la Repubblica, 12 febbraio 2022
Sinner divorzia dall’allenatore Piatti
Un parricidio nella famiglia felice. È come un fulmine a ciel sereno immaginare Jannik Sinner che prende le valigie e fa “ciao ciao” a Riccardo Piatti. Clamoroso. Eppure questo è lo scenario che scuote il tennis italiano e incuriosisce quello mondiale. La coppia che scoppia, quella che in apparenza sembrava la più solida di tutte. Quasi da romanzo di formazione: il vecchio e il giovane, quest’ultimo che lascia la famiglia in montagna per il mare di Bordighera prima e quello di Montecarlo dopo.
Sembra un secolo fa. Il ribaltamento ha spiazzato tutti: “ Ma che ci volete fare/Non vi sembrerò normale/ Ma è l’istinto che mi fa volare/ Non c’è gioco ne finzione/Perché l’unica illusione/È quella della realtà, della ragione”. Questo muove Sinner, e le parole di Edoardo Bennato sembrano descrivere perfettamente lo stato dell’arte di un ragazzo che ha cominciato a crescere e, dopo l’iniziale fiducia cieca, ha cominciato ad annusare, a guardarsi attorno. A porsi domande e avere dubbi e idee proprie.
Altro che McEnroe. Ma quale coach invisibile. I dolori del giovane Sinner hanno cominciato a incunearsi nel rapporto con il mentore che è diventato soltanto coach: prima qualche dissapore, poi qualche screzio. Infine qualche litigio, sempre con rispetto delle parti, che però si sono allontanate. Quanti sono i rapporti nella storia del tennis che si sono logorati semplicemente per una sola e semplice parola? «Crescita». Che comporta evoluzione, cambiamenti. Tennistici, ma non esclusivamente. Anche di vita. «Ho imparato tanto, anche come persona, in questo ultimo anno» ha detto a Melbourne Jannik, tipo che centellina le parole, le pesa, non mente mai e dice sempre la verità su quel che pensa.
«McEnroe? Quando ci sarà ve lo dirò...» disse, mentre stava rimuginando una rivoluzione personale. Sarà stata l’esperienza in Coppa Davis, poi nell’Atp Cup, ma deve aver capito che anche Riccardo Piatti, per quanto saggio ed esperto, non è perfetto. Forse la sconfitta con Tsitsipas ha sciolto gli ultimi lacci.
Per cui, a meno di ancor più sorprendenti passi indietro o laterali, il progetto prevede per la definitiva consacrazione di Sinner un coach straniero tipo, per capirci, Magnus Norman, con un altro giovane italiano che potrebbe essere, tanto per fare un nome, Simone Vagnozzi (era il coach di Marco Cecchinato nella gloriosa semifinale del Roland Garros 2018).