Robinson, 12 febbraio 2022
Ero uno sposo di guerra. O forse no
Jarndyce contro Jarndyce. La lingua inciampa, Dickens si divertiva a inventare nomi evocativi. Di un groviglio, in questo caso: l’interminabile e intricato processo al centro di Casa desolata.
A quindici anni il futuro scrittore era impiegato in uno studio legale, non gli era sfuggita la potenza romanzesca dei dibattimenti – meglio ancora se gli avversari erano legati da parentela. Passione condivisa da molti colleghi, da Gustave Flaubert a Stendhal, che sulla Gazette des Tribunaux trovò lo spunto per Il rosso e il nero.
Janet Lewis mise a buon frutto un libro avuto in dono dal marito poeta per scrivere nel 1942 La moglie di Martin Guerre. Intitolato Famous Cases of Circumstantial Evidence, raccoglieva un certo numero di processi indiziari: i più ghiotti per un romanziere. In cima alla lista, un dibattimento che dal 1560 non ha smesso di stuzzicare la fantasia. In tribunale alla lettura della sentenza era presente Michel de Montaigne, che discute il caso negli Essays. Nel 1996 Claude- Michel Schönberg e Alain Boublil, librettista e compositore del fortunatissimo Les Misérables, cercarono di fare il bis con Martin Guerre ( senza troppo successo). Alexandre Dumas raccontò la sua versione della storia nel 1840, nei Crimes Celébrès.
È un caso di impostura. Uno scambio di persona. Oggi diremmo un furto di identità. Contadino di un villaggio dei Pirenei, Martin Guerre abbandona la moglie sposata quando entrambi avevano undici anni, nel 1539. Dopo otto anni d’assenza, un uomo che dichiara di chiamarsi Martin Guerre riprende il suo posto accanto alla consorte, subito incinta. Passano altri tre anni, e arriva al paese un soldato: «Il vero Martin Guerre ha perso una gamba in guerra, non può essere costui».
Immaginate un villaggio contadino nella Francia del 1500. Senza impronte digitali, carte d’identità, fotografie, ritratti, come specchio se andava bene una pozza d’acqua. Difficilmente ci si allontanava dal posto dove si era nati, se non per andare a combattere ( Martin Guerre scappa dopo un litigio con il padre sull’eredità, e per un po’ farà il soldato in Spagna). Per stabilire l’identità di una persona dopo una lunga assenza c’erano solo le parole di chi lo aveva conosciuto. E i testimoni non sempre sono affidabili, possono sbagliare o essere in malafede (l’uno e l’altro, nei casi più acrobatici).
Janet Lewis racconta la vicenda dal punto di vista della moglie Bertrande. Negli anni ’ 40 del secolo scorso era un trucco narrativo ancora quasi nuovo, privo di intenti rivendicativi. Era semplicemente il punto di vista migliore per svelare una possibile complicità con il truffatore. «Se foste il vero Martin Guerre a quest’ora mi avreste picchiata», dice Bertrande a chi ora dorme nel suo letto. Confessa i suoi dubbi al parroco che minimizza ( «un uomo può cambiare in meglio» ).
Ritroviamo il dettaglio in una delle più recenti variazioni sul tema, il racconto di Philip Dick intitolato Human Is ( 1955). Un marito torna dallo spazio, all’improvviso gentile e affettuoso; prima del viaggio era violento e manesco. A vederlo è uguale a prima, forse un’entità non umana si è impadronita di lui. Oggi abbiamo impronte digitali, documenti, selfie, carte di identità, prove del dna. Non ancora qualcosa che aiuti a distinguere tra umani e non umani. Quattro secoli dopo, la storia di Martin Guerre viene rilanciata, con i cloni e i replicanti, da un grande scrittore visionario.
Al cinema la storia di Martin Guerre è arrivata due volte, nel 1982 con Gérard Depardieu, e nel 1993 con Richard Gere: Sommersby, ambientato dopo la guerra di secessione americana. Ricordiamo bene gli attori maschi, e meno le consorti, rispettivmente Nathalie Baye e Jodie Foster. Ai registi interessavano soprattutto due magnifici, nonché doppi, ruoli maschili.
La versione di Janet Lews ha un fascino particolare, svelto e attento ai rapporti di forza familiari come alle dinamiche del processo, molto chiacchierato anche se allora non c’erano plastici e talk show. L’eredità reclamata dai fratelli Guerre (il patriarca era nel frattempo defunto, il matrimonio degli undicenni era stato combinato dalle rispettive famiglie), getta i sospetti su Bertrande: “Come fa una donna a scambiare uno sconosciuto per il marito? Avrà avuto il suo tornaconto”.
La scrittrice è morta a 99 ani, nel 1998. Quasi coetanea di Ernest Hemingway, insieme scrivevano per la rivista letteraria della scuola. Dopo il successo a 20 anni come poetessa, La moglie di Martin Guerre le procurò una schiera di ammiratori. Nel necrologio sul New York Times, la storia dello scomparso e dell’usurpatone viene accostata a Billy Budd di Herman Melville e a un’altra manciata di grandi racconti americani.
Janet Lewis racconta Martin Guerre senza timore reverenziale verso Alexandre Dumas. anticipando la storica Natalie Zemon Davis: il suo Ritorno di Martin Guerre è tradotto da Einaudi nel 1984. Memoria, identità, gabbie e rituali sociali, vero, falso e contraffatto: il marito usurpatore, forse migliore del consorte genuino, ancora intriga.