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 2022  febbraio 16 Mercoledì calendario

Nel Centro Italia si fallisce di più

Qualcuna ha sospeso l’attività in attesa di tempi migliori, perché a questi prezzi l’energia rappresenta un costo insormontabile, tale da rendere non più conveniente la produzione. Per moltissime aziende il caro-bollette si è aggiunto ai difficilissimi due anni di pandemia, facendo scattare verso l’alto il rischio di default. Cerved rating agency, agenzia che si occupa dell’affidabilità creditizia delle imprese, ha valutato le possibili conseguenze dell’attuale fase, distinguendo tra uno scenario più negativo ed uno base che include invece un certo miglioramento della situazione. I risultati sono differenziati oltre che per settore anche per area geografica, con una situazione meno favorevole per le regioni del Centro. Nell’ipotesi peggiore, la rischiosità complessiva delle imprese non finanziarie salirebbe dal 5,7 per cento stimato nello scorso dicembre al 6,12 per cento alla fine dell’anno in corso.
I LIVELLI
Guardando invece allo scenario base, la probabilità di default si attesterebbe in media, sempre alla fine del 2022, al 5,35 per cento. Livello che rappresenta un calo rispetto al dato attuale (5,7%) ma resta comunque ancora al di sopra di quello che era stato rilevato prima dell’esplosione del ciclone Covid: alla fine del 2019 era infatti al 4,45 per cento.
Sempre nello scenario base, che è appunto quello relativamente più ottimistico, le probabilità di default risultano diversificate nelle diverse Regioni del Paese. Le valutazioni sono un po’ più rosee per quelle del Nord: il dato medio che esprime la probabilità di default nei prossimi 12 mesi si posiziona al 5,2 per cento a fine 2022 nel Nord-Ovest, mentre nel Nord-Est scenderebbe addirittura al 4,5.
Situazione più preoccupante al Centro-Sud. In particolare le Regioni centrali evidenziano una rischiosità pari al 6,3 per cento, valore leggermente superiore a quello del Mezzogiorno (6,2).
Guardando ai singoli settori, il farmaceutico e le utilities si confermano, come accade abbastanza normalmente in tempi di crisi, quelli con le probabilità di default più basse. Cerved attende comunque un sensibile miglioramento anche per il turismo e le attività ricettive, colpite duramente dalla pandemia: sia per effetto delle temporanee restrizioni ai movimenti di italiani e stranieri, sia per il generale atteggiamento di prudenza. Circostanze che appaiono al momento in via di graduale superamento.
La situazione risulta peggiore per le cosiddette imprese energivore, quelle il cui processo produttivo richiede un alto impiego di energia elettrica o di gas. Che sono appunto quelle di gran lunga più colpite dall’impennata dei prezzi. Secondo la valutazione di Cerved rating agency le aziende che dominano la catena di distribuzione riusciranno a trasferire in buona parte sui consumatori gli incrementi di costo, preservando quindi i propri margini operativi. Invece per le piccole e medie realtà, che hanno meno potere negoziale, l’aggravio dei costi determinerà una consistente compressione dei margini. Che potrebbe anche metterne a rischio la sopravvivenza, se la situazione non dovesse migliorare a breve.
GLI AIUTI
Come detto, la crisi energetica segue a quella provocata direttamente dal coronavirus. In quella fase però, come evidenzia anche una recente ricerca della Banca d’Italia, fallimenti e uscite dal mercato sono state meno di quanto si potesse temere. La spinta negativa è stata infatti contrastata dagli aiuti messi in campo dallo Stato. Aiuti che però, di fronte al caro-energia, non potranno essere infiniti.