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 2022  febbraio 15 Martedì calendario

Ucraina, gli stranieri non se ne vanno

Sa solo Dio se quando leggerete queste righe il mondo sarà ancora in pace oppure sarà scoppiata la guerra in Ucraina. In compenso una cosa è certa: gli stranieri (tra cui gli italiani) che vivono sul territorio di Kiev non lasceranno facilmente il Paese.
Parola della Bbc, che sul tema ha intervistato alcuni inglesi che da anni risiedono da quelle parti: «Amiamo l’Ucraina e abbiamo costruito qui le nostre vite, famiglie, affari», dice Stuart McKenzie sentito dall’emittente inglese. Ha ragioni da vendere: una moglie, due figli, trent’anni passati in questa nazione. «Qui le cose potrebbero sfuggire di mano – spiega – in un attimo: pensate ad un confine con un milione di auto in coda e panico ovunque, questo sarebbe disastroso».
E questo, del resto, contrasta con il classico modo di fare degli ucraini, abituati al laissez-faire, come spiega Haider Ali, studente 21enne appena sbarcato all’aeroporto londinese di Gatwick con un biglietto aereo da 210 sterline (circa 251 euro). Beh, quel modo tollerante di vivere non esiste più e il segnale dell’invasione sarà dato dalle campane a martello ovunque, che metterà sull’allerta tutti i cittadini. Anche se per adesso non c’è stato l’assalto ai supermercati, il cibo non scarseggia e per adesso c’è persino la carta igienica.

Nemmeno gli americani che da tempo vivono in Ucraina sono molto inclini a partire e mollare tutto. La Npr, la radio pubblica Usa, ha intervistato padre Philip Gilbert, greco-cattolico, trasferitosi a Leopoli tre anni fa per il baccalaureato in teologia. Padre Gilbert, essendo un greco-cattolico (come nell’eparchia, ossia la diocesi greco-cattolica di Lungro nel Cosentino o quella di Piana degli Albanesi in Sicilia) si è anche sposato qua e adesso riceve email allarmate dagli amici in California. «Mi chiedono se sto bene, se sono al sicuro. Qualsiasi madre dall’altro lato del mondo si preoccupa perché non conosce tutti i dettagli». La moglie di padre Gilbert non è cittadina americana, scappare non è possibile. «Mentre sto attento e seguo la situazione, abbiamo deciso di stare qua. Voglio dire, non c’è altra possibilità».
E sempre a Leopoli la gente aspetta. L’Npr intervista un americano, James Joeriman, che dal Delaware è venuto a vivere e lavorare qua un decennio fa dove ha fondato Amerigo Consulting, azienda che assiste gli yankee desiderosi di fare business con l’Ucraina. Vanno bene gli affari, Joeriman è presidente del Rotary Club International locale. Due figli, un gatto, un criceto come tiene a precisare. E spiega che, dopo essere stato subissato di email e inviti a partire ricevute dall’ambasciata americana, alla fine spiega: «Se non devo assolutamente stravolgere la mia vita – perché temo quello che succederà dopo averlo fatto – potrebbe essere impossibile, dopo, tornare qua e ricostruire quello che avevamo. Ma se arrivassero i russi? Alla fine il dottor Joeriman, convinto da una telefonata dall’ambasciata, ha prenotato un volo per andare via.
Intanto la vita continua: pizza, sushi, cultura qua non mancano. Bella città, questa Leopoli: il suo centro storico è Patrimonio dell’umanità secondo l’Unesco, conta quasi 730mila abitanti e da qui il confine polacco è ad appena 82 km e 900 metri, secondo Google Maps: un T-90, carro armato russo entrato in servizio nel 1992 nell’esercito russo e capace di correre a 60 all’ora su strada (45 in off-road) spostando le sue 46 tonnellate e un cannone da 125 mm, al netto di imboscate e combattimenti potrebbe farcela in due-tre ore.
E gli resterebbe ancora nafta per proseguire, visto che ha un’autonomia di circa 550 km. Niente male per un mezzo lungo circa 10 metri e largo quasi 4 (si troverà parcheggio da queste parti?) che viene via a 2 milioni e mezzo di dollari e di cui lo Zar di Mosca, Vladimir Putin, ha una dotazione di circa 5.200 esemplari.
Speriamo non gli venga voglia di sperimentare se le sospensioni a barre di torsione dei suoi T-90, morbide come quelle della Renault 4, sono altrettanto agili ed efficaci nel fango dei campi ucraini come quelle della gloriosa utilitaria francese.