Specchio, 13 febbraio 2022
Che fine ha fatto Patrizio Roversi
Patrizio Roversi proviene da ambienti di “movimento": il Dams di Bologna, “Freak” Antoni e gli Skiantos, quella generazione troppo giovane per fare il Sessantotto e troppo disillusa per non credere ad altro se non alla propria dannazione, come scrisse Pier Vittorio Tondelli. Roversi, mantovano d’origine ma bolognese d’adozione per esserci andato a studiare all’università, il Dams appunto, scelse la via dell’ironia e non la abbandonò mai più. Oggi il “turista per caso” contempla le macerie del presente, orfano di riferimenti politici e intellettuali, occupandosi di terra e agricoltura e trovando rifugio nei risotti che ama cucinare.
Gli inizi furono col teatro di strada e per bambini, nelle scuole, poi venne il Gran Pavese: «L’Arci gestiva questo circolo in via del Pratello a Bologna, dove abbiamo cominciato a fare uno spettacolo di varietà con i Gemelli Ruggeri,Vito, Siusy Blady – ricorda Roversi -. L’ideologismo ereditato dal Sessantotto ci stava stretto, così abbiamo usato l’ironia». Difficile immaginare la Bologna di allora, colorata di fermenti creativi di ogni genere, dalla new wave dei Gaznevada al fumetto di Pazienza e Scozzari, dall’arte moderna coltivata dalla critica Francesca Alinovi ai mille concerti e locali di tendenza. Le performance al Gran Pavese, dal canto loro, andavano talmente bene che se ne accorse anche Gianni Minoli, invitato a vederli dal vivo da amici bolognesi comuni. «È venuto due volte e ci ha cooptati a Mixer e Rai Due – aggiunge il conduttore tv -. Poi ci ha notati Antonio Ricci dell’allora Fininvest e nell’87 ci ha fatto fare Lupo solitario su Italia 1. Abbiamo tirato dentro tutta la banda dei nostri complici del Gran Pavese».
A Berlusconi però il gruppo di Lupo solitario dovette sembrare troppo fuori di testa per funzionare sulla sua tivu ultrapop, e così la cosa andò avanti per una dozzina di puntate prima di sparire dalla programmazione. È di quel periodo la maratona record di diretta televisiva che vide lo stesso Roversi farsi cento ore davanti a telecamere che lo seguivano persino in bagno o mentre si appisolava sulla scrivania da conduttore, in un riuscito antipasto dei reality ancora di là da venire, «molto prima della famosa casa...», commenta. Ora che si occupa di agricoltura ecocompatibile ed economia circolare, continua a incoraggiare quella vena leggera e sorridente da personaggio passato di lì per caso, che si trovi alle Isole Fiji come ai tempi di Turisti per caso o che percorra la pianura padana a bordo della Guzzi Astore di suo padre, che queste lande le percorreva in moto quando lavorava al Consorzio di bonifica.
Dice di far fatica a trovare qualcosa di veramente appassionante fuori dal suo lavoro, ricorda le collezioni di albi di Tex e Ken Parker – che lo hanno avvinto fino a pochi anni fa e poi si illumina, perché ai fornelli è talmente bravo da essersi esibito in uno show cooking a Parigi dove ha cucinato la sua vera specialità: il risotto. «Mi ha insegnato tutto Martino Ragusa, che ora è un grandissimo gastronomo. Mi piace molto andare a fare la spesa per poi preparare un piatto. I risotti sono i miei preferiti, vengo da Mantova dopo tutto, ma sono bravo anche nel ragù bolognese, nel fegato alla veneziana e nello spezzatino». Ha appena computo 68 anni ed è un antisportivo dichiarato, alla Churchill. «Ho qui a casa un macchinario per fare ginnastica e lo uso come appendiabiti. Lo sport fa proprio male, quando l’ho provato è stato disastroso, è durissimo, non ce la faccio». Si definisce «un essere umano che è scivolato nel proprio lavoro e ci è annegato dentro, non vado mai in vacanza, se devo salire in barca è solo per lavorare. I miei genitori mi hanno portato con loro in roulotte per mezza Europa da piccolo, ma io sognavo la Pensione Sorriso a Gatteo a Mare...». Per uno che si è girato il mondo raccontandone i luoghi più esotici e lontani non c’è male, anche se in realtà una meta inesplorata ce l’ha, e non si trova in Riviera romagnola come Gatteo: «Vorrei andare in certe isole della Polinesia francese dove non sono mai stato».