La Stampa, 15 febbraio 2022
Sul piccolo principe di Saint-Exupéry
È il libro più venduto al mondo dopo la Bibbia. Stiamo parlando di Il piccolo principe, scritto nel 1942 da Antoine de Saint-Exupéry (si contende con il Libretto rosso di Mao quella seconda posizione): inno planetario all’amicizia e ai buoni sentimenti, però pure l’opera di un uomo sfuggente e misterioso, complesso e travagliato. Nessuno avrà mai su di lui una verità definitiva, ma la mostra che inizia giovedì a Parigi al Museo delle Arti decorative aiuta a capirlo di più, lui e il suo piccolo principe. Certi disegni preparatori di Antoine, non inseriti nell’edizione finale (un alternarsi di testi e figure), mostrano il protagonista sognatore con un viso strano, i tratti tirati: sembra cattivello, che succede? Ci sono scene, scritte e disegnate, che rivelano tensioni ed esclusione. Scartate alla fine da un libro, che doveva essere solo dolce e solare.Una premessa, innanzitutto: «Saint-Exupéry disegnava continuamente – ricorda Anne Monier Vanryb, curatrice dell’esposizione -. Aveva imparato dalla madre. Inseriva disegni pure nelle lettere che spediva alla moglie Consuelo, alla famiglia e agli amici. E poi disegnava, perché aveva bisogno di questo doppio linguaggio, per essere sicuro delle idee che voleva esprimere in un libro». Al museo parigino è esposto (per la prima volta in Francia) il manoscritto originale (che è proprietà della Morgan Library & Museum di New York: esiliato negli Usa, fu lì che il letterato e aviatore scrisse Il piccolo principe). Soprattutto ci sono centinaia di schizzi e disegni, solo in parte inclusi nell’edizione finale, uscita in inglese e francese il 6 aprile 1943, a New York. Arrivano da diverse collezioni. Sono il retaggio di un processo creativo.Si scopre che il fiore all’inizio non era una rosa. Poi appare una lumaca, che si tramuta in cane. E alla fine nella mitica volpe. In alcuni disegni ci sono macchie di caffè. In altri (ma questi sono rimasti alla Morgan Library, sono troppo fragili) i buchi di sigarette consumate. Lui, il piccolo principe, ovviamente, c’è fin dagli inizi. Ma, in particolare in un disegno dove raccoglie germogli di baobab, non sorride per nulla. Ha l’aria un po’ cattiva. La curatrice mette le mani avanti: «Non abbiamo documenti che permettano di dire in maniera sicura che l’autore ha voluto rendere man mano il suo personaggio più dolce. Diciamo che, quando li faceva più in fretta, i tratti diventavano più duri. Ma può essere anche che abbia voluto rendere il piccolo principe volontariamente più gentile». Una cosa è sicura, ci sono scene che Saint-Exupéry volle escludere. Come quella dove il protagonista arriva a casa di una coppia, ma la moglie gli dice che stanno per andare a tavola, a mangiare, e che deve andarsene. Lui risponde: «ah, mi sarebbe piaciuto cenare con voi», ma la donna dice che non si fa così, non ci si invita direttamente dalla gente.Perché la scartò? «L’autore non ci ha dato spiegazioni – continua Monier Vanryb -. Ma la coppia è assai aggressiva rispetto al ragazzo. In tutto il libro, quando il piccolo principe incontra qualcuno, anche se queste persone non sono d’accordo con lui o lui giudica l’atteggiamento di alcuni ridicolo (vedi l’uomo d’affari), non traspare mai neppure un briciolo di violenza o il rifiuto di entrare in contatto».Saint-Exupéry voleva che il libro fosse solare, pieno di storie positive e incontri belli: il piccolo principe mai avrebbe potuto avere un’aria beffarda. O incontrare gente antipatica. Lo scrittore era già affermato ma nel pieno di quella Seconda guerra mondiale, che lo rattristava, decise a sorpresa di scrivere un libro per bambini (e che tale era solo all’apparenza). Era stato aviatore durante quella fiammata di guerra che la Francia aveva vissuto nel 1940. Ora, negli Usa, si sentiva inutile, isolato, esiliato dal suo stesso Paese.In quel libro volle metterci il concentrato del proprio umanesimo, lo stesso di quando, più giovane, con l’Argentina Aeroposta, aveva aperto linee aeree nell’America del Sud, permettendo a nuove persone d’incontrarsi. In un disegno, comunque, scrisse poche parole: «Come sono inquieto». Il rapporto con la moglie era quello di sempre, una crisi permanente, anche se avevano bisogno l’uno dell’altra. Consuelo riuscì a raggiungerlo dall’Europa alla fine del 1941, ma lui andava a scrivere Il piccolo principe a casa dell’amante (non fu l’unica) Silvia Hamilton, a Long Island. Lasciò poi il manoscritto e i suoi preziosi disegni proprio a questa donna, che li vendette alla Memorial Library.Saint-Exupéry raggiunse l’Algeria libera dai nazisti nel maggio 1943. E, nonostante i suoi pessimi rapporti con l’entourage del generale de Gaulle, riuscì a reintegrarsi alla pattuglia, con la quale aveva già volato nel 1940. Come allora, comunque, effettuò solo voli di ricognizione: mai bombardando, mai con una mitragliatrice in azione. Troppo umanista. Il suo velivolo precipitò nelle acque dinanzi a Marsiglia il 31 luglio 1944. E perfino sulla sua fine, quanti dubbi (ancora resta possibile l’ipotesi di un suicidio). Fino all’ultimo aveva continuato a disegnare piccoli principi (sorridenti) ovunque, perfino sui suoi pacchetti di sigarette o intagliati col coltello sui tavoli a casa di amici. Ma nelle lettere scriveva di un disagio, che non voleva vivere in questa «società dei robot», che si profilava all’orizzonte. La vena negativa e desolata restava lì sotto. Scrivere Il piccolo principe all’insegna di un totale ottimismo non gli era bastato. —