la Repubblica, 13 febbraio 2022
Uccidere padri e maestri
Aun certo punto vai via di casa. O da quella che lo è diventata. Sei o ti credi grande, più cresciuto, vuoi una risposta ai tuoi nuovi bisogni. E soprattutto non vuoi più essere figlio. Credi di poter avere di più, ma soprattutto altro. Sei convinto che per crescere servano altri strumenti, altre menti, altri aiuti. Tu dai tutto, ti impegni, ti sacrifichi. E allora perché non riesci a salire in cima? Forse qualcuno ti suggerisce: chi ti guida è troppo old style, per lui sei solo un ragazzino, la tua indipendenza non può fare rima con obbedienza. La storia dello sport è piena di rotture, di tagli del cordone ombelicale, insieme a te non ci sto più. Inutile dire se sia giusto o no. Capita e basta. Scappi dai padri, dai tutori, dai maestri. Da chi ti ha scoperto. Cerchi nuova linfa per le tue ambizioni. Soprattutto se vieni da un momento di frustrazione. Non ti senti valorizzato, ecco l’hai detto o forse l’hai solo pensato. Vuoi cimentarti, vuoi stimoli, alzare la posta, spostarti al tavolo dove si gioca molto sul serio. Non è stato Pasolini a dire che i maestri vanno mangiati in salsa piccante? Intendeva che bisogna sbarazzarsene, se la rivoluzione non è un pranzo di gala, non lo è nemmeno cercare la propria strada. Anche se provi imbarazzo, se devi tutto a chi ti ha tenuto per mano, quando gli altri nemmeno ti vedevano. Poi magari si torna indietro, però ora ci si divide. Pietro Mennea, atleta, e Carlo Vittori, allenatore, insieme sono arrivati ad un record mondiale e a un titolo olimpico. Il primo si lamentava che l’altro gli facesse bere solo acqua («e nemmeno gassata»), si sono dati del lei per tutta la vita, e a un certo punto la coppia di successo è scoppiata. Come ha detto Caroline Wozniacki, che aveva lavorato prima con Arantxa Sanchez poi con David Kotyza per ritornare ad allenarsi con il padre Piotr: «L’avevo cambiato perché voleva stare più a casa a riposarsi, ma ci siamo ritrovati, il rapporto con il coach è complesso, ci stai insieme tante ore al giorno e se non ci vai d’accordo il proprio tennis ne risente». Serena Williams che deve tutto a papà Richard non si fa da tempo più allenare da lui, ma da Patrick Mouratoglou. Rafa Nadal non è più seguito dal 2017 dallo zio Toni, che lo ha allevato tecnicamente, e che ora si occupa del canadese Auger-Aliassime. Il coach Marian Vajda, che ha cresciuto Nole Djokovic, fu licenziato nel 2017 per Andre Agassi e Radek Stepanek, ma poi richiamato un anno dopo perché i risultati non arrivavano. Maria Sharapova, russa, la Miss che sedusse il mondo con cinque Slam, quella che lanciò la moda dei gemiti ad ogni colpo, licenziò il padre Jurij (che si era sacrificato per lei) addirittura con una mail, ma bisogna dire che nel 2013 ebbe il fegato di esonerare anche Jimmy Connors, non proprio un signor nessuno, dopo una sola partita. Perché? «Si limitava a farmi saltare la corda». Sinner ha 20 anni, Piatti, 63. Uno vuole arrivare, l’altro vuole insegnare. Il primo ha fretta di raccogliere, il secondo conosce i tempi della semina. Chi si dedica al professionismo vuole essere figlio unico, pretende tutte le attenzioni, non si tratta di capricci, ma di complicità. Alex Schwazer si separò da Saluzzo e dal guru della marcia Sandro Damilano perché quest’ultimo allenando anche i cinesi non poteva più seguirlo come prima. Esiste il diritto di provare, di cambiare, di ripensarci. Come diceva Yogi Berra, giocatore e allenatore di baseball, famoso anche per trovare le parole: «Quando arrivi ad un bivio, prendilo».