La Stampa, 16 febbraio 2022
La dottoressa che ha vaccinato 25 mila persone
È entrata nelle strutture sanitarie diventate focolai Covid. Ha raggiunto rom e migranti, anziani e disabili, rifugiati e senzatetto. Quei pazienti fragili o troppo spesso ultimi a cui ha dedicato impegno e cure. Con il suo team mobile è arrivata a vaccinare 25 mila persone, raggiungendo un record assoluto in Italia. Barese, 59 anni, oltre l’altruismo ha il dono dell’umiltà: «Fare il proprio dovere non significa essere eroi», ripete Antonella Spica, nel giorno in cui la sua città la omaggia con una targa. Lei stessa non sa spiegare come sia nata questa scelta: «Ho pensato che difficilmente avrebbero potuto raggiungere le sedi vaccinali perché erano l’anello debole della catena. Così sono stata io ad andare da loro. Sono quelle spinte emotive che hai dentro».
Da due anni è in prima linea nel fronteggiare il virus: all’inizio con decine di migliaia di tamponi nelle Rsa quando nessuno voleva entrarci, oggi come medico vaccinatore. È lei stessa a tenere un personale conteggio inserendo, ad ogni uscita, i nuovi dati. Sa che questo è uno strumento prezioso e non ci si può ancora fermare. «Questo risultato è merito del lavoro di squadra, del personale che mi affianca ogni volta». Oltre a lei, un paio di infermieri: tutti a bordo dell’unità mobile – un’ambulanza del 118 – con cui raggiungere i luoghi più nascosti. E così hanno incontrato persone sole e impossibilitate a muoversi, ospiti del Centro di accoglienza per richiedenti asilo o famiglie rom. «Abbiamo vaccinato anche sino alle 2 di notte. Spesso in condomini senza ascensori e con tutta l’attrezzatura al seguito». Defibrillatore e farmaci perché, a domicilio, bisogna essere pronti a qualsiasi evenienza. «Ci hanno aperto la porta a qualsiasi ora. Ci aspettavano con gioia».
Tutto è partito dalle residenze sanitarie assistenziali, nel periodo più critico: le stesse che – nel pieno della prima ondata – sono state un dilagare di contagi e vittime. Quando a metterci piede si poteva rischiare anche la vita. «In quella fase nessuno voleva entrarci, ma io sentivo di dover andare. Era più forte di me: il pensiero che ci fossero persone lontane dagli affetti o abbandonate a sé stesse mi tormentava. Lì c’era gente che aveva bisogno di aiuto: gli anziani erano smarriti, il personale spaventato. Volevo essere utile». Antonella è medico del dipartimento di prevenzione della Asl di Bari e referente delle strutture residenziali. «Quando sono scoppiati i focolai, entravo in quei posti, visitavo i pazienti, facevo i tamponi. Era un fatto umanitario. Bisognava gestire i positivi e la situazione emergenziale in luoghi che, di fatto, non sono ospedali ma si sono dovuti riciclare temporaneamente». I momenti di paura non sono mancati, il rischio del contagio era pressoché quotidiano. «Il timore c’è sempre, ma bisogna trovare la forza per sé e per gli altri. Adesso abbiamo un’ottima copertura vaccinale, ma non dobbiamo dimenticare che ci sono Paesi come l’Africa dove è appena del 10%. Prima o poi, ci ritroveremo con qualche altra variante e l’attenzione deve essere massima».
Nel frattempo, ha iniziato a vaccinare i rom che vivono in un campo poco distante dal centro messo a disposizione dal Comune. «Sono venuti a piedi, qualcuno era sospettoso. Il primo impatto è stato quello più difficile, ma quando hanno visto che non c’era nulla da temere, sono stati loro stessi a fare richiesta anche per i figli minori». Il ricordo va a pochi giorni fa. «Tra loro mi ha colpito un’anziana. Dopo il vaccino, mi ha baciato la mano. Era il suo modo di ringraziarmi ed è stata un’emozione incredibile. L’aspetto umano è la gratificazione più bella».
Ed è per questo che alla lotta alla pandemia ha dato tutto. «In una situazione simile non potevo far finta di nulla o chiudermi in una stanza». È riuscita a fermarsi per qualche giorno di ferie soltanto a settembre. «Il sacrificio fa parte del nostro lavoro e questa emergenza andava affrontata». La pandemia ha inciso su un carico già pesante per una categoria a corto di organici. «Dovrebbero ripristinare i numeri necessari, qualcosa si sta muovendo», dice Antonella che, nel suo curriculum, dopo una serie di contratti a tempo determinato, dall’anno scorso finalmente può scrivere: assunta.