il Fatto Quotidiano, 16 febbraio 2022
Le fantasie si Flaubert
All’età di nove anni, con una grafia incerta e qualche errore di grammatica, Gustave Flaubert (1821-1880) suggerisce all’amico Ernest Chevalier: “Se ti fa piacere noi scriveremo insieme, io scriverò commedie e tu i tuoi sogni, e siccome c’è una signora che viene sempre dal papà e ci racconta sciocchezze, io le scriverò”. Qualche giorno dopo, non avendo forse ricevuto risposta, lo sollecita a dirgli se ha piacere di collaborare con lui, e gli confessa di aver iniziato a riempire alcuni cahiers. Sarà solo l’inizio di un “amore, la stessa idea fissa”, che non lo abbandonerà più fino alla morte: la scrittura, la letteratura.
Questa lettera rivela come fin dalla più giovane età vi fosse in Flaubert una duplice tendenza. Afferma infatti durante la composizione di Madame Bovary: “Ci sono in me, letterariamente parlando, due uomini distinti, uno che ha la passione delle sfuriate, dei grandi voli d’aquila, di tutte le sonorità della frase e delle sublimità dell’idea; un altro che scava e fruga il vero quanto più può, che ama mettere in vista il fatto minuto altrettanto potentemente che il grande, che vorrebbe farvi sentire quasi materialmente le cose che riproduce: a costui piace ridere e si diletta nelle animalità dell’uomo”. Da una parte un lirismo innato e fortissimo, un temperamento romantico e appassionato, un amore per il sogno, “lo straordinario, il fantastico”, le tinte forti, per le epoche dimenticate e misteriose, per le “orge dell’immaginazione”. Dall’altra un bisogno di realtà, di vedere e dipingere con precisione, nitidezza, rilievo, la necessità e il desiderio di quel “senso meraviglioso del Vero che abbraccia le cose e gli uomini e li penetra fino all’ultima fibra”. Si parla addirittura di homo duplex e negli intenti artistici di Flaubert bambino si può già notare la primissima associazione di sogno e ironia, che si ritroverà poi in tutte le opere della maturità.
In Italia il maestro di Rouen, considerato il padre del naturalismo francese (benché egli abbia sempre rifiutato di far parte di alcuna scuola) è principalmente conosciuto per i suoi romanzi, in particolare per il suo capolavoro, Madame Bovary, che lo condurrà in tribunale nel 1857 con le accuse di “oltraggio alla morale, ai buoni costumi e alla religione” (da cui sarà assolto). Eppure Flaubert non cominciò a scrivere all’età di trent’anni, quando dopo il fallimento della Tentazione di sant’Antonio, giudicata dagli amici letterati Du Camp e Bouilhet indegna di essere data alle stampe, tornato dal lungo periplo in Oriente inizierà la stesura di Madame Bovary, ma appunto da bambino. Tra i nove anni e la prima stesura della Tentazione sperimenterà tutti i generi letterari più in voga all’epoca (drammi, racconti storici, filosofici, pagine autobiografiche), ma sceglierà di lasciarli in un cassetto da cui la nipote Caroline, dopo la sua morte, li tirerà fuori e li pubblicherà (ora sono tutti raccolti nel primo volume delle sue œuvre complètes per le edizioni Gallimard, nella collana della Pléiade).
Si tratta di testi interessantissimi non tanto dal punto di vista dello stile, per il quale Flaubert nutriva una vera e propria ossessione, considerandolo “una maniera assoluta di vedere le cose”, ma dal punto di vista della precoce e fertilissima vocazione alla scrittura, nonché di un’immaginazione debordante. Due di questi testi, in parte inediti, a giorni in libreria per le edizioni Nino Aragno, sono la testimonianza della “buona vena di delirio ed esaltazione” che pervadeva il giovane scrittore, il quale in poco tempo riuscì a comporre un’opera di ampio respiro a soli quattordici anni: Un parfum à sentir ou Les Baladins (“Un profumo da sentire o I Saltimbanchi”). Egli stesso deve essersi reso conto del valore di questo lavoro, che definì “strano, bizzarro, incomprensibile”, perché lo qualificò non come un racconto, ma come un vero e proprio livre.
Les Baladins è inoltre un testo imprescindibile perché contiene, all’interno della produzione dell’autore, la prima protagonista femminile (di nome Marguerite) che sceglie la morte volontaria, come vent’anni dopo la sua petite femme, nota universalmente: Emma Bovary.