il gup possa rinviare a giudizio un indagato solo quando ci sia una ragionevole previsione di condanna segna, almeno sulla carta, un cambio di prospettiva. La giustizia riparativa, inoltre è un capitolo innovativo».
È soddisfatto dell’annunciata fine delle porte girevoli?
«Per gli incarichi politici, si; ma questi magistrati vengono candidati dai partiti o sbaglio? La smettano di candidarli e il problema si risolve da solo».
Il sorteggio temperato può essere la soluzione per spezzare il legame fra eletti e elettori al Csm?
«Penso non sia una misura utile. Le correnti possono avvicinare i sorteggiati e stringere accordi con loro. Così siamo al punto di prima, con in più il rischio di incostituzionalità sollevato dalla ministra Cartabia».
Ma allora come si può combattere lo strapotere dei cartelli elettorali?
«Mi terrei lontano da un impianto maggioritario che favorisce l’aggregarsi di blocchi di potere. Il proporzionale serve per frantumare la forza delle consorterie. Poi, dobbiamo intenderci, le correnti non vanno demonizzate di per sé: sono matrici culturali. Degenerano quando diventano gruppi di potere».
In questo momento sono al vaglio della Consulta i sei referendum che riguardano la giustizia. A sinistra molti sostengono che così si taglia la strada al lavoro di Palazzo Madama e Montecitorio.
«Non è così. Non bisogna avere paura dei cittadini. Poi certo, ci si può dividere su questo o quel segmento, è normale che ci siano punti di vista diversi».
Qual è il quesito più urgente?
Mi trovo totalmente d’accordo sulle critiche alla cosiddetta Legge Severino, nata in un’altra fase politica. La decadenza automatica dopo una sentenza non definitiva, mi sembra un errore. Il giudice, se ritiene che il fatto sia grave commini la sospensione dai pubblici uffici. Altri quesiti mi lasciano perplesso».
Quali?
«Quello sulla responsabilità diretta dei magistrati. I giornalisti giustamente protestano per le cause civili contro di loro perché costituiscono forme di intimidazione. Anche per i magistrati si aprirebbero possibilità di intimidazione. Inoltre, lo Stato lascerebbe la contesa nelle mani del privato cittadino; ma dovrebbe essere proprio lo Stato a farsi carico delle disfunzioni».
Come si fa?
«Come accennavo, il rinnovamento deve nascere dalle persone. Non c’è legge che tenga. Poi naturalmente sono necessari alcuni interventi legislativi».
Le sue priorità?
«Quattro anni dopo l’ingresso in magistratura, ci deve essere una valutazione accurata delle capacità, professionalità e attitudini di ciascun magistrato; dovrebbe essere effettuata da una commissione di magistrati, avvocati e docenti universitari, nominata dal Ministro».
La Disciplinare?
«In primo grado va bene così, in appello invece sono per istituire un’Alta corte, fuori dal Csm, con la stessa composizione della Corte costituzionale».