Il Messaggero, 14 febbraio 2022
Intervista ad Andrea Curioni. Parla dei computer quantistici
La rivoluzione del quantum computer si sta avvicinando. Macchine di una potenza non più calcolabile con i processori classici più potenti al mondo. Eagle è il computer quantistico da 127 qubit (l’unità di misura del quantum) più performante di Ibm, l’azienda pionieristica in questa tecnologia, tallonata da Google e Amazon. In attesa che hardware e software quantistici siano pronti per lo sviluppo di un ecosistema fatto di applicazioni rivoluzionarie nei campi della scienza, della ricerca e del business, la multinazionale ha creato Ibm muantum Network, una rete di 170 organizzazioni che usano le risorse quantistiche via cloud, a cui ha avuto accesso il primo ente italiano, il Consiglio Nazionale delle Ricerche. Ne abbiamo parlato con Andrea Curioni, direttore di Ibm Research per l’Europa.
A che punto siamo con la ricerca sul quantum computer?
«Il quantum è nelle sue fasi iniziali di sviluppo, ma negli ultimi anni c’è stata un’accelerazione nella tecnologia ed ora abbiamo una road map chiara; nel futuro prossimo, quello che faremo con questa nuova tecnologia computazionale rivoluzionerà l’esistente, motivo per cui c’è una grande attenzione nel mondo accademico ed industriale. Se qualche anno fa, mostravamo i primi computer da pochi qubit, oggi abbiamo 20 sistemi con un numero di qubit da 5 a 127, che nel cloud di Quantum Network sono usati da circa 390 mila utenti. Nel 2023, sappiamo già che avremo un quantum computer superiore ai 1000 qubit, significa che non siamo più nell’infanzia».
Nella vostra rete ha fatto il suo ingresso il primo ente italiano, il Cnr. Che valore ha per Ibm?
«Il Cnr come livello di competenze e ricerca non è inferiore a nessuno nel mondo, quindi crea un grande valore per Ibm, che rende disponibile l’utilizzo dei suoi sistemi quantistici nel cloud e permette ai ricercatori di testare e validare i loro lavori. Tutti i partner contribuiscono alla creazione di un ecosistema, fatto di software ed applicazioni reali, che riesce a migliorare tutta la tecnologia perché abbiamo un feedback diretto. Se anche il Cnr porta skills, punti di vista, collaborazioni che prima non c’erano, il valore del network cresce».
Dove troverà maggiori applicazioni il quantum?
«Il quantum computer porterà vantaggi enormi in tutti quei campi in cui simulare un problema basato sui processi di simulazione della meccanica quantistica, non sarebbe fattibile con un tipo di computazione classica, perché il calcolo sarebbe infinito o con tempi molto lunghi; per esempio simulare la natura, il mondo fisico, l’interazione di molecole, la progettazione di farmaci e nuovi materiali. Aumenterà l’accuratezza e la velocità anche degli algoritmi di machine learning, quindi dell’intelligenza artificiale, ma secondo Ibm queste macchine, comunque dialogheranno anche con il computer classico, con il quale avranno un interfacciamento di tipo funzionale. Oggi esistono già delle applicazioni, ma abbiamo bisogno di macchine ancora più potenti e ci stiamo arrivando velocemente».
I 127 qubit di Eagle rendono impossibile una simulazione affidabile, perché il numero di bit classici necessari supera il numero totale di atomi di cui sono composti gli oltre 7,5 miliardi di persone al mondo. Che cosa significa?
«La quantità di informazioni che si possono immagazzinare raddoppia ad ogni qubit aggiunto, perché la computazione quantistica aumenta in modo esponenziale; significa che la capacità di calcolo raggiunge una potenza tale, che i numeri non possono essere immagazzinati su un computer classico. Eagle può immagazzinare più informazioni di quelle che potremmo pensare».
A cosa equivale la capacità di calcolo un paese, facendo un paragone con le innovazioni scientifiche del passato?
«È la prima volta dal punto di vista computazionale che abbiamo un oggetto di cui non è possibile emulare il funzionamento con il computer classico; significa che non possiamo prevedere cosa potrebbe fare, quali applicazioni sarebbe in grado di svolgere, è veramente un punto interrogativo. Possiamo paragonarlo al Santo Graal della scienza. Si potranno accelerare tutti i processi di ricerca in modo virtuale, diminuendo il numero di esperimenti, l’impatto sarà enorme, ma è da dimostrare il valore per i paesi interessati».
L’Ue ha stanziato 25 miliardi di euro per la ricerca sul quantum. Bastano?
«Questi investimenti riguardano tutta la tecnologia quantistica, cioè il computing, la sensoristica e la comunicazione, ma i soldi per la ricerca non sono mai abbastanza, soprattutto quando è una ricerca di tipo trasformazionale. Bisogna trovare un equilibrio tra i risultati da raggiungere e i benefici».
L’Europa come si posiziona rispetto a Cina ed America?
«Nella creazione di skills, capacità ed ecosistema l’Europa è messa bene, per il resto è difficile da dire, perché ci sono grandi investimenti e per questo crediamo che la collaborazione con Cnr sia molto importante per ricerca e sviluppo tecnologico».
Sappiamo che i principali attori di questa sfida quantistica sono Ibm, Google e Amazon. Chi sta vincendo la sfida?
«Ibm ha iniziato a lavorare decine di anni fa, quando queste industrie non esistevano, siamo stati i primi a portare hardware sulla cloud 6 anni fa, i primi con una road map specifica e ad aver creato un ecosistema di software e partners. Non ci interessa la supremazia quantistica, cioè avere una macchina in grado di fare una cosa specifica che però non crea valore, mentre il quantum deve diventare valore per business e ricerca il prima possibile. La competizione è uno stimolo per arrivare primi, ma i benefici ricadono su tutti e credo che nel 2023 riusciremo a sviluppare un vantaggio vero. Le faccio un esempio. Stiamo sviluppando la Ferrari; ma chi sarà in grado di vincere, chi avrà l’auto o il pilota migliore? Credo che lo sviluppo di un ecosistema sia più importante della macchina stessa».