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 2022  febbraio 13 Domenica calendario

I molti vincoli al piano regolatore dei giacimenti di gas e petrolio

BARI – Questa è la storia di una mappa del tesoro. Il tesoro in questione è rappresentato da giacimenti di petrolio e gas, sotto terra o sommersi nei mari che circondano le coste italiane. La mappa invece si chiama Pitesai, che sta per Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee. Ed è quella in cui sono descritti tutti i luoghi in cui ricercare idrocarburi. Dopo anni di polemiche, passi indietro, cambi di governo e opinione ora è stata pubblicata dal ministero della Transizione ecologica. È un documento di oltre 200 pagine che individua le aree in cui sarà possibile riavviare le prospezioni, ricerca e coltivazione di idrocarburi, sospendendo di fatto la moratoria del 2019. Ma come tutti sanno ogni mappa del tesoro ha due funzioni principali. Può servire a trovare il tesoro, ma anche a ricordarsi dove lo si è nascosto per non utilizzarlo. E proprio questo è il problema del Pitesai. Il piano è nato infatti sotto il governo Conte 1, in un contesto completamente diverso. Se allora infatti l’obiettivo poteva sembrare quello di inserire solo vincoli alla ricerca di idrocarburi, adesso il compito del piano appare diverso: mettere in chiaro le regole per trovare questo tesoro ed estrarlo, ma solo lì dove sarà possibile farlo. Non sarà affatto un liberi tutti a nuove trivelle. Il piano rilasciato dal ministro Roberto Cingolani ha di fatto tenuto fuori le aree totalmente improduttive, riducendo i territori interessati dalle trivellazioni o dalla ricerca. Ma soprattutto, il piano tiene conto dell’impostazione emersa dalla Conferenza Stato-Regioni e dà il via libera a ricercare solo giacimenti di gas e non di petrolio, su terraferma e in mare. Anche per questo c’è chi parla di un piano nato già vecchio, con troppi vincoli. Non fosse altro perché nel frattempo è scoppiata una gravissima crisi energetica mondiale. Da qui l’idea del governo di raddoppiare l’estrazione dai giacimenti nazionali passando da tre a sei miliardi di metri cubi all’anno. Fonti del ministero però fanno capire che non ci sarà al momento nessuna necessità di rivedere il piano e che l’ipotesi più realistica per raddoppiare l’estrazione di metano è quella di aumentare la produzione dei giacimenti già attivi. Chiara Braga, parlamentare del Pd, promuove il Pitesai, definendolo come un «piano regolatore in grado di indicare le aree in cui è consentito proseguire le attività di ricerca e prospezione o prevederne di nuove. Una pianificazione che il nostro Paese aveva il dovere di fare». Di certo il piano tiene conto «non solo della sostenibilità ambientale – come fa notare lo stesso ministero – ma anche sociale ed economica». Non a caso Confindustria Romagna ha esultato: «Dopo anni di incertezze c’è quantomeno un quadro chiaro in cui potersi muovere. Ora si può ragionare nel medio e lungo termine su nuove autorizzazioni». Tuttavia non mancano le critiche. Giovani Vianello – parlamentare del gruppo Alternativa, ex 5 Stelle – è preoccupato: «Quando l’ex ministro Costa parlava del Pitesai ne parlava in chiave di tutela dell’ambiente. Ora il ministro Cingolani ne mette in luce l’aspetto produttivo. L’approccio è molto diverso». Per non parlare delle posizioni politiche nette prese da alcune Regioni già da tempo. È il caso della Puglia che sul fronte delle trivellazioni ha ingaggiato da anni una contesa giuridica con lo Stato culminata davanti alla Corte di giustizia europea. Proprio la Corte Ue di recente ha dato il via libera a più permessi di ricerca a uno stesso operatore, ma tenendo conto dell’impatto cumulativo. Una battaglia legale destinata a proseguire ora che sul tema è spuntata anche la mappa del tesoro.