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 2022  febbraio 16 Mercoledì calendario

Cosa leggono scrittori e politici

Emmanuel Macron dice di leggere saggi e poesie la sera e la notte, ma confessa che certi pomeriggi fugge dagli impegni dell’Eliseo per leggere romanzi. Tra i libri che gli hanno cambiato la vita Madame Bovary. Poi c’è Salman Rushdie che alla rubrica «cattivi libri molto amati» evoca i James Bond, letti prima ancora che nascessero i film, «eccellenti letture trash, scritti malissimo, ma Fleming sapeva come farti voltare pagina». Anne Berest invece cita il dizionario, perché «a dieci anni ho scoperto la definizione della parola masturbazione. La mia vita è concretamente cambiata quel giorno». 
In occasione dell’anniversario dei suoi 30 anni, la rivista «La Règle du Jeu» di Bernard-Henri Lévy ha posto la domanda «Come leggete?», sul modello del «Perché scrivete?» dei surrealisti nel 1919. Hanno risposto in 177, tra scrittori, politici candidati all’Eliseo e non, giornalisti, editori, attori, stimolati da un questionario uguale per tutti: quando leggete più volentieri? Ci sono libri che vi hanno cambiato la vita? C’è un grande classico nel quale non siete mai riusciti a entrare? Avete mai amato dei cattivi libri? 
Le risposte sono le più varie ma qualche ricorrenza si impone: Proust è il più citato, il totem irrinunciabile che non si può non affrontare. O per dire che la Recherche è il libro preferito, una svolta nell’esistenza, o al contrario per nominarlo come il principe dei libri che bisogna aver letto ma che invece sono stati abbandonati dopo qualche pagina. In ogni caso, scrive Lévy nell’erudito saggio introduttivo, esiste un’arte del leggere. Quest’arte si insegna? «In linea di principio, sì. E non bisogna cedere nulla, su questo punto, alla demagogia populista della lettura innocente e senza protocollo». Impostazione interessante e impopolare, nell’epoca dei gusti che dovrebbero equivalersi sempre. Anche leggere, si impara. 
Il problema se lo pone pure Emmanuel Carrère, che affronta la questione dell’Ulisse di Joyce, assieme alla Recherche altro classico inevitabile che però molti non riescono a mandar giù. Le giustificazioni di solito sono di due tipi, dice Carrère: la maggior parte dei lettori che non hanno letto l’Ulisse lo ammettono con rammarico, «so che mi perdo qualcosa, peccato», e lui è fra questi. Dà ragione all’Ulisse, e ai suoi milioni di ammiratori, contro il suo stesso gusto. Ma Carrère dice anche di ammirare e invidiare un po’ l’indipendenza di spirito e la fiducia nel proprio giudizio di quelli che osano proclamare che «l’Ulisse è una truffa» (con un senso di liberazione che non può non ricordare la Corazzata Potëmkin di fantozziana memoria). 
Sfogliare le 448 pagine della rivista di Bernard-Henri Lévy è un’avventura straordinaria attraverso preferenze, abitudini, passioni e biografie, un modo per capire se leggere sia ancora importante oggi (sembrerebbe proprio di sì). 
Il libro che ha cambiato la vita di Claudio Magris è il primo che ha letto: «Avevo appena imparato. Mi ricordo l’impressione che ho provato vedendo e sentendo che un libro poteva contenere tutto, giungle lontane e animali selvaggi, uomini e donne nei periodi più diversi della storia». Melville e Tolstoj, Leopardi o Glissant sono arrivati dopo. Tra gli italiani c’è l’editrice Teresa Cremisi, che non ha un momento preferito per leggere ma una posizione: «Amo leggere distesa, che sia su un letto, un divano, una chaise longue. Posso leggere seduta solo se è una lettura professionale»; Elisabetta Sgarbi, per la quale «un libro amato non può essere un cattivo libro. Il piacere che suscita un libro è un elemento misterioso e fatale che merita la più grande e assoluta considerazione», e Asia Argento che ha avuto la vita cambiata da I temi di Fritz Kocher di Robert Walser e dalla Sorellina di Raymond Chandler, letti a tredici anni. 
Il libro come scoperta di mondi altrimenti insospettabili: Christophe Ono-dit-Biot ricorda l’infanzia vicino a Le Havre e il cielo piovoso della Normandia, squarciato però dalla luce mediterranea grazie alla Teogonia e alle Metamorfosi, mentre il premio Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa dice di non avere il coraggio di rileggere – «devono essere pessimi» – gli amati romanzi di Alexandre Dumas, che riempirono di spade e atti eroici i primi anni da lettore. 
Michel Houellebecq dice di leggere sempre, anche nei cinque minuti di coda al supermercato. Ecco perché non è soddisfatto dei libri tascabili, che non mantengono le promesse visto che non si possono infilare in tasca (tranne quelli giapponesi, precisa). Ma «all’opposto di queste infelici condizioni di lettura, conosco pochi piaceri più intensi del leggere un buon libro, comodamente seduto in un treno che attraversa un bel paesaggio. Ci si immerge completamente; di tanto in tanto si leva lo sguardo dalle pagine per contemplare il paesaggio che scorre; si continua, si alternano le due sensazioni, che sembrano rafforzarsi l’un l’altra, e si ha voglia che duri a lungo, sempre».