il venerdì, 11 febbraio 2022
Parla Franco Arminio
Arminio il mondo salvato dall’Eros
dal nostro inviato Michele Gravino
BISACCIA (Avellino). È da poco suonata l’una, siamo seduti al tavolino di un bar sotto un bel sole invernale a parlare di poesia, eros, senso del sacro, e Franco Arminio ha appena sentenziato «senza tensione amorosa l’essere umano è una merda» quando sulla piazza del Duomo di Bisaccia si ferma il furgoncino di un corriere. «Signor Franco, un pacco per lei!». «Ah bene, vediamo cosa c’è dentro e chi me lo manda» sorride il poeta, e dalla scatola di cartone estrae un salame strolghino, un parallelepipedo di lardo alle erbe sottovuoto, una bottiglietta di aceto balsamico, una confezione di tartufi di cioccolato. Mittente: una signora della provincia di Vicenza.
«È da un po’ che con i miei lettori ho inaugurato questa forma di baratto» spiega Arminio: «loro mi mandano un regalo, spesso una specialità delle loro terre, e io ricambio con un libro, o con un messaggio WhatsApp personalizzato. Ci ritrovo l’usanza dei contadini del mio paese che facevano l’abbonamento dal barbiere pagandolo con una fornitura di grano. O la gioia di quando arrivavano i pacchi dono dai parenti americani».
Pacchi del genere, Arminio ne riceve tutti i giorni, e non solo. «C’è un lettore che mi carica periodicamente 50 euro su Paypal, io gli dico che non ne ho bisogno ma lui : lo faccio per me, voglio esprimerti la mia gratitudine. Un altro leggeva tutti i giorni le mie poesie alla moglie malata. Ora lei è morta, lui ha una nuova compagna, anche lei reduce da un grave lutto, e sono venuti a trovarmi. Mi hanno portato un prosciutto, lo abbiamo mangiato insieme».
l’ora delle cose vere
Non è l’unico scambio “in natura” che intercorre tra Arminio e una comunità di lettori sempre più folta e affezionata. Gira continuamente l’Italia per reading, festival, spettacoli teatrali, «più di 150 incontri l’anno, dalla festa di piazza del paesino abruzzese di 600 abitanti al seminario alla Fondazione Prada di Milano». Spesso rende pubblico il suo numero di telefono e parla a lungo con chiunque lo chiami. Ogni giorno, anche più volte al giorno, posta sui suoi account social una foto, un breve racconto, una poesia («Mi sveglio presto e scrivo. E ricevo risposte meravigliose, alle quattro del mattino la gente è seria, è l’ora delle cose vere, è alle dieci che la rete si rovina»).
E i follower (95 mila su Facebook, 75 mila su Instagram) lo ripagano: da quando è uscito il suo nuovo libro, Studi sull’amore, a decine gli hanno mandato brevi video in cui recitano i suoi versi. Si va dal pastore che li legge mentre dà da mangiare a una capra alla musicista che li canta accompagnandosi con l’arpa. Conquistato da Einaudi dopo una serrata asta tra editori, e pubblicato nella collana Stile Libero, quella dei bestseller, il libro è balzato ancor prima di uscire in testa alle classifiche dei servizi di vendita online.
Sessantadue anni, una trentina di altri libri all’attivo (versi, prose, reportage, pamphlet), un mestiere di insegnante che ha lasciato quattro anni fa, Arminio è probabilmente il più famoso poeta italiano vivente, di sicuro il più venduto. «Sono l’unico a poter campare di poesia» rivendica. Ad Aliano, il paese dove fu confinato Carlo Levi, ha fondato un festival che attira ogni estate 20 mila persone tra i calanchi delle montagne lucane. Inventando la “paesologia”, la «“scienza difettosa” che consiste nell’andare nei posti piccoli, uno dopo l’altro, e guardare, ascoltare, scrivere» (autodefinizione ripresa dal dizionario dei neologismi Treccani) ha dato un nome e un volto a un movimento trasversale per il recupero e il ripopolamento dell’”Italia profonda”, unendo personaggi diversissimi come l’ex ministro Barca – che l’ha chiamato a collaborare alla Strategia nazionale per le aree interne – e Giovanni Lindo Ferretti, con cui ha scritto un libro. Una sua poesia – “Abbiamo bisogno di contadini /di poeti, gente che sa fare il pane /che ama gli alberi e riconosce il vento...” – è diventata una sorta di manifesto politico-esistenziale: «l’ho trovata riprodotta dappertutto, ristoranti, panetterie, ospedali. L’arcivescovo di Milano l’ha citata in un’omelia».
Tutto questo senza mai lasciare Bisaccia, paesone di alta collina sul margine orientale dell’Irpinia, e la casa dov’è nato, che poi era l’osteria di suo padre («non ho mai avuto una stanza, quando facevamo i matrimoni spostavamo il mio letto e sgombravamo i tavoli dove tenevo i libri... io ho vissuto da nomade in casa mia»). Oggi Arminio è tra i pochi rimasti a vivere nel centro storico, risparmiato dal terremoto dell’80 ma assediato da una frana, mentre gran parte degli abitanti si è trasferita a valle, nell’espansione moderna che tutti chiamano “‘u piano regolatore”. Ma lo spopolamento non si è mai fermato. «Eravamo in ottomila, ora abbiamo dieci volte più case ma siamo rimasti in 3600».
Affacciandosi dalla piazza che domina la valle, accanto al grande tiglio che Arminio va a salutare ogni volta che parte (“prendi un angolo del tuo paese e fallo sacro” ha scritto) quello che colpisce è l’affollamento di pale eoliche su tutti i crinali della zona. Al visitatore, pur ottimamente disposto verso le energie rinnovabili, viene da pensare che però la Val d’Orcia non subirebbe mai un trattamento del genere. «In questi pochi paesi spopolati tra Campania e Puglia hanno piantato un terzo degli impianti eolici italiani» spiega il poeta. «Non sono contrario, ma poteva essere l’occasione di portare qui un’industria ad alta tecnologia, di creare una piccola Silicon Valley, magari in sinergia con le aziende agricole. Invece le grandi società si sono limitate ad affittare a poche lire i terreni dei contadini per piantarci su le pale, con la complicità degli amministratori locali». Nel 2019 Arminio si è candidato a sindaco di Bisaccia, ma ha perso per un paio di centinaia di voti contro il primo cittadino uscente, Marcello Arminio (non è suo parente). «Dicevano che io sognavo in grande mentre questo è un paese piccolo, con esigenze modeste! Hanno sparso la voce che non avrei più fatto uscire la statua di sant’Antonio per la processione!».
Ennesimo profeta maltrattato dalla patria, Arminio insiste comunque nel fare del suo paese un centro di cultura, con un’associazione che gestisce la “Casa della Paesologia”: uno spazio per incontri, mostre, anche brevi soggiorni. «Un piccolo Beaubourg della ruralità» la definisce.
esperienze religiose
L’Arminio lirico di Studi dall’amore, cantore dell’eros, del corpo, della sensualità, si sente in perfetta continuità con l’Arminio poeta civile. «I paesi non si salvano con i “progettifici” ma con l’eros! La sensualità è una categoria politica!» si infervora. «I corpi degli italiani stanno perdendo sensualità, il nostro è un Paese sempre più bigotto, incastrato in schemi vecchissimi come il matrimonio, l’adulterio, la doppia morale piccoloborghese. La pandemia poi ha dato il colpo finale, chi avrebbe pensato che avvicinare la bocca all’orecchio di una donna sarebbe diventato un gesto pericolosissimo? Ci priviamo di un’esperienza religiosa, che sia un incontro di corpi, una carezza, un bisbiglio o una semplice attesa».
“Il sesso ti leva la faccia/ che ti ha dato il mondo / e ti rimette la faccia che ti ha dato Dio” dice una delle sue poesie. «L’uomo e la donna sono mediatori del sacro, e in questo senso le mie sono anche poesie religiose. C’è un gran bisogno di spiritualità: c’è chi la trova nello yoga, chi in chiesa, qualcuno la trova anche in Arminio. Chi ha detto che la poesia debba portare solo dubbio, conflitto? Può anche essere consolazione. Certo io non taccio e non invento nulla, sono un poeta non-fiction, racconto sentimenti veri, le mie epifanie, i miei innamoramenti di due minuti. Come anche l’insicurezza, la paura di morire che non mi lascia mai. In fondo sono un paralitico che si è iscritto alla gara di salto in alto».
Tra le pagine del nuovo libro ce ne sono alcune – versi o brevi prose – dedicate alle storie d’amore dei grandi scrittori: Pavese, Marina Cvetaeva, Rocco Scotellaro e Amelia Rosselli, l’ultima notte di Corrado Alvaro tra le braccia di Cristina Campo... «È il mio omaggio alla grande letteratura» spiega Arminio. «E una risposta a chi dice che dalla letteratura sono uscito. Ma io scrivo da più di 40 anni, ho pubblicato su tutte le riviste, sono stato finalista del premio Viareggio nell’85, ho avuto come interlocutori Zanzotto e Bufalino, ho portato Gianni Celati a Bisaccia a recitare Leopardi... In un articolo del 2013 c’era scritto che piacevo a tutti i critici. Oggi non è più così: perché porto la mia parola in giro, perché faccio spettacoli con Brunori Sas e Rocco Papaleo, perché pubblico in rete. Perché sono voluto uscire dalla nicchia dei poeti che si leggono e si criticano tra loro e vendono trenta copie. Ma magari grazie al successo di Arminio qualcuno scopre la poesia e loro di copie ne vendono trentuno».
«Io mi sento un poeta popolare, ma non un populista della poesia» conclude. «Il poetico abita in tutti, in chi scrive e in chi legge. Non si può stare senza poesia».
@font-face {font-family:"Cambria Math”; panose-1:2 4 5 3 5 4 6 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:roman; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-536870145 1107305727 0 0 415 0;}@font-face {font-family:Calibri; panose-1:2 15 5 2 2 2 4 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:swiss; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-469750017 -1073732485 9 0 511 0;}p.MsoNormal, li.MsoNormal, div.MsoNormal {mso-style-unhide:no; mso-style-qformat:yes; mso-style-parent:"”; margin-top:0cm; margin-right:0cm; margin-bottom:8.0pt; margin-left:0cm; line-height:107%; mso-pagination:widow-orphan; font-size:11.0pt; font-family:"Calibri”,sans-serif; mso-ascii-font-family:Calibri; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-hansi-font-family:Calibri; mso-hansi-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman”; mso-bidi-theme-font:minor-bidi; mso-fareast-language:EN-US;}.MsoChpDefault {mso-style-type:export-only; mso-default-props:yes; font-size:11.0pt; mso-ansi-font-size:11.0pt; mso-bidi-font-size:11.0pt; font-family:"Calibri”,sans-serif; mso-ascii-font-family:Calibri; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-hansi-font-family:Calibri; mso-hansi-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman”; mso-bidi-theme-font:minor-bidi; mso-fareast-language:EN-US;}.MsoPapDefault {mso-style-type:export-only; margin-bottom:8.0pt; line-height:107%;}div.WordSection1 {page:WordSection1;}